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Gli ultimi messaggi 61

2021-10-21 19:00:19 G20 E COP: FUGA A DUE

Ghosting geopolitico
Summit G20 e COP26 senza Putin e Xi Jinping. Questo lo scenario che sta emergendo in queste ore tra conferme e indiscrezioni. L’assenza del presidente russo a Roma e Glasgow è dovuta secondo il Cremlino al nuovo picco di contagi in Russia. E anche la diplomazia cinese ha giustificato la non partecipazione fisica di Xi alludendo a misure di sicurezza nel quadro della pandemia.
Sarà, ma c’era da aspettarselo: da inizio pandemia Putin ha viaggiato all’estero solo una volta, mentre sono passati 637 giorni dall’ultimo viaggio internazionale di Xi. Tuttavia, vista l’importanza dei due vertici per rilanciare multilateralismo e lotta al cambiamento climatico, la sola (neanche sicura) partecipazione virtuale dei due leader fa rumore.

Clima rovente
Secondo gli organizzatori della COP26 saranno oltre 100 i leader politici presenti. Ma a leggere bene la lista dei partecipanti, alle defezioni di Russia e Cina potrebbero aggiungersi quelle del presidente indiano Modi e di Bolsonaro. Così mancherebbero i leader di 3 dei 5 principali emettitori mondiali di gas serra e il presidente ritenuto responsabile della deforestazione dell’Amazzonia.
Parte dunque in salita la strada per un accordo su nuovi impegni vincolanti di riduzione delle emissioni entro il 2030. Senza accordo, le emissioni diminuirebbero solo del 16% rispetto al 45% necessario per raggiungere gli obiettivi di Parigi, e il pianeta si riscalderebbe di 2,7°C invece dei soli 1,5°C auspicati.

Il nemico del mio nemico…
Il moltiplicarsi dei summit multilaterali a cui Putin e Xi non hanno fisicamente partecipato dà nuova enfasi al rapporto deteriorato di Mosca e Pechino con il “fronte” occidentale, ma anche a quello che sembra un progressivo rafforzamento del loro legame.
All’assenza alla riunione speciale del G20 sull’Afghanistan è corrisposto il Moscow Format di due giorni fa, in cui Mosca e Pechino (più altri 7 paesi della regione) concordano linee comuni sulla crisi afghana. Ad agosto, i due paesi hanno tenuto esercitazioni militari combinate, alcune chiaramente destinate a simulare il combattimento contro Usa e alleati. Biden si diceva pronto a litigare su tutto con Cina e Russia pur di trovare un accordo sulla CO2. Rischia però di trovarsi senza accordo e con più litigate.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Consiglio Ue: i temi sul tavolo. Su ispionline.it
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2021-10-20 19:30:36
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2021-10-20 19:30:28 POLONIA-UE: SCONTRO FRONTALE

Valori comuni?
“Non possiamo permettere che i nostri valori comuni siano messi in pericolo”. Questo l'attacco di ieri di von der Leyen al Parlamento europeo contro il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, nel primo faccia a faccia sul deterioramento dello stato di diritto nel paese.
La settimana scorsa, la corte suprema polacca ha sostenuto l'incompatibilità tra i trattati Ue e la costituzione nazionale: non era mai successo prima nella storia europea. Così la crisi tra Bruxelles e Varsavia, che prosegue da anni, è precipitata.

Polexit
I giornali ne parlano molto, di “Polexit”. Ma la realtà è che, diversamente da Londra, Varsavia non ha alcuna intenzione di abbandonare l’Ue. I sondaggi mostrano che il 53% dei polacchi ha una “immagine positiva” dell’Unione, più del 41% degli italiani (anche perché dal 2014 a oggi la Polonia ha ricevuto 91 miliardi di euro di fondi strutturali Ue). E quando giovedì scorso il tribunale costituzionale polacco si è espresso contro il primato della legislazione europea almeno 100.000 polacchi sono scesi in piazza in più di 100 città.
Non è un caso se persino Morawiecki, a capo di un governo conservatore e nazionalista sempre più in contrasto con l’Unione (su questioni che vanno dall’aborto ai diritti LGBT+, dall’indipendenza dei media a quella dei giudici) ieri abbia anche affermato che “l’UE è l’organizzazione internazionale più forte e meglio sviluppata della storia”. Salvo poi aggiungere: “ma non è uno stato”.

