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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

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Il mondo in tasca

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Gli ultimi messaggi 7

2023-05-12 19:07:59
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2023-05-12 19:07:51 UE-CINA: SCONTRO O DISTENSIONE? 

Prepararsi al peggio 
Non è la prima volta e non sarà certo l’ultima: in una riunione informale a Stoccolma tra Ministri degli esteri dell’Unione Europea, che avrebbe dovuto essere dominata dall’Ucraina, si è discusso anche di Cina. Il documento preparatorio inviato ai 27 dall’Alto commissario per gli affari esteri, Josep Borrell, parla estesamente di “de-risking”
Un altro termine per segnalare che l’Europa deve prepararsi al peggio (leggasi: all’invasione di Taiwan), riducendo le eccessive dipendenze da Paesi non affidabili sul piano politico. Nel caso della Cina c’è solo l’imbarazzo della scelta: dalle materie prime critiche ai pannelli solari, dalle pale eoliche alle auto elettriche, tutto è “dipendenza” da Pechino
Ma dalla Commissione avvertono: “de-risking” non significa “decoupling”. Prego? 

Vai avanti tu... 
In effetti, la Cina detiene una posizione dominante in diversi settori cruciali per gli europei. Produce il 95% dei wafer solari e il 90% delle celle fotovoltaiche, mentre la quota Ue si assesta rispettivamente su meno dell’1% e 2%. Secondo la Commissione europea, inoltre, negli ultimi cinque anni Pechino ha effettuato il 90% degli investimenti mondiali in “impianti manufatturieri net-zero", cioè in settori ritenuti cruciali per combattere il cambiamento climatico. 
Non solo: in media Pechino estrae il 45% delle materie prime critiche che si ricavano nel mondo, con punte che superano l’80% per gallio, magnesio, tungsteno e bismuto. Tutti minerali fondamentali per le tecnologie delle “transizioni gemelle”, verde e digitale. 

Poche idee ma confuse 
È dal 2019 che l’Ue ha definito la Cina, oltre che partner, “concorrente economico e rivale sistemico”. Prendendo atto dell’ambiguità della situazione esistente, ma senza far luce sulla strategia da adottare. 
Di certo, neanche la girandola di visite a Pechino degli ultimi mesi ha portato chiarezza. Anzi, i leader europei giunti nel paese hanno veicolato messaggi ambigui, quando non contrastanti. Da Scholz che invoca cautela ma poi si porta dietro una vasta delegazione economica, a Macron che, per porre l’enfasi sulla “autonomia strategica” europea (“siamo alleati, non vassalli degli Usa”), quasi lascia da sola Taiwan. 
Proprio domani, sempre a Stoccolma, si terrà il forum interministeriale Ue-Indopacifico: inevitabile che in quell’occasione si parli di come “rispondere” alla Cina. Ma, in questo clima di scontro a giorni alterni, forse prima di guardare all’esterno i leader europei dovrebbero chiedersi quale sia, e se esista, una strategia comune. 

  Domenica in Turchia, il presidente Erdogan si gioca la rielezione. Cosa succederebbe se davvero perdesse? Ne abbiamo parlato nell’ultimo episodio di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-cosa-succederebbe-se-erdogan-perdesse-le-elezioni-128618
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2023-05-11 19:45:00
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2023-05-11 19:44:50 BRI: PER L’ITALIA, UNA MATASSA CINESE DA SBROGLIARE 

Rinnovare o non rinnovare 
Roma è alle prese con un dilemma: nei prossimi mesi il governo di Giorgia Meloni dovrà decidere se rinnovare o meno il memorandum sulla Belt and Road Initiative (BRI), ovvero il progetto infrastrutturale, commerciale e politico lanciato dalla Cina un decennio fa. Un tema che sta già segnando il dibattito interno, destinato ad accendersi sempre di più. 
Secondo quanto riportato dai media, infatti, in questi giorni il governo italiano non avrebbe intenzione di continuare l’accordo con la Cina, in scadenza a inizio 2024. Senza un avviso tra le parti però, il memorandum si rinnoverà automaticamente. Meloni è quindi chiamata a esporsi in una scelta non facile, che rischia di provocare ritorsioni da parte cinese
 
