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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

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Il mondo in tasca

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Gli ultimi messaggi 6

2023-05-19 18:55:03
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2023-05-19 18:54:58 G7: SANZIONI A DIAMANTI E ALTRI RIMEDI

Un viaggio inaspettato
Mentre è terminato a Xi’an il summit Cina-Asia Centrale iniziato ieri, a poco più di 2000 chilometri di distanza è il premier nipponico Fumio Kishida a fare gli onori di casa. Tra oggi e domenica, Hiroshima ospiterà infatti il G7. Un incontro che affronterà diverse questioni, come il contenimento cinese e le relazioni con il ‘Global South’. Ma soprattutto la guerra in Ucraina.
Proprio in queste ore si è saputo che al G7 parteciperà anche Volodymyr Zelensky. Volerà in Giappone domenica, dopo aver presenziato oggi al summit della Lega Araba a Jeddah, in Arabia Saudita. Un viaggio inaspettato, quello del presidente ucraino, tanto da cogliere di sorpresa Kishida stesso. Ma indispensabile a Kiev per ottenere conferme sull’impegno degli alleati.

Un diamante russo non è per sempre
Nella tre giorni di Hiroshima, i leader del G7 dovrebbero mettere al vaglio nuove sanzioni contro Mosca. O meglio, sanzioni nuove e “scintillanti”, dato che si starebbe considerando di attaccare l’industria dei diamanti russi, capace di riempire le casse del Cremlino per oltre 4 miliardi di dollari nel 2021.
Nonostante il sanzionamento lo scorso anno della compagnia mineraria statale Alrosa, che tuttora produce intorno al 40% dei diamanti commerciati nel mondo, nel 2022 l’Ue ha importato circa 1,5 miliardi di dollari di diamanti russi. Con i ricavi energetici di Mosca praticamente dimezzatisi dallo scorso anno, per il fronte pro-Ucraina è ancor più importante compromettere le altre fonti di finanziamento della macchina bellica russa.

Conta il pensiero
Anche se l’Occidente si adoperasse congiuntamente per vietarne le importazioni, non è detto che i diamanti cesserebbero di generare profitti per il Cremlino. Più del semplice divieto, conterebbe l’ideazione di un tracing-system, che consentirebbe di sanzionare non solo i diamanti provenienti direttamente dalla Russia, ma anche a quelli importati “triangolando” l’acquisto attraverso altri paesi. Malgrado il G7 stia coinvolgendo nella discussione anche Paesi non occidentali – l’India, ad esempio – è però difficile che il flusso dei diamanti russi venga interrotto in toto.
Insomma, si avvicina forse il limite oltre il quale le sanzioni perdono di mordente. In quella che è l’era della triangolazione commerciale è probabile che Mosca troverà sempre un paese terzo disposto a rilanciare diamanti e materie prime strategiche russe, potenzialmente sanzionabili, alla volta dei mercati occidentali.
In definitiva, Le sanzioni occidentali sui diamanti russi rischiano di avere soprattutto un valore simbolico. Sarà così?

Lunedì 22 e martedì 23 maggio si svolgerà a Milano il Future Leaders’ Global Policy Forum, organizzato da ISPI, Università Bocconi e OCSE. Giovani esperti di tutto il mondo, leader politici e rappresentanti delle organizzazioni internazionali discuteranno le questioni più scottanti della geopolitica. Per partecipare ai lavori in presenza o online, basta iscriversi qui: https://www.ispionline.it/en/global-policy-forum-2023

Perché l’export italiano verso la Cina è esploso? E cosa c'entra il memorandum Italia-Cina sul tavolo del governo? Ne parliamo nel nuovo episodio di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-cina-lo-strano-caso-del-boom-dellexport-dallitalia-129522
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2023-05-18 19:57:55
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2023-05-18 19:57:48 RISCALDAMENTO GLOBALE: ROTTA LA SOGLIA DI 1,5 °C