(Dis)Unione europea
Von der Leyen ieri è stata dura, ma le carte che può giocare in questa fase sono poche. La procedura formale per proteggere lo stato di diritto (il famoso “articolo 7”) non permette azioni immediate. Così alla Commissione non restano che escamotage di dubbia legalità per ritardare l’esborso dei 36 miliardi di euro che la Polonia ha chiesto nell’ambito di Next Generation EU.
Il paradosso? La Polonia potrebbe portare Bruxelles in tribunale... alla Corte di giustizia europea. E l’Ue potrebbe perdere! Sarebbe solo l’ultima di tante piccole e grandi “picconature” alla supremazia del diritto comunitario su quello nazionale, non ultima quella della Corte costituzionale tedesca che per poco quest'anno non ha fatto lo stesso.
L’ennesima “crisi in casa” che rischia di paralizzare l’Europa?

Ascolta l’ultima puntata di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica: Si va verso una “Polexit”?. Qui: https://bit.ly/GloballyPolexit

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: La Libia 10 anni dopo la fine di Gheddafi. Su ispionline.it
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2021-10-19 19:00:31
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2021-10-19 19:00:26 COREA DEL NORD: KIM “COLPISCE” ANCORA

Quanti missili (?)
Nuovo test missilistico della Corea del Nord. Secondo fonti sudcoreane, un sottomarino nordcoreano avrebbe lanciato un missile balistico a corto raggio nel Mare del Giappone. Mentre, secondo l’intelligence giapponese, i missili sarebbero due.
Quale che sia il numero reale, la sostanza non cambia: sono già otto i test effettuati da Pyongyang nel 2021, malgrado le sanzioni Onu. Kim Jong-un ha messo in mostra un razzo ipersonico planante, poi missili lanciati da un treno e con capacità nucleare. Sufficienti a mettere in allarme l’altra Corea, che risponde intensificando la propria spesa militare in quella che appare sempre più una tradizionale corsa agli armamenti.

38° parallelo Nord
Il mese scorso anche la Corea del Sud ha portato a termine con successo il suo primo lancio di un missile balistico da sottomarino e giovedì manderà in orbita Nuri, il suo primo razzo spaziale. All’ennesima parata militare a Pyongyang, Seoul ha risposto con la più grande esposizione militare di sempre nel paese, con circa 300 funzionari della difesa di 45 paesi impegnati tra prototipi di armi laser e veicoli futuristici.
Nonostante l'accumulo di armi, la relazione tra le due Coree è però in ripresa rispetto ai minimi toccati di recente: sono stati ripristinati i canali di comunicazione intercoreani, sospesi da mesi, e la proposta di Seul di dichiarare formalmente la fine della guerra di Corea è stata accolta favorevolmente al Nord.

Ti presento Joe Biden?
Il lancio di oggi cade in giornate di colloqui tra Sud Corea, Usa e Giappone per definire una strategia comune che riporti Pyongyang al tavolo negoziale: le trattative sullo smantellamento del programma nucleare nordcoreano sono in stallo dal 2019.
L'amministrazione Biden si è detta aperta a negoziati in qualsiasi momento ma ha finora ricevuto picche da Pyongyang che intanto ha ripreso la produzione di plutonio per le armi nucleari. Il paese potrebbe ora avere più di 60 testate, e la tecnologia per miniaturizzare e montarle su missili con una gittata tale da raggiungere gli USA. Dopo mesi di crisi sanitaria ed economica per il paese, Kim torna a mostrare i muscoli. Purtroppo, il ritorno alla "normalità" post-Covid è anche questo.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: La Russia rompe con la NATO. Su ispionline.it
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2021-10-18 20:00:14 NATO E ARMAMENTI: LA CINA SI AVVICINA?

