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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

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Il mondo in tasca

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Gli ultimi messaggi 8

2023-05-05 19:14:47
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2023-05-05 19:14:41 BRICS: BENVENUTI AL SUD

Pivot to Africa
“Alcuni paesi pensano che la colpa della crisi dei prezzi sia delle sanzioni imposte dal G7. Ma la colpa è dell’invasione russa dell’Ucraina”. Lo ha detto ieri Fumio Kishida, Primo ministro giapponese, a conclusione di un viaggio in Africa che ha toccato quattro paesi (Egitto, Ghana, Kenya, Mozambico). E che abbia scelto di spiegarlo è indice di quanto il sud del mondo si fidi sempre meno di ciò che dice l’Occidente, anche quando questo corrisponde a realtà.
Adesso, mentre Kishida torna a Tokyo, a imbarcarsi in un tour africano è il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ieri in Etiopia e oggi in Kenya. È una corsa al “Global South”?

West vs “Rest”?
Forse sì, anche perché avviene a due settimane dall’inizio del G7 giapponese di quest’anno. Ma anche a cinque settimane dal momento in cui i Ministri degli esteri dei BRICS dovranno iniziare a valutare seriamente l’ingresso di altri membri all'interno dell’organizzazione.
Dal 2010 al vertice BRICS partecipano cinque paesi: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Negli ultimi dodici mesi, però, al Summit hanno fatto richiesta d’ingresso formale 13 paesi del “Sud globale”, mentre altri 6 avrebbero espresso il proprio interessamento. In caso di ingresso collettivo si tratterebbe del primo grande allargamento dall’esistenza del Summit, nel 2009.
Allora il Summit si tenne in Russia. Ma è stata la Cina, l’anno scorso, a proporre di aprire il forum ad altri Paesi. Un silenzioso passaggio di testimone che nasconde tensioni e differenze tra i membri.

BRICS vs BRICS?
Sulla possibile apertura del vertice a paesi del “Global South” aleggiano visioni contrapposte dei cinque membri attuali. Già, perché la Cina oggi ha un PIL che è più che doppio del PIL combinato degli altri 4 Paesi membri. Questi ultimi temono che l’aggiunta di altri “piccoli” possa diluirne la voce in un forum in cui l’influenza esercitata da Pechino sia sempre più visibile.
Timori non del tutto infondati, ma resta anche da vedere se il summit si darà mai una struttura decisionale, oggi assente, e quale sarà: una testa un voto, o voto in base al “peso” (economico?) di ciascun Paese. E resta da vedere anche quali siano le reali ambizioni di un eventuale “BRICS +13”, se mai verrà: sostituirsi al G20 (ma passando da un forum che vale l’80% del PIL mondiale a uno che ne vale il 32%) o coordinarsi in vista dei vertici?
Chi vivrà, vedrà.

Tra la Siria e gli altri paesi del Medio Oriente qualcosa sta cambiando. Che c’entra il contrabbando dell’anfetamina Captagon? Ne parliamo nel nuovo episodio di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica. Ascoltalo qui: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-come-la-siria-e-diventata-un-narco-stato-127772
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2023-05-04 19:27:12
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2023-05-04 19:27:07 SCO: AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA

Famiglia allargata
Al via oggi il summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). Con sempre più posti a tavola: nata nel 2001 su spinta di Cina e Russia, la SCO, istituzione di carattere politico, economico e securitario, si è allargata negli anni fino a comprendere Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan, Pakistan e India.
Ed è proprio in India, a Panaji, che tra oggi e domani si riuniscono i ministri degli Esteri – quelli dei paesi membri e anche gli aspiranti tali. Questioni di cooperazione economica e sicurezza a parte, il punto caldo saranno le adesioni della Bielorussia e, soprattutto, dell’Iran. Un processo inaugurato nel 2021 da Teheran, positivamente accolto al vertice di Samarcanda del settembre 2022, e che oggi dovrebbe vedere la sua conclusione.

