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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

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Il mondo in tasca

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Gli ultimi messaggi 9

2023-04-27 19:24:34
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2023-04-27 19:24:25 UE: RIFORME A TEMPO DEBITO

Un colpo al cerchio...
Ieri Paolo Gentiloni, Commissario UE per l'Economia, ha finalmente annunciato la proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita. Le regole del Patto sono sospese da marzo 2020, causa pandemia invasione dell’Ucraina. Una boccata d’ossigeno (per fare debito pubblico), ma anche un’occasione unica per ripensarle in vista del loro ripristino a gennaio 2024.
A leggere la proposta, le soglie di debito e deficit pubblico (rispettivamente non oltre il 60% e il 3% del PIL) dovrebbero restare invariate. A cambiare potrebbero essere invece le modalità di “rientro”, più graduali.
Si cerca insomma di far tesoro dell’esperienza del passato: via i draconiani tagli di bilancio, che nel 2011-2014 avevano condannato i Paesi a cicli di austerità e recessione, sostituiti da percorsi ad hoc per ogni Paese negoziati direttamente con la Commissione. Una flessibilità che è però poco gradita a Berlino, che vorrebbe regole più chiare e prevedibili.
Riusciranno i 27 a trovare un accordo prima della fine della legislatura?

… e uno alla botte
Per accomodare le richieste tedesche la Commissione ha aggiunto delle clausole di salvaguardia: la spesa pubblica non potrà crescere più del PIL potenziale di ciascun Paese, e ogni governo il cui debito “sfori” il 60% dovrà comunque fare un aggiustamento minimo annuo dello 0,5% del PIL. Regole che stanno già irritando i Paesi più indebitati, come l’Italia, che vorrebbe avere maggiori margini di manovra per “investimenti produttivi” (qualsiasi essi siano).
Capire poi quanto aggiustamento del debito si debba fare in base al PIL potenziale richiede l’uso di modelli complessi, il che espone la Commissione a un processo gravido di errori e in cui è difficile prevedere l’andamento di variabili cruciali. Tra queste l’inflazione, che riduce il valore reale del debito, ma anche le strette monetarie che, al contrario, ne aumentano il costo.

Un bilancio positivo?
Insomma, a seconda di come si applichino le nuove regole, l’Italia dovrà ridurre il valore reale del suo debito di €8-15 miliardi l’anno. Numeri che, sebbene solo ipotetici (nella pratica il piano verrebbe negoziato direttamente con la Commissione), porterebbero a una riduzione del debito annuo dello 0,5%-0,9% del PIL. Un netto miglioramento per Roma rispetto al 5% l’anno previsto delle vecchie regole – talmente onerose da non essere mai state rispettate.
Al tempo stesso, però, stavolta l'Italia non potrebbe più contare sulla “flessibilità” concessa dalla Commissione in passato (oltre 30 miliardi di euro tra 2014 e 2019). Così nella pratica le regole del nuovo Patto potrebbero impedire al governo italiano di riformare pensioni e Irpef, salvo riduzioni significative di altri capitoli di spesa.
Le regole di bilancio europee stanno per tornare. L’Italia è pronta?

In Sudan a mezzanotte scade il cessate-il-fuoco accordato tra esercito e paramilitari e si teme non venga rinnovato, mentre la situazione umanitaria si fa sempre più drammatica. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sudan-una-tregua-fragile-126834
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2023-04-26 19:42:29
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2023-04-26 19:42:24 SUDAN: TRA TREGUA E TRAGEDIA

Tirare il fiato
Voci di tregua hanno acceso nuove speranze per gli abitanti del Sudan e per gli osservatori internazionali. Il paese è da dodici giorni preda degli scontri tra le due principali fazioni militari del paese: da una parte le forze armate, facenti capo al generale al-Burhan; dall’altra la potente forza paramilitare Rapid Support Forces (RSF) che rispondono al generale Dagalo, aka Hemedti.
La spirale di violenza è costata, ad oggi, almeno 459 vittime e più di 4000 feriti. Dall’inizio dei combattimenti si sono susseguiti vari infruttuosi tentativi di un cessate il fuoco, fino alla tregua di 72 ore iniziata ieri, concordata sotto gli auspici degli Stati Uniti, che ha portato a una diminuzione dell’intensità dei combattimenti, che sono tuttavia continuati almeno in zone della capitale Khartoum e nella vicina Omdurman.