Un passo oltre il limite
È un bollettino durissimo quello pubblicato ieri dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) sul riscaldamento globale: nel prossimo quinquennio le temperature potrebbero raggiungere picchi mai visti e che si pensava sarebbero arrivati solo molto più in là nel tempo, superando anche (per periodi di tempo limitati) la temuta soglia di 1,5 °C
Secondo i recenti dati , c’è infatti una possibilità del 66% che la temperatura atmosferica vicino alla superfice terrestre superi di 1,5°C per almeno un anno i livelli registrati nell’era pre-industriale. È invece pressoché certo (con una probabilità del 98%) che uno dei prossimi cinque anni, e pure il quinquennio 2023-2027, saranno i più caldi mai registrati dall’uomo. Fino ad oggi, infatti, la temperatura massima mai registrata era +1,28°C.
A peggiorare il nostro impatto ambientale c’è poi la stagionalità del clima: le conseguenze del riscaldamento climatico saranno acuite nei prossimi anni dall’arrivo del Niño, un evento atmosferico ricorrente nell’oceano Pacifico, che fa però aumentare la temperatura dell’intero pianeta.

Territori (climatici) inesplorati
Presentando le previsioni del WMO, il segretario generale Petteri Taalas ha detto che la combinazione del Niño col cambiamento climatico, causato dai combustibili fossili, spingerà le temperature verso “territori inesplorati”. Con ripercussioni per “la salute, la sicurezza alimentare, la gestione idrica e l’ambiente”.
A rischiare sono soprattutto alcune zone climatiche molto sensibili e vitali per l’intero pianeta. Come l’Artico, che si sta riscaldando molto più velocemente del resto del mondo, e soprattutto l’Amazzonia, che col diminuire delle piogge (e l’aumento della deforestazione) potrebbe trasformarsi in una enorme savana. Con gravi conseguenze per la capacità del pianeta di assorbire la CO2 dall’atmosfera.

Non facciamo ancora abbastanza
Secondo gli scienziati, oltrepassare la soglia di 1,5°C potrebbe avere ripercussioni gravissime per il nostro pianeta. Con l’accordo di Parigi del 2015, i leader mondiali si erano impegnati a fermare, e possibilmente invertire, il cambiamento climatico entro la soglia di 1,5°C. Che non è affatto arbitraria. Oltrepassarla potrebbe innescare una reazione a catena con conseguenze devastanti e potenzialmente irreversibili. Alluvioni estreme, siccità, incendi incontrollati e carestie potrebbero diventare molto più comuni.
Prefissando degli obiettivi climatici, l’accordo di Parigi intendeva guidare le politiche della comunità internazionale verso un taglio netto dell’impatto umano sull’ambiente. A partire dalle emissioni di CO2, che però, a livello globale, stanno ancora salendo rispetto al 2015: da 34,7 miliardi di tonnellate alle 36,8 del 2022. Gli eventi meteorologici estremi di questi scorsi giorni faranno cambiare rotta ai governi di tutto il mondo?

Domani a Hiroshima i capi di stato delle sette maggiori economie al mondo si riuniscono nel vertice del G7. L’agenda delle discussioni va dalla guerra in Ucraina alle relazioni sempre più complesse con la Cina. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/g7-e-contro-g7-129410
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2023-05-17 19:29:33
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2023-05-17 19:29:27 SUDAN: FUGA DALLE ZONE DI GUERRA 

Quando gli elefanti combattono, è l'erba a rimanere schiacciata 
Dal Sudan continuano ad arrivare bollettini di guerra e persone in fuga. È ormai passato più di un mese da quando, il 15 aprile scorso, sono iniziati i combattimenti tra due fazioni militari: da una parte le Forze armate sudanesi guidate dal generale Abdel Fattah a-Burhan; dall’altra, le Rapid Support Forces, potente corpo paramilitare guidato da Mohammed Hamdan Dagalo, aka Hemedti.  
I due big men dell’establishment sudanese erano alla guida del consiglio militare che avrebbe dovuto traghettare il paese verso un governo civile. Ma il conflitto tra i due, in disaccordo sulle modalità della transizione e recalcitranti a cedere terreno, ha reso questo obiettivo quantomai lontano.  