Un gigante euroasiatico...
Con i soli membri attuali, la SCO ricopre un territorio di oltre 34 milioni di chilometri quadrati, che ospita circa il 40% della popolazione mondiale e produce più del 20% del PIL globale. Insomma, un vero e proprio gigante eurasiatico.
L’ingresso dell’Iran, ormai in dirittura d’arrivo, potrebbe essere inoltre il primo di una lunga serie. Molti altri stati hanno infatti manifestato il desiderio di entrare a far parte del blocco: basti pensare alla Turchia di Erdogan, che quest’anno sarebbe intenzionata a richiedere l’adesione a pieno titolo. Oppure ai paesi che hanno fatto domanda o già ottenuto lo status di dialogue partners, come ad esempio l’Egitto, l’Arabia Saudita e l’Armenia.

...dai piedi d’argilla?
Gli ingredienti per essere una piattaforma di rilievo sembrano esserci tutti, e non solo in termini di dimensioni. Al summit è presente anche Bilawal Bhutto Zardari, ministro degli esteri del Pakistan, primo funzionario di alto livello di Islamabad a recarsi in India dal 2014. Insomma, nonostante le relazioni complicate, nella SCO Pakistan e India possono quantomeno provare a intavolare un dialogo.
Affinché la SCO abbia successo come meccanismo multilaterale, tuttavia, è necessario che i paesi membri dimostrino un certo grado di buona volontà. Merce rara tra stati storicamente in competizione tra di loro, come India e Cina. Eppure, il clima eurasiatico sembra al momento essere più propizio e le animosità interne all’organizzazione, per ora, ben più sotto controllo di quanto sia stato il G20 dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Durerà?


Il presunto attacco di due droni al Cremlino di mercoledì notte resta ancora tutto da chiarire: clamoroso scacco alla sicurezza russa o operazione false flag? Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/droni-sul-cremlino-127627

Oggi alle 18.30 all’ISPI parleremo del sorpasso dell’India sulla Cina come paese più popoloso al mondo, discutendo di come la demografia influenza la geopolitica. Registrati e partecipa alla tavola rotonda: https://www.ispionline.it/it/evento/demografia-e-geopolitica-lindia-supera-la-cina-e-ora
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2023-05-03 19:50:36
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2023-05-03 19:50:31 LA DIFESA EUROPEA SPINGE SULL’ACCELERATORE

Need ammo ASAP
Più munizioni, il prima possibile. È questo il non tanto velato messaggio dell’Act in Support of Ammunition Production (ASAP), l’ultima iniziativa dell’Ue per incrementare la produzione della sua industria della difesa. Annunciato oggi dalla Commissione europea, ASAP destinerà circa 500 milioni del budget europeo alle fabbriche impegnate nella manifattura di proiettili e munizioni.
La decisione arriva dopo che, nell’ambito della delibera del Consiglio europeo del 20 marzo, era stato stanziato un totale di 2 miliardi di euro per fornire a Kiev il milione di proiettili promessi. Ora, l’Ue preme ancor più l’acceleratore. E lo fa con un piano che stimola lo sviluppo dell’industria bellica europea con un impegno che il commissario per il mercato interno Thierry Breton ha definito “senza precedenti”.

Colpi in canna
Secondo le stime del Dipartimento della difesa statunitense, ogni mese le forze armate ucraine sparano oltre 90.000 colpi d’artiglieria da 155mm. Oggi gran parte di queste sono fornite dagli Stati Uniti, che riescono a produrre “solo” 20.000 pezzi al mese: ben al di sotto delle necessità di Kiev.
Certo, i depositi della NATO abbondano di munizioni da destinare all’Ucraina ma dopo oltre un anno di guerra le riserve si assottigliano. Per questo motivo, altri alleati di Washington sono giunti in aiuto. La Corea del Sud, ad esempio, ad aprile ha acconsentito a fornire circa 500.000 pezzi d’artiglieria ma per evitare un coinvolgimento diretto nel conflitto ha preferito destinarli agli Stati Uniti e non direttamente all’Ucraina.