Leave the sinking boat
La riduzione dei combattimenti ha permesso a molti paesi di portare avanti l’evacuazione dei loro cittadini: Stati Uniti, Regno Unito, vari paesi europei (sarebbero un migliaio i cittadini europei evacuati, secondo quanto riportato da Borrell), Russia, paesi nordafricani, del Golfo, e asiatici.
Ma la partenza dei diplomatici e dei lavoratori di agenzie umanitarie è anche un triste segnale del fatto che la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente. Il cerchio si chiude insomma intorno a chi rimane in Sudan, dove manca l’essenziale: acqua, cibo, elettricità, connessione internet, e molti ospedali non sono operativi. In un paese in cui, già prima della crisi, un terzo dei suoi 45 milioni di abitanti necessitava di assistenza umanitaria.

Oltre il confine
Così, chi può corre altissimi rischi per spostarsi dalle città verso zone più sicure o oltre confine. È già iniziato un flusso di rifugiati verso i paesi confinanti: in primis il Ciad, dove sarebbero già arrivate 20.000 persone; ma anche il Sud Sudan, che sente anche la pressione del rientro di molti dei sud sudanesi che vivono in Sudan, Egitto ed Etiopia. Le agenzie umanitarie attendono un flusso di centinaia di migliaia di rifugiati verso i sette paesi con cui il Sudan, terzo paese africano per dimensioni, confina.
Molti di questi paesi, a loro volta, fanno i conti con pressioni securitarie e crisi umanitarie, e potrebbero non reggere il colpo. Sembra sempre più reale il timore che una possibile guerra civile in Sudan possa conflagrare nella regione, come già espresso dal segretario ONU Guterres che, appellandosi al Consiglio di Sicurezza, ha richiesto con urgenza una posizione internazionale solida nel richiedere una soluzione negoziale.
Questa tregua vacillante potrà essere un primo passo?

Xi Jinping chiamato Volodymyr Zelensky, oltre un anno dopo l’inizio della guerra. La diplomazia cinese si muove e le cancellerie (soprattutto europee) osservano interessate il tentativo cinese di risolvere la guerra in Ucraina. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ucraina-cina-pronto-xi-parla-126635
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2023-04-21 19:29:48
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2023-04-21 19:29:41 UCRAINA: PROMESSE DIFFICILI DA MANTENERE

Promessa con riserva (di munizioni)
“La Nato è al vostro fianco oggi, domani e fino a quando sarà necessario”. Con queste parole il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg ha voluto rassicurare il presidente ucraino Zelensky durante una visita a sorpresa ieri a Kiev. Un incontro di particolare importanza. Non solo perché è il primo di Stoltenberg dall’inizio della guerra, ma anche perché giunge contestualmente alle “strigliate” del ministro degli Esteri ucraino Kuleba all’Ue.
Kiev sottolinea la lentezza dei rifornimenti da parte dei paesi europei, che però stentano a mantenere la produzione promessa. Già a marzo, il Consiglio europeo aveva adottato una misura da 1 miliardo di euro per rimborsare agli Stati membri le munizioni donate all’Ucraina, promettendo poi di contribuire con l'invio di 1 milione di proiettili entro la fine dell'anno.

Più facile a dirsi che a farsi
Delle divergenze tra i paesi membri sui contratti per l'acquisto delle munizioni stanno però rallentando le forniture, facendo sorgere dubbi a Kiev sulla capacità dell’Ue di mettere in atto quanto promesso. Eppure, alcune capitali europee sostengono che tutto sta procedendo secondo i piani, e che un primo lotto di munizioni da 250.000 proiettili verrà trasferito in Ucraina prima di fine maggio.
Ma i dubbi rimangono, soprattutto sulle effettive capacità dell’industria bellica europea di produrre un simile quantitativo di munizioni. Secondo delle stime di febbraio, l’Ucraina consumerebbe tra i 60.000 e i 210.000 proiettili al mese, a fronte dei soli 25.000 proiettili prodotti in Europa nello stesso arco di tempo. Per rispondere alle esigenze interne e dell’esercito ucraino, l’industria della difesa Ue dovrebbe quindi accrescere la propria produzione di circa sette volte. Insomma, una promessa più facile a dirsi che a farsi.