La strana coppia 
Il memorandum, della durata di 5 anni, era stato firmato nel marzo 2019 dal governo gialloverde di Giuseppe Conte, facendo dell’Italia l’unico paese del G7 ad aver accettato un documento politico sulla BRI con Pechino.  
Perché di questo si tratta. Dati alla mano, il memorandum ha portato vantaggi commerciali limitati per le imprese italiane rispetto alla concorrenza europea. Parigi e Berlino, per esempio, non hanno firmato nulla di simile. Ma, benché l’espansione del loro export sia inferiore a quella italiana, i dati non sembrano suggerire l’esistenza di una doppia velocità. 
Ciò che rimane perciò è l’adesione politica (e simbolica) alla BRI, un progetto al centro dello sforzo cinese di ridisegnare l’ordine internazionale. E a Roma ormai da un po’ di tempo ci si chiede se ne valga effettivamente la pena. 

Un dilemma dall’Atlantico al Pacifico 
La decisione di non rinnovare l’accordo non è ancora stata presa, e probabilmente non lo sarà prima del summit G7 della prossima settimana. Ma la questione sta già attirando l’attenzione dei partner internazionali. In un clima di sempre maggior tensione tra Cina e Stati Uniti, l’Italia si trova stretta tra due fuochi. Da un lato Washington, che non vede di buon occhio che un membro della NATO abbia aderito a un progetto come quello della BRI. Dall’altro Pechino, che preme perché questo memorandum resti in vigore. 
Quanto a Meloni, in campagna elettorale si era espressa contraria al rinnovo. Una volta al governo, però, la premier ha mostrato un atteggiamento meno duro verso Pechino, che rimane pur sempre un partner commerciale importante.  
Riuscirà Roma a mantenere la solidarietà atlantica senza danneggiare i rapporti economici con la Cina? 

  Corsa contro il tempo per negoziare un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Ma continuano gli scontri con Israele. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-striscia-di-gaza-senza-tregua-128410
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2023-05-10 19:48:10
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2023-05-10 19:47:59 DEBITO USA: TROPPI SOTTO UN TETTO 
 
Tik, tok, tik, tok... 
Che lo stallo ci sarebbe stato, nessuno lo dubitava. Anche se alla fine è stato più ‘morbido’ di quanto molti temessero. Nella giornata di ieri, il presidente statunitense Joe Biden ha incontrato i membri del Congresso per discutere il nuovo debt ceiling, il tetto sul debito contratto dal governo federale imposto per legge. Attualmente il limite massimo prefissato è di $31,4 miliardi di dollari, una cifra record, ma che il governo di Washington è ormai sicuro di oltrepassare. E il tempo stringe: rimangono solo tre settimane prima che la Casa Bianca debba dichiarare default il primo giugno
Insomma, serve un accordo sull’innalzamento del tetto del debito. Ieri, Biden e lo speaker repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, hanno parlato per circa un’ora nello Studio ovale. Al momento, fumata nera. Ma i team delle due parti continuano a lavorare alla ricerca di un compromesso in vista di un nuovo incontro venerdì. 
 
Braccio di ferro  
Tra le due parti è in corso un gioco di nervi. I repubblicani usano il rischio del default parziale come leva negoziale per le proprie richieste: hanno una lieve maggioranza alla Camera, e vogliono  un taglio della spesa pubblica. Biden promette di prenderlo in considerazione, ma McCarthy non si è detto soddisfatto. “Non ho visto nessun nuovo cambio di  posizione” ha detto ai giornalisti dopo l’incontro. 
Insomma, i repubblicani puntano a mettere il presidente alle strette.  Nel momento in cui il tetto venisse superato, il Dipartimento del tesoro sarebbe impossibilitato a prendere in prestito nuovi fondi per finanziare tutti i servizi pubblici. Ma, nel clima di estrema polarizzazione che oggi attraversa la politica statunitense, ogni arma è lecita.  
 