La coperta è corta
L’iniziativa presentata da Breton è quindi molto rilevante: il piano di investimenti andrebbe a triplicare i livelli di produzione di pezzi d’artiglieria europei, al momento di “appena” 25.000 al mese.
Sollevando però nuovi dilemmi per i decisori europei. Perché sa da un lato l’UE ha bisogno di maggiori investimenti nella difesa per tutelare la propria sicurezza, dall’altra il nuovo piano rischia di rompere il delicato equilibrio in cui oggi si trova Bruxelles. Bilanciare nuovi investimenti coi vincoli di budget e di spesa sia a livello locale che comunitario è infatti un grattacapo con cui l’Europa sperava di non dover tornare a fare i conti dopo lo scoppio della pandemia.
All’orizzonte un vecchio e nuovo problema, da risolvere ASAP, mentre la tensione sale per il drone che nelle scorse ore sembrerebbe essersi abbattuto sul Cremlino.

Domani alle 18.30 all’ISPI: parleremo di trend demografici e delle loro conseguenze geopolitiche, a partire da quelle del superamento della Cina da parte dell’India in termini di popolazione. Iscriviti e partecipa alla tavola rotonda: https://www.ispionline.it/it/evento/demografia-e-geopolitica-lindia-supera-la-cina-e-ora
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2023-05-02 18:48:04
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2023-05-02 18:47:59 FIRST REPUBLIC BANK: UNO, NESSUNO, CENTOMILA (CRAC)

I “primi” saranno gli ultimi?
Anche First Republic Bank (FRB) ha fatto crac. Nel weekend è arrivato il terzo grande fallimento bancario dal crollo di Silicon Valley Bank (SVB) a marzo, il secondo più grande nella storia degli Stati Uniti. FRB sarà acquisita da JPMorgan, una delle “Big Four” americane di servizi finanziari che fino alla settimana scorsa era capofila nella cordata per salvarla.
Oggi in Europa i mercati sembrano aver comunque reagito con tranquillità. Ma crescono i sospetti che questo salvataggio non sarà l’ultimo. Così le scelte della Federal Reserve e della Banca centrale europea (BCE) si complicano ulteriormente.

Calma e sangue freddo
La reazione contenuta dei mercati è forse legata anche alla differente gestione dell’affaire FRB rispetto a quello SVB. Allora la FDIC, l’agenzia USA che coordina i fallimenti bancari, aveva ordinato la chiusura dell’istituto in un giorno lavorativo e aveva dovuto creare una “banca ponte” prima di riuscire a vendere SVB (due settimane dopo). Inoltre, il timore di contagio aveva messo in allarme anche i correntisti con più di 250.000 dollari sul conto di molte altre banche, ovvero coloro che superavano il tetto delle garanzie federali.
Per evitare una fuga agli sportelli (i depositi non assicurati valgono circa il 40% di tutti quelli americani), la Casa Bianca aveva dichiarato che quelle di marzo erano “crisi sistemiche” e garantito i depositi di tutti i correntisti. Un ombrello potente, che ha temperato le paure di queste settimane. E che ha permesso al governo USA di intervenire in maniera più discreta, lasciando che all’apparenza fossero i privati a fare il grosso del lavoro.

Sotto lo stesso tetto
La crisi di FRB arriva in un momento delicato: tra domani e dopodomani, Fed e BCE dovranno decidere di un eventuale rialzo dei tassi d’interesse. Anche in Europa i prezzi continuano infatti a crescere troppo in fretta (ad aprile l’inflazione “core” nell’Eurozona era al 5,6%, solo un piccolissimo miglioramento dal 5,7% di marzo), malgrado l’economia dia segnali di rallentamento (come un credito alle famiglie, ad esempio, mai così basso dal 2018).
Intanto negli USA la politica si è nuovamente divisa sulla gestione dei fallimenti bancari. I repubblicani sono favorevoli a “soluzioni di mercato” (come quella per FRB) anche quando queste rafforzano posizioni dominanti, mentre i democratici vorrebbero che a fare le spese delle crisi fossero i ricchi e non la collettività.
Un’altra grana per Biden, che da martedì prossimo dovrà anche convincere i deputati ad alzare il tetto al debito federale o rischiare uno shutdown già dal 1° giugno. Cosa che non succede dal 2019.