Dichiarazione, senza impegno  
A poco sono valsi i sei tentativi di cessate il fuoco, e i negoziati della settimana scorsa tra i rappresentanti delle due parti a Jeddah, in Arabia Saudita. Nonostante una “dichiarazione d’impegno” a salvaguardare i civili e a consentire l’ingresso di aiuti umanitari raggiunta lo scorso 11 maggio, i combattimenti sono ripresi quasi subito.  
La situazione è particolarmente grave nella capitale Khartoum e nelle vicine Omdurman e Bahri, ma anche nella regione del Darfur occidentale. Continuano bombardamenti e scontri, mentre si riportano episodi di saccheggi e occupazioni di abitazioni e, sembra, vari episodi di violenza sessuale. Il bilancio dei combattimenti che hanno preso ostaggio il Sudan è di più di 700 morti (1000 per alcuni), e più di 5000 feriti.  

Esodo esponenziale  
Mentre l’instabilità si allarga a macchia d’olio nelle diverse regioni del paese, continua l’esodo della popolazione verso porti più sicuri. Secondo le Nazioni Unite, sono ormai quasi un milione le persone sfollate dal conflitto. Di queste, 840.000 sono sfollati interni, fuggiti verso luoghi più sicuri o zone di confine. Mentre 220.000 persone hanno cercato rifugio nei paesi vicini: soprattutto in Egitto, in Ciad e in Sud Sudan, ma anche in Etiopia, Repubblica Centrafricana e in Libia. Tra questi, anche molti rifugiati di ritorno non sudanesi (soprattutto ciadiani e sud sudanesi) che tornano nei paesi di origine. Un flusso che crea nuove pressioni e bisogni umanitari.  
Questa mattina, le Nazioni Unite hanno presentato due piani di risposta umanitaria per il Sudan che, chiedendo fondi per 3 miliardi di dollari, dovrebbero raggiungere almeno una parte di quei 24.7 milioni di persone (su una popolazione di 45,6) che si stima siano adesso in una situazione di bisogno umanitario. Nella speranza di misure concrete almeno per l’ingresso degli aiuti umanitari.  

Kiev accusa Mosca di “terrorismo aereo”. Intanto continuano i combattimenti. In serata l’incontro tra Zelensky e l’inviato di Pechino. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ucraina-terrorismo-aereo-della-russia-129288
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2023-05-16 19:18:24
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2023-05-16 19:18:17 UE E PETROLIO RUSSO: YOU CAN’T ALWAYS GET WHAT YOU WANT

Distinzioni raffinate
“Se diesel o benzina prodotti in India da petrolio russo entrano in Europa, è certamente un aggiramento delle sanzioni e gli Stati membri devono prendere delle contromisure”. Parole forti quelle rilasciate oggi al Financial Times da Josep Borrell, Alto Rappresentante UE per gli Affari Esteri.
Ma, per quanto Borrell possa fingersi sorpreso, non è un mistero che i Paesi UE stiano importando dall’India i prodotti della raffinazione del greggio russo. Quello stesso greggio che però è oggetto delle sanzioni di UE e G7. Un gioco delle parti che favorisce indubbiamente Nuova Delhi, che acquista petrolio da Mosca a un costo stracciato e lo rivende a Bruxelles al prezzo di mercato dopo averlo raffinato. Ma chi ci guadagna tra Russia ed Europa?

Come prima, più di prima?
Per certi versi, le sanzioni sul greggio russo non hanno causato i danni sperati. Secondo il report di maggio dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, le esportazioni russe di petrolio ad aprile hanno raggiunto un picco che non si vedeva da prima dell’invasione, superando gli 8 milioni di barili al giorno. Pare insomma che Mosca non abbia grosse difficoltà a sostituire UE e G7 con acquirenti alternativi – India e Cina in primis.
Ma i fasti di un tempo sono un lontano ricordo per la Russia. Lo stesso report evidenzia che, malgrado una lieve crescita (+1,7 miliardi di dollari nel mese scorso), i guadagni che questi export portano nelle tasche russe sono nettamente inferiori al passato. Rispetto a un anno fa, il calo è stato del 27%. Segno che in qualche modo le sanzioni di Bruxelles sono riuscite a ridurre gli introiti di Mosca – benché il petrolio russo continui, seppur indirettamente, ad alimentare la nostra economia. Un’incoerenza inevitabile per gli scopi europei?