Non è la fine del mondo, o forse sì? 
Lo sforamento del livello massimo di debito non è un’eventualità così improbabile. Così come non lo è la modifica del debt ceiling. Dal 1960 ad oggi il tetto è stato innalzato, spostato o rivisto ben 78 volte. Tutti infatti si aspettano, nonostante il braccio di ferro tra i due schieramenti, che un accordo possa essere raggiunto e che anche questa volta gli Stati Uniti non finiscano in default. 
Per Biden sarebbe un problema non indifferente, perché nel 2011 le tensioni tra i partiti su questo tema portarono a uno storico abbassamento del rating sul debito Usa e a un’impennata degli interessi. Uno scenario che i democratici vorrebbero scongiurare.  
La chiusura parziale dei servizi sarebbe un enorme danno auto-inflitto. In assenza di fondi, il governo non potrebbe più spendere per gli stipendi dei funzionari, il ripagamento del debito, i sussidi statali, le pensioni. Con conseguenze sociali ed economiche gravissime. E altrettante conseguenze politiche: sarà il debito a decidere le elezioni del 2024 che ormai si intravvedono all’orizzonte? 
 
Vorresti partecipare a un dibattito con personalità come la premio Nobel Shirin Ebadi 
o la presidente della Moldavia Maia Sandu? Sono aperte le registrazioni per il Future Leaders‘  Global Policy Forum, l’iniziativa sulle grandi sfide globali organizzata da ISPI, OSCE, Bocconi e Think7 Japan. che si svolgerà a Milano il 22 e 23 maggio: https://www.ispionline.it/en/global-policy-forum-2023  
 
In Pakistan, l’arresto dell’ex premier Imran Khan scatena la rabbia: disordini e proteste in tutto il paese ma a consumarsi è una frattura senza precedenti con i militari. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/pakistan-nel-caos-dopo-larresto-di-imran-khan-128293
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2023-05-09 19:39:04
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2023-05-09 19:38:53 PROGETTI TRA AMICI 
 
Un americano a Riyadh 
Cosa ci fa Jake Sullivan in trasferta in Medio Oriente? Domenica scorsa il Consigliere per la sicurezza nazionale statunitense ha incontrato in Arabia Saudita i suoi colleghi di India ed Emirati Arabi Uniti, insieme al principe ereditario Bin Salman. Niente di ufficiale, ma pare che le discussioni si siano concentrate su un mega-piano di infrastrutture ferroviarie per collegare Medio Oriente, Golfo e India. 
L’iniziativa è nata nel contesto del forum “I2U2” (India, Israele, USA e UAE), anche se in questa occasione Riyadh ha sostituito Tel Aviv al tavolo dei negoziati. A quali esigenze risponde un progetto così ambizioso? Non ci sono risposte semplici a domande complesse. Ma buona parte della questione ruota intorno all’India. 
 
Il treno dei desideri 
La recente notizia del sorpasso dell’India sulla Cina come paese più popoloso al mondo non deve ingannare. Esplosione demografica e crescita economica non vanno certo di pari passo. E, politiche interne a parte, il paragone con Pechino rimane impietoso sul piano degli investimenti all’estero. Competere con l’enormità della Belt and Road Initiative è difficile per Nuova Delhi, il cui PIL odierno non supera quello cinese del 2007, quando la “Nuova Via della Seta” era un lontano miraggio. 
Il progetto di una ferrovia che colleghi India, Golfo e Medio Oriente, appoggiandosi ai collegamenti portuali della zona, sarebbe solo un primo passo. Attenzione, tuttavia, a non sottovalutare il peso geopolitico di questo piano, figlio della volontà congiunta di Stati Uniti e India di arginare l’influenza cinese in Asia. Precisamente in quest’ottica si inserisce il neonato gruppo “I2U2”. 
 
