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Il mondo in tasca

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Gli ultimi messaggi 64

2021-09-02 18:57:23 PROFUGHI AFGHANI, CHE FARE?

Cena delicata
Quando stasera Draghi incontrerà Macron, l’Afghanistan sarà ancora una delle più grandi questioni sul tavolo. Dopo le evacuazioni di emergenza, che hanno portato in Europa più di 20.000 persone (di cui quasi 5.000 in Italia e 2.800 in Francia), c’è da capire come aiutare chi rimane nel paese e chi raggiunge i paesi confinanti.
Roma sembra favorevole alla proposta di Parigi e Londra di istituire una “safe zone” intorno all’aeroporto di Kabul per consentire evacuazioni sicure. Ma all’Onu Cina e Russia l’hanno già respinta. E i dubbi non si fermano lì.

Bloccati all’inferno
Malgrado la vittoria talebana, la stragrande maggioranza dei 38 milioni di afghani è rimasta “a casa propria”. Oltre a chi guarda con favore all’ascesa dei talebani, ci sono milioni di persone che non hanno mezzi per abbandonare il loro paese o che scelgono comunque di restare, malgrado la crisi umanitaria, alimentare e finanziaria che si sta abbattendo sul paese.
Certo, a ostacolare i movimenti in uscita ci sono anche le azioni degli altri, in particolare dei paesi confinanti. Pakistan e Iran, che già oggi ospitano rispettivamente 1,5 milioni e 800 mila rifugiati afghani, sanno che dovranno farsi carico della maggior parte dei flussi. Per questo da settimane l’esercito iraniano presidia il confine respingendo chi arriva, e il Pakistan tiene sotto stretto controllo i maggiori valichi di frontiera.

L’Europa trema?
Forse, ma non per i motivi che si possono immaginare. L’Agenzia Onu per i rifugiati non si attende grandi movimenti in uscita dall’Afghanistan quest’anno. E d’altronde così era accaduto dopo il 1996, quando la presa talebana di Kabul aveva fatto aumentare solo di poco le richieste d’asilo in Europa.
Ma qualcosa si muove più vicino ai confini dell’Ue. La Turchia di Erdogan, che ha fatto costruire un muro di quasi 100 km al confine con l’Iran per scoraggiare nuovi arrivi, già prima della presa del potere da parte talebana ospitava 180.000 afghani registrati, che salgono a 400.000 includendo gli irregolari.
Se molti di loro si mettessero in viaggio, presto gli occhi dei governi europei tornerebbero a concentrarsi sulla Turchia. Con il rischio di dimenticarsi che il grosso dell’emergenza è, e resterà, altrove.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Il Texas ‘vieta’ l’aborto. L’ira di Biden. Su ispionline.it
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2021-09-01 19:39:02
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2021-08-27 20:40:49 SUMMIT USA-ISRAELE: I PRESIDENTI CAMBIANO, LE PRIORITA’ NO

“Ossessione” Iran
Si è appena concluso, alla Casa Bianca, il primo incontro tra il premier israeliano Bennett e Joe Biden dopo 12 anni di governo Netanyahu. Bennett ha richiesto fondi e sostegno alla strategia israeliana per porre fine alle aspirazioni nucleari dell’Iran. Un vero e proprio piano B rispetto alla via diplomatica internazionale per ristabilire l'accordo nucleare del 2015 (da tre mesi in stand-by dopo l’insediamento in Iran del conservatore Raisi) considerata da Israele come potenzialmente superata visto che Teheran si dice essere non distante dall’ottenere l’atomica. Washington non chiude la porta ma ribadisce la propria diversità di vedute su questo e altri punti dell’agenda dell’incontro.

Alleati sì, ma..
Per Biden, l’opzione diplomatica resta prioritaria e centrale per la riuscita del suo programma di politica estera. E dopo la débacle afghana, non può mancare questo appuntamento per convincere gli alleati che “America is back”. Divisioni si registrano anche sulla Cina, rivale numero uno per gli USA ma importante partner economico per Israele (oltre 20 miliardi di dollari di investimenti cinesi negli ultimi due decenni). Mentre ancora più netta è la contrapposizione sulla questione palestinese. Biden è a favore di una Palestina indipendente e vorrebbe riaprire il consolato per i palestinesi a Gerusalemme: tutto quello a cui Bennett e due terzi del suo parlamento si oppongono.