Buon viso a cattivo gioco
Facciamo un gioco: cosa succederebbe se l’UE vietasse l’importazione di diesel e benzina indiani prodotti da greggio russo? In questo scenario, non ci sarebbero effettivamente tracce di petrolio russo in Europa. E, forse, Nuova Delhi ridurrebbe l’acquisto di greggio da Mosca, i cui ricavi potrebbero diminuire. Ma il rovescio della medaglia sarebbe devastante. La carenza di prodotti raffinati rischierebbe di provocare una crisi petrolifera letale per l’economia occidentale. Oltretutto, tale crisi farebbe schizzare il prezzo del petrolio alle stelle – cosa che, per colmo, aumenterebbe i guadagni russi.
Certo, sono solo speculazioni. Ma sono tremendamente utili a mostrare il delicatissimo equilibrio tra la volontà di sanzionare la Russia e la necessità di salvaguardare la stabilità europea. In fin dei conti, l’impressione è che l’UE stia facendo il possibile per trovare un giusto compromesso.

Domenica scorsa non si è votato solo in Turchia, ma anche in Thailandia. Il risultato delle elezioni segna la sconfitta dei militari e l’ascesa del partito Move Forward, un vero e proprio “terremoto politico”. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/thailandia-lalba-di-un-nuovo-giorno-129031
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2023-05-15 19:37:38
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2023-05-15 19:37:32 EUROPA: CRESCITA ACCIDENTATA

Ripresa: Bene...
Inflazione, crisi finanziaria, gas, deficit pubblico. Sono alcuni dei temi toccati nelle previsioni economiche di primavera 2023, pubblicate questa mattina dalla Commissione Europea. Il messaggio principale è chiaro: l’economia europea sta meglio del previsto.
In effetti, i numeri parlano chiaro. Per il 2023, si prevede una crescita media del PIL europeo dell’1% – un dato in miglioramento rispetto al report di tre mesi fa, che prospettava un aumento dello 0,8%. Stessa storia per il 2024: rispetto all’1.6% previsto a febbraio, le stime di oggi si spingono ad uno 1,7% che sa di cauto ottimismo. Possiamo quindi dormire sonni tranquilli?

... ma non benissimo
Sì e no. Le buone notizie non mancano. Come evidenziato nella pubblicazione odierna, l’UE ha risposto (sorprendentemente?) bene alle recenti avversità: le scorte di gas non sono più un problema, la produzione industriale è stabile e le sirene della crisi finanziaria si sono affievolite. Tuttavia, le criticità rimangono. A cominciare dall’inflazione che, sottolinea il report, rischia di rallentare seriamente la ripresa – 5,8% la stima per il 2023, in rialzo rispetto a quella di tre mesi fa.
Non va poi dimenticato che si parla comunque di miglioramenti relativi, rispetto a un punto di partenza drammatico. Il paragone fra le stime odierne e quelle pubblicate dalla Commissione a inizio febbraio 2022, poco prima dell’attacco a Kiev, fa quasi sorridere. In media, le proiezioni di crescita per il periodo 2022-23 si sono ridotte del 2,4%, in un trend che penalizza soprattutto gli stati baltici, l’Europa orientale e la Germania.

Non ci indurre in tentazione
E ora? Il futuro appare incerto, e molto si deciderà sul campo di battaglia. Ma, a prescindere dall’esito dei combattimenti, i Paesi europei sembrano determinati a recidere di netto i legami con Mosca. È infatti notizia di ieri che UE e G7 stanno lavorando a una risoluzione congiunta per impegnarsi a vietare definitivamente le importazioni di gas dalla Russia. Ma perché vincolarsi già adesso?
Semplice: il gas russo fa gola per il suo costo vantaggioso, e i paesi europei lo sanno bene. Certo, il prezzo per importare GNL dagli USA si è ormai stabilizzato su livelli accettabili (40-45 €/MWh) dopo i picchi dello scorso anno. Ma questa cifra resta pur sempre il doppio del prezzo medio nello scorso decennio del gas russo, che continuerà a essere un allettante sogno proibito per le imprese europee.
Un’inevitabile perdita di competitività è dunque il sacrificio che l’UE sembra disposta a fare, pur di certificare sin d’ora l’interruzione dei legami con la Russia

Nelle elezioni in Turchia sarà il ballottaggio a decidere chi, tra Erdogan e Kilicdaroglu, sarà il prossimo presidente. Un risultato storico, ma per le opposizioni la strada sembra in salita. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/turchia-sospesa-128930
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