Amicizie di convenienza 
Tanto per cambiare, però, il quadro nella regione non è così semplice. Tra i paesi coinvolti, c’è infatti anche un convitato di pietra nella riunione di domenica, Israele. L’idea di partecipare all’iniziativa pare non dispiacere a Tel Aviv, che potrebbe trarne benefici sia economici sia politici. Che il progetto ferroviario si riveli il pretesto per una normalizzazione dei rapporti con Riyadh, sotto l’egida degli amici comuni di Washington e Abu Dhabi? 
A complicare ulteriormente le cose si aggiunge l’Iran. Il recente rapprochement con l’Arabia Saudita, mediato dalla Cina, è per certi versi un duro colpo agli USA. Ma, paradossalmente, il riavvicinamento potrebbe spianare la strada ai progetti infrastrutturali nella regione. Difficile però che possa scalfire la storica inimicizia tra Teheran e Tel Aviv. 
Certo, per ora siamo nel campo delle speculazioni e il progetto deve ancora concretizzarsi. Il rischio, com’è spesso avvenuto in passato, è che questi ambiziosi intenti si schiantino contro la dura realtà. 
 
 Come ogni 9 maggio, Mosca celebra la Giornata della Vittoria contro il nazismo. Ma per Vladimir Putin quest’anno sembra ci sia poco da festeggiare. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/russia-9-maggio-in-tono-minore-128123
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2023-05-08 19:32:47
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2023-05-08 19:32:41 PETROLIO E SANZIONI: QUESTIONE DI EQUILIBRIO 

Tappare i buchi ... creando altri buchi 
“È sicuramente distruttivo per la loro industria”: questo il lapidario commento rilasciato al Financial Times da un funzionario G7 in merito alla recente decisione del presidente Putin di cambiare il regime di tassazione alle compagnie petrolifere russe. Se prima il Cremlino formulava le imposte sulla base del prezzo di Urals, il suo greggio di esportazione, ora è il riferimento internazionale del Brent a stabilirne il prezzo, meno uno sconto fisso.  
Questa mossa potrebbe portare nelle casse di Mosca fino a 8 miliardi di dollari in più, fondamentali per tappare i buchi nel bilancio causati da guerra e sanzioni. Ma potrebbe anche compromettere il futuro dell’industria dell’energia russa, a cui verranno sottratti utili che magari sarebbero stati reinvestiti nella modernizzazione del settore. 

Do svidanya?  
È probabile che a spingere Mosca all’abbandono delle quotazioni Urals siano state proprio le entrate fiscali dal settore energetico in queste prime fasi del 2023. Durante il primo trimestre, l’incasso dalle tasse su petrolio e gas sarebbe infatti diminuito del 45% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 
Anche in termini di esportazioni, il 2023 si profila tetro: se nel corso del 2022 la Russia era riuscita ad accumulare oltre 300 miliardi di dollari dalla vendita di combustibili fossili, le proiezioni attuali non arrivano oltre i 200 miliardi. Un calo che contribuisce a rendere più incerta la tenuta economico-finanziaria di Mosca. Fine dei giochi, quindi?  

Stare in equilibrio 
È ancora difficile a dirsi. L’Occidente sta cercando di rafforzare le proprie sanzioni, che già stanno mettendo in difficoltà la macchina da guerra russa. L’Ue sta lavorando a un undicesimo pacchetto, che permetterebbe all’Europa di imporre sanzioni secondarie su chiunque aiuti la Russia ad aggirare i blocchi attuali. Si tratterebbe della prima volta in assoluto per la normativa europea, e infatti gli Stati membri mirano a raggiungere un accordo unanime prima del summit del G7 di fine mese a Hiroshima. 
Ma attenzione: serve tenere a galla il mercato globale. Perché, se da un giorno all’altro sparissero i barili di greggio russo, si rischierebbe di entrare in un periodo di recessione. E qui c’è la sfida principale. Perché per ridurre i ricavi con cui Putin sostiene la guerra in Ucraina, non si può rischiare di deprimere il mercato energetico. Riuscirà l’Occidente a mantenere questo equilibrio? 
 
Domani alle 18.00 all’ISPI parleremo delle elezioni presidenziali e parlamentari in Turchia, che saranno cruciali per Erdoğan, il cui consenso si è eroso. Iscriviti e partecipa alla tavola rotonda: https://www.ispionline.it/it/evento/turchia-al-voto-una-svolta-nellera-erdogan 

La Siria è stata reintegrata nella Lega araba 12 anni dopo la sua espulsione a causa della violenta repressione delle proteste contro il governo. E per Bashar al Assad è più che una vittoria simbolica. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: 
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/siria-ritorno-nella-lega-araba-128030
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