Lancio 78
Questo agosto la Cina avrebbe testato per la prima volta un razzo ipersonico, secondo quanto rivelato dal Financial Times nel weekend. Il razzo sarebbe in grado di viaggiare a velocità cinque volte superiori a quella del suono. Ma soprattutto di eludere tutte o quasi tutte le contraeree del mondo.
Qualche ora fa il Ministero degli esteri cinese ha categoricamente smentito che il lancio di agosto abbia testato un missile ipersonico. Ma la segretezza con cui è stata condotta l’operazione (ci sono annunci del lancio precedente e quello successivo, ma non del 78, quello incriminato) amplifica i sospetti. E così persino la Nato corre ai ripari.

Crisi dei missili?
Pechino continua a ribadire che lo sviluppo delle capacità militari nazionali ha scopi “esclusivamente difensivi”. Ma le armi ipersoniche servono principalmente all’attacco, e a un attacco che più a sorpresa non si potrebbe.
Nell'epoca dei razzi ipersonici, una “crisi dei missili” assumerebbe tutt’altri connotati. Negli anni Sessanta l’Unione sovietica rischiò di scatenare una guerra nucleare pur di piazzare dei missili a Cuba, in risposta allo schieramento Usa dei missili Jupiter in Europa. Con razzi ipersonici questo non serve più: si possono schierare nel “giardino di casa”.
Oltre alla Cina, anche Usa e Russia stanno sviluppando armi ipersoniche. Ma se davvero Pechino ne entrasse in possesso ciò sbilancerebbe ulteriormente il rapporto di forze nei confronti dei suoi vicini regionali, già allarmati dalla costruzione di oltre 200 nuovi silos di missili intercontinentali.

Un altro fronte è Nato
Dal 2019, oltre che “partner” l’UE definisce la Cina un “rivale sistemico”. Per forza: da anni Pechino ha la marina più grande al mondo, e dal 2015 spende per la difesa più dei 27 paesi Ue messi insieme.
Così ora persino la Nato inizia a mettere la Cina “nel mirino”. Secondo Jens Stoltenberg, segretario generale giunto quasi a fine mandato, quando nel 2022 i leader Nato rimetteranno mano al “concetto strategico” dell’Alleanza non potranno non menzionare (per la prima volta) Pechino. Dall’Artico all’Africa, per Stoltenberg “la Cina si sta avvicinando”.
Pechino riuscirà nell'impresa - che sembra non riuscire neppure a Biden - di ricucire le fratture tra le due sponde dell’Atlantico?

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Germania, verso la coalizione semaforo. Su ispionline.it
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2021-10-15 19:00:12 VACCINI: IL MONDO RIMANE INDIETRO

Realtà opposte
In Italia manifestazioni contro il green pass mentre nel mondo la metà della popolazione attende ancora l’iniezione della prima dose. Una contrapposizione che sintetizza le grandi disuguaglianze della più imponente campagna vaccinale nella storia umana, con più di 6 miliardi di dosi finora somministrate in 184 paesi.
Ma il 77% di queste sono state somministrate nelle economie avanzate, contro lo 0,5% riservato ai paesi a basso reddito. E così sembra quanto mai utopistico l’obiettivo dell’OMS di vaccinare il 40% della popolazione di tutti i paesi del mondo entro la fine del 2021. Anche solo il target del 10% entro fine settembre è stato fallito da 56 Stati, il 70% dei quali in Africa.

(PO)COVAX
Considerando che ogni mese vengono prodotte 1,5 miliardi di dosi, è evidente come qualcosa non stia funzionando nella loro distribuzione, affidata al programma delle Nazioni Unite COVAX. Nel corso dei mesi il numero di consegne previste per i paesi più poveri entro fine anno è stato tagliato da 1,9 a 1,4 miliardi di dosi.
L’Africa si trova così con 150 milioni di dosi in meno, e di questo passo il 40% della sua popolazione sarà vaccinato solo a marzo 2022. Inoltre, lo scetticismo sui vaccini e la mancanza di infrastrutture o di sicurezza portano allo spreco delle poche dosi disponibili: 3 milioni quelle non utilizzate e a rischio di scadenza in Uganda a fronte di soli 400mila vaccinati (1% della popolazione).