L’India sta per superare la Cina come paese più popoloso al mondo. Ma New Delhi non cresce solo dal punto di vista demografico. Che conseguenze ci possono essere per l’Europa? Ne parliamo giovedì 4 maggio alle 18:30 in una tavola rotonda all’ISPI. Registrati qui: https://www.ispionline.it/it/evento/demografia-e-geopolitica-lindia-supera-la-cina-e-ora

Nonostante il cessate il fuoco i combattimenti in Sudan non si fermano. E la chiusura delle ambasciate blocca i civili in fuga. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sudan-sul-baratro-127119
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2023-04-28 19:25:52
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2023-04-28 19:25:45 UCRAINA-EST EUROPA: L’ALLEANZA VACILLA?

Il blocco del Blocco 
A Bruxelles si fatica a trovare un accordo per estendere di un altro anno l’accesso senza dazi dei beni ucraini ai mercati europei. Concesse lo scorso giugno per sostenere Kiev e la sua martoriata economia, le agevolazioni hanno aperto il mercato unico ad un’ampia gamma di prodotti agricoli ucraini. Ma la strenua opposizione di tre paesi Visegrad, ovvero Polonia, Slovacchia e Ungheria, e della Bulgaria potrebbe vanificare il compromesso trovato ieri a livello di Parlamento europeo. 
Il motivo è semplice: l’arrivo di milioni di tonnellate di cereali ucraini in Europa orientale ha depresso i prezzi dei prodotti agricoli e irritato i coltivatori locali. Per contenere il malumore, nelle ultime settimane Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria hanno quindi imposto limiti alle importazioni dall’Ucraina. Divieti unilaterali che, seppur in netta contrapposizione con le norme che regolano il mercato unico, sono visti di buon occhio anche da altri paesi (come la Romania), che chiedono di estendere le restrizioni a tutta l’Ue. 
Riusciranno i governi a trovare una quadra prima del raccolto? 

AAA acquirente cercasi 
Malgrado la crisi alimentare causata dall’invasione, il grano ucraino rimane bloccato in Europa centrale. Il problema, più che di mercato, è soprattutto logistico. È infatti la mancanza di infrastrutture a bloccare l’eccedenza di grano (che solo in Polonia supera le 4 milioni di tonnellate) e a impedirle di raggiungere le consuete rotte commerciali (che fino al 2021 attraversavano il Mar Nero) prima del prossimo raccolto. 
Per evitare che i cereali ucraini rimangano bloccati in Europa, la Commissione ha proposto delle “misure preventive” (come sostegno logistico per il costoso trasporto dei cereali verso paesi terzi) e stanziato circa 100 milioni di euro in aiuto degli agricoltori dei paesi in difficoltà. Ma per ora il blocco di paesi dell’Europa centrale (che pure include diversi dei paesi che già oggi più beneficiano dei sussidi Ue all’agricoltura inclusi nella PAC) non sembra intenzionato a cedere. 

Doppio fronte? 
In fondo, l’economia ucraina sta resistendo meglio del previsto. L’inflazione annua è persino al di sotto di quella di alcuni paesi europei (+21%, vs il +25% dell’Ungheria). E nel 2023 il Pil potrebbe addirittura tornare a crescere
Certo si tratta solo di una stabilizzazione, forse temporanea, che segue il crollo del 30% del Pil dello scorso anno e che poggia sul fondamentale sostegno degli alleati. Pari quasi a un terzo del Pil, i finanziamenti esteri permettono a Kiev di continuare a importare prodotti dall’estero mentre le risorse nazionali sono largamente destinate alla difesa. 
Insomma, ancora piena economia di guerra. L’importante per Kiev è che, con l’avvicinarsi della controffensiva di primavera, a questa guerra con Mosca adesso non si assommino anche scaramucce con paesi che fino a ieri erano stati i suoi più grandi alleati
 
L’India ha superato la Cina in termini demografici. Con oltre 1 miliardo e 425 milioni di abitanti, l'India è ora il paese più popoloso del mondo, e le previsioni confermano la tendenza di crescita. Ma che significato ha questo primato? Ne abbiamo parlato nell’ultimo episodio di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-cosa-accade-quando-lindia-supera-la-cina-126982 

Dello stesso tema parleremo anche all’evento il prossimo 4 maggio, alle ore 18:30, a Palazzo Clerici (Via Clerici, 5, Milano). Registrati qui: https://www.ispionline.it/it/evento/demografia-e-geopolitica-lindia-supera-la-cina-e-ora
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