Per qualche carro armato in più
Mentre Bruxelles arranca, Washington annuncia l’invio di un nuovo pacchetto di aiuti militari dal valore di 325 milioni di dollari. Un pacchetto che va ad aumentare lo stacco tra gli aiuti americani e quelli europei. Anche se, nei giorni scorsi, alcuni Paesi membri dell’Ue hanno avallato nuovi aiuti a sostegno di Kiev. Proprio ieri, Danimarca e Paesi Bassi hanno fatto sapere che doneranno congiuntamente 14 carri armati Leopard 2. Già a marzo, Polonia e Slovacchia avevano aperto rispettivamente all’invio di 4 e 13 caccia MiG-29. Un numero forse destinato a salire nei prossimi giorni: sempre Stoltenberg ha dichiarato che nell’incontro a Ramstein di oggi, la NATO discuterà della fornitura di aerei all’Ucraina. Un’eventualità che, fino a poco tempo fa, non veniva neppure presa in considerazione.
Basteranno il viaggio di Stoltenberg e le nuove promesse a rinsaldare la fiducia e sciogliere l’impasse?

Che cosa sta succedendo in Sudan? Ne parliamo nel nuovo episodio di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica. Ascoltalo qui: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-quali-sono-le-conseguenze-del-conflitto-in-sudan-126442

Occhi puntati sulla Turchia, che il 14 maggio va ad elezioni dall’esito incerto. E il candidato di opposizione sfida Erdogan: “Io sono un alevita”. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi:
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/turchia-al-bivio-126453
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2023-04-20 18:54:52
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2023-04-20 18:54:44 INDIA: IL SORPASSO

Un nuovo gigante asiatico
L'India sta per superare la Cina come paese più popoloso al mondo. Mentre la popolazione cinese è entrata in una fase di declino e invecchiamento demografico, quella del Paese del subcontinente indiano continuerà a crescere almeno fino a metà di questo secolo diventando (probabilmente entro il 2030) il primo e unico stato al mondo a superare il miliardo e mezzo di abitanti.
Ma l’India non cresce solo dal punto di vista demografico. Il Pil del Paese ha recentemente superato quello del Regno Unito, attestandosi a quinta economia mondiale, e si appresta a superare anche la Germania entro il 2027. In un mondo che rallenta, l’economia indiana continua a crescere a un ritmo superiore a tutte le altre grandi economie del mondo (+6,9% atteso per il 2023, contro il +4,3% della Cina).
In questa lunga maratona, Pechino e New Delhi stanno per darsi il cambio?

In mezzo al guado
Non proprio. Malgrado il primato demografico, sono molte le sfide che l'India dovrà affrontare per non restare indietro sul piano economico e geopolitico. A cominciare da una povertà diffusa (il 10% della popolazione vive con meno di $2,15 al giorno, contro lo 0,1% cinese), la mancanza di posti di lavoro sufficienti per una popolazione così numerosa e un settore informale ancora preponderante. Una situazione che, pur in fase di espansione economica, aggrava le disuguaglianze e aumenta il rischio di instabilità sociale.
Per sfruttare il potenziale del dividendo demografico, e di una popolazione attiva che raggiungerà il 61% del totale entro metà secolo, sarà quindi fondamentale adottare riforme che facciano emergere gran parte dell’economia attualmente sommersa – senza dimenticare l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, che in India è inferiore al 50% – e aiutare i privati a investire nelle nuove occupazioni necessarie a impiegare gli oltre 9 milioni di giovani che entrano ogni anno nella forza lavoro.

Sempre meno allineata?
Un problema che il governo indiano sta cercando di risolvere anche cavalcando, in maniera pragmatica, le crisi geopolitiche odierne. Con l’aumento degli attriti tra Stati Uniti e Cina, molte aziende sono infatti alla ricerca di poli manufatturieri alternativi. Con un governo democraticamente eletto, una popolazione anglofona e un’offerta di manodopera qualificata in crescita, l’India sembrerebbe avere le carte in regola per accoglierle.
A offrire un’occasione ghiotta è stata anche l’invasione russa dell’Ucraina. Le sanzioni occidentali hanno ridotto il costo del petrolio russo, che le raffinerie indiane acquistano in quantità per poi rivendere i prodotti finiti (come benzina e diesel) anche in Occidente. E strizzare l’occhio a Mosca potrebbe anche servire a evitare un rafforzamento eccessivo dell'asse Russia-Cina, le cui conseguenze si ripercuoterebbero sull’intera regione asiatica, se non sul mondo.
Per quanto ancora l’equilibrismo di Delhi si dimostrerà una strategia vincente?