Fatti o promesse?
Questa disuguaglianza nell’accesso ai vaccini ha creato una competizione tra le grandi potenze mondiali per mettere a disposizione milioni di dosi. Solidarietà ma anche soft power per una diplomazia dei vaccini che però, finora, rimane soprattutto sulla carta.
Meno del 15% del miliardo di vaccini promesso dal G7 è stato finora consegnato. Mentre il contributo cinese non è stato certo a titolo gratuito: 71 milioni le dosi donate, 1 miliardo quelle vendute. Secondo il FMI se entro il 2021 non sarà vaccinato il 40% delle persone in tutti i paesi, le perdite del PIL globale nel prossimo quinquennio ammonteranno a 5.300 miliardi di dollari, più del PIL tedesco. Che sia una argomentazione più convincente per spingere a maggiore solidarietà?

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Beirut, un giorno di ordinaria follia. Su ispionline.it
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2021-10-14 19:26:27
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2021-10-11 19:26:35 CINA-TAIWAN-USA: RELAZIONI PERICOLOSE

Botta e risposta
Un weekend di anniversari storici e accese dichiarazioni da entrambe le sponde dello stretto di Taiwan. Sabato, in occasione dei 110 anni dal rovesciamento dell'ultima dinastia imperiale cinese, Xi Jinping ha definito come “inevitabile” e “nell’interesse di Taiwan” stessa la sua riunificazione pacifica con la Cina.
Toni che seppur più concilianti rispetto al discorso dello scorso luglio, in cui Xi giurava di "stroncare" qualsiasi tentativo di indipendenza formale, non sono piaciuti a Taiwan. Domenica, durante i festeggiamenti del giorno nazionale, la presidentessa Tsai Ing-wen ha così ribadito che Taipei “rafforzerà le sue difese e difenderà il suo stile di vita democratico”. Dalle parole si passerà ai fatti?

Venti di guerra
Da inizio ottobre, le sortite di caccia e bombardieri cinesi all'interno della zona di difesa aerea dell'isola sono a livelli record. Così le relazioni tra i due paesi sono scivolate al loro minimo: secondo il ministro della difesa taiwanese, Pechino potrebbe essere pronta a un'invasione su larga scala entro il 2025.
Nel frattempo, Washington sta rafforzando i contatti diplomatici e la vendita di armi all’isola nel quadro del Taiwan Relations Act del 1979, che obbliga gli Stati Uniti ad aiutare Taiwan a mantenere una sufficiente capacità di autodifesa. E giovedì, il Wall Street Journal ha rivelato che da circa un anno l'esercito statunitense sta lavorando con l'esercito taiwanese per preparare i soldati a una possibile invasione: coincidenza o messaggio mezzo stampa a Pechino?

Una o più Cine?
Per Biden, proteggere Taiwan significa sia dimostrare che gli Usa non sono in declino, sia ribadire il suo impegno contro l'autoritarismo e in difesa della democrazia. Un segnale forte per gli alleati, scoraggiati dalla gestione del ritiro dall’Afghanistan, ma anche per gli elettori in vista delle elezioni di metà mandato.
Ma la Casa Bianca ribadisce anche il rispetto della politica di “una sola Cina”. Una ambiguità che caratterizza da decenni la politica estera americana, e che oggi riflette il tentativo di raffreddare le crescenti tensioni con la Cina, partner necessario per poter ottenere dei risultati nei grandi vertici internazionali di questi mesi: G20 e COP26. Cosa sarà disposto ad accettare Biden per mantenere aperto il dialogo?

Registrati e segui in diretta l’evento “Cina-Taiwan: verso la resa dei conti?” domani 12 ottobre dalle 18.00. Qui: https://bit.ly/tensionicinataiwan

Ascolta “Il cielo sopra Taiwan”, la nuova puntata di Globally, il podcast di ISPI e Will sulla geopolitica. Qui: https://bit.ly/globallytaiwan
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2021-10-08 19:01:31
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