I piani di Tel Aviv
Il viaggio di Bennett risponde ai timori di Israele (e non solo) che il disimpegno Usa nella regione apra le porte a un rafforzamento dell’assertività iraniana. Parallelamente, l’urgenza nel fermare il programma nucleare iraniano cela la volontà israeliana di proteggere il proprio status di unico stato mediorientale dotato di armi atomiche. Dato questo contesto, a prescindere dal sostegno americano, Tel Aviv intende formare una coalizione regionale di Paesi arabi con interessi comuni che respinga le mire espansionistiche di Teheran. Forse un’utopia in un Medio Oriente sempre più diviso.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Intervista esclusiva al generale John Allen, presidente di Brookings (maggiore think tank Usa) ed ex comandante delle forze NATO in Afghanistan. Su ispionline.it
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2021-08-26 21:12:42
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2021-08-26 21:12:24 SPECIALE AFGHANISTAN: ESPLOSIONI A KABUL

Oggi due forti esplosioni presso gli ingressi dell’aeroporto internazionale di Kabul hanno causato decine di morti e feriti (anche tra i soldati statunitensi). Secondo alcuni testimoni, tra loro ci sarebbero almeno tre soldati americani. Finora non ci sono state rivendicazioni ufficiali, ma i sospetti ricadono sull’Islamic State’s Khorasan Province (ISKP), gruppo terroristico dell'Asia Centrale affiliato al cosiddetto Stato islamico.

Sospetti condivisi anche da Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente USA Joe Biden, che già domenica scorsa parlava di una “persistente” minaccia sulle operazioni di evacuazioni dall’aeroporto Hamid Karzai da parte dell’ISKP. I Talebani condannano l’attacco e riferiscono essere avvenuto in una zona controllata dalle truppe USA.

Secondo altri, la dinamica degli attentati include vari colpi d’arma da fuoco ed esplosioni. Una tipologia di attacco già impiegata in precedenti attacchi in Afghanistan e che potrebbe confermare i sospetti sulla matrice terrorista. Mentre scriviamo, il presidente USA Joe Biden si trova nella “Situation room” della Casa Bianca, dove è stato informato delle due esplosioni.

LEGGI I COMMENTI A CALDO DEI NOSTRI ESPERTI SU https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/speciale-afghanistan-esplosioni-allaeroporto-di-kabul-31405
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2021-08-25 18:35:35
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2021-08-23 19:14:40 HAITI: NUOVO TERREMOTO, VECCHI PROBLEMI?

Una natura spietata
Più di 2200 morti e 12 mila feriti: questo il bilancio provvisorio e in costante crescita del terremoto di magnitudo 7.2 che il 14 agosto ha colpito Haiti. A distanza di 11 anni dal terribile sisma che provocò oltre 200 mila vittime, la “perla delle Antille” si trova ad affrontare una nuova emergenza, aggravata dal passaggio della tempesta tropicale Grace. Nonostante la drammaticità della situazione, con circa mezzo milione di haitiani bisognosi di assistenza umanitaria, in un paese in cui il 60% della popolazione già viveva in povertà, i soccorsi arrivano a singhiozzo e faticano a raggiungere le aree rurali.

Assalto alla diligenza
I primi aiuti sono giunti nel paese appena tre giorni dopo il terremoto (3 milioni di euro dalla UE, 22 tonnellate di attrezzature dagli Stati Uniti, 10 dall’Unicef). Il principale problema ora sono i saccheggi che stanno minando le operazioni di soccorso: camion di viveri e medicine assaltati e dirottati, da gang locali che ormai controllano le principali arterie stradali, ma anche da folle di disperati, in un paese fragile e ridotto allo stremo. I soccorritori si sono così trovati costretti a trasportare i rifornimenti a bordo dei pochi mezzi aerei e navali disponibili. Di fronte alle difficoltà del paese, alcuni politici haitiani di spicco hanno fornito pasti caldi e aerei privati: un gesto (anche) motivato dall’imminenza delle prossime elezioni generali.

Le macerie del 2010
Dopo il terremoto del 2010, i 13 miliardi di dollari stanziati dagli organismi internazionali, e i 12 mila gruppi di aiuto attivatisi per Haiti, rappresentarono una delle più grandi operazioni umanitarie mai realizzate. Il 90% di questi fondi è però stato destinato a organizzazioni estere, e soltanto l’1% alle ONG locali. La ricostruzione è poi proceduta lentamente (ancora nel 2020 si contavano più di 300 mila sfollati), segnata da numerosi scandali (come la dimostrata responsabilità delle forze di pace dell'ONU nel causare accidentalmente un'epidemia di colera nel paese). Oggi, è importante non ricadere in un déjà vu che farebbe soltanto del male a uno dei paesi più poveri del mondo.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Speciale Afghanistan: NATO in ritirata. Su ispionline.it
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