Oggi alle 18.00 parleremo dei Pentagon leaks e delle conseguenze geopolitiche della fuga di informazioni. Collegati a questo link: https://www.ispionline.it/it/evento/pentagon-leaks-tra-guerra-dintelligence-e-disinformazione
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2023-04-19 18:48:13
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2023-04-19 18:47:58 GAS, EUROPA: CHI LA DURA LA VINCE?

Mezzo pieno...

È finito l’inverno e gli stoccaggi di gas europei sono pieni per oltre la metà (57%). Un risultato che lascia l’Ue in una posizione confortevole al termine della stagione di riscaldamento, smentendo le aspettative degli esperti di inizio autunno (e le minacce di Gazprom che prospettava un’Europa congelata).
Netto il contrasto con lo scorso anno, quando la riduzione delle forniture da Mosca aveva portato la crisi energetica sul nostro continente e costretto l’Ue ad aumentare le importazioni di Gnl per arrivare preparati all’inverno. Oggi, invece, con il livello medio degli stoccaggi europei di circa 25 punti percentuali al di sopra della media 2015-2019 (31%), l’Ue sembrerebbe aver superato il periodo più critico della crisi energetica.
Sarà vero?

... o mezzo vuoto?
Quest'anno l’Ue è stata fortunata, potendo contare su un inverno particolarmente mite che ha permesso una riduzione dei consumi per il riscaldamento. Le temperature medie europee fra ottobre e marzo sono state di ben 2,4°C più alte rispetto alla media 1901-2000, e nei mesi di ottobre e gennaio addirittura le maggiori mai registrate. Una buona notizia per l’Ue (meno per il riscaldamento globale) che potrebbe però non ripetersi in futuro.
C'è poi una seconda considerazione: l’Ue non ha mai davvero fatto a meno delle forniture di gas russo, tanto nel 2022 (83 miliardi di metri cubi annui – Gmc/a), quanto nel 2023 (ai flussi attuali, 50 Gmc/a). Sebbene ormai scese a un terzo rispetto al periodo pre-crisi, le importazioni di gas russo nel 2023 rimangono il 14% di quelle totali. Volumi fondamentali sia per Mosca (che non può più contare sugli extra-profitti della crisi), sia per l’Ue.

Dura a morire
Eppure, secondo la Commissaria Ue dell’energia Kadri Simson, alcuni Stati membri saranno presto in grado fare a meno del gas russo grazie all’aumento della “quota di energie rinnovabili e diversificando ulteriormente le fonti”. Certo, gli investimenti in rinnovabili in Europa hanno accelerato, ma i 760 miliardi di euro spesi per abbassare le bollette hanno sottratto risorse alla transizione.
La “confortevole” (parola di Simson) posizione attuale non è poi così solida: per riempire gli stoccaggi al 90% entro il 30 settembre l’UE avrà ancora bisogno del gas russo e, soprattutto, non potrà permettersi ulteriori crisi con i suoi fornitori. Siano queste per ragioni tecniche, come con l’Algeria, che non sembra riuscire a mantenere la promessa di 9 Gmc in più già da quest’anno. O politiche, come con l’Azerbaigian, dove il governo di Baku poco gradisce l’interferenza europea nella crisi con la vicina Armenia.
Insomma, il miraggio dell’indipendenza energetica europea crea nuove dipendenze.

Sezioni chiuse e diversi fermi tra gli iscritti: all’indomani dell’arresto di Rachid Ghannouchi, leader del partito islamista di opposizione Ennahda, sulla Tunisia cala la scure della repressione politica. Ne parliamo nell’ISPI Daily focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-deriva-autoritaria-in-tunisia-126138

Domani alle 18.00 all’ISPI parleremo dei Pentagon leaks e delle conseguenze politiche, e geopolitiche. della fuga di informazioni. Registrati e partecipa:
https://www.ispionline.it/it/evento/pentagon-leaks-tra-guerra-dintelligence-e-disinformazione
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