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Resta aggiornato sulle ultime analisi e discussioni sulla politica internazionale, le crisi globali e le dinamiche geopolitiche direttamente dalla voce autorevole dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.
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Gli ultimi messaggi 11

2023-04-21 19:29:48
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2023-04-21 19:29:41 UCRAINA: PROMESSE DIFFICILI DA MANTENERE

Promessa con riserva (di munizioni)
“La Nato è al vostro fianco oggi, domani e fino a quando sarà necessario”. Con queste parole il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg ha voluto rassicurare il presidente ucraino Zelensky durante una visita a sorpresa ieri a Kiev. Un incontro di particolare importanza. Non solo perché è il primo di Stoltenberg dall’inizio della guerra, ma anche perché giunge contestualmente alle “strigliate” del ministro degli Esteri ucraino Kuleba all’Ue.
Kiev sottolinea la lentezza dei rifornimenti da parte dei paesi europei, che però stentano a mantenere la produzione promessa. Già a marzo, il Consiglio europeo aveva adottato una misura da 1 miliardo di euro per rimborsare agli Stati membri le munizioni donate all’Ucraina, promettendo poi di contribuire con l'invio di 1 milione di proiettili entro la fine dell'anno.

Più facile a dirsi che a farsi
Delle divergenze tra i paesi membri sui contratti per l'acquisto delle munizioni stanno però rallentando le forniture, facendo sorgere dubbi a Kiev sulla capacità dell’Ue di mettere in atto quanto promesso. Eppure, alcune capitali europee sostengono che tutto sta procedendo secondo i piani, e che un primo lotto di munizioni da 250.000 proiettili verrà trasferito in Ucraina prima di fine maggio.
Ma i dubbi rimangono, soprattutto sulle effettive capacità dell’industria bellica europea di produrre un simile quantitativo di munizioni. Secondo delle stime di febbraio, l’Ucraina consumerebbe tra i 60.000 e i 210.000 proiettili al mese, a fronte dei soli 25.000 proiettili prodotti in Europa nello stesso arco di tempo. Per rispondere alle esigenze interne e dell’esercito ucraino, l’industria della difesa Ue dovrebbe quindi accrescere la propria produzione di circa sette volte. Insomma, una promessa più facile a dirsi che a farsi.

Per qualche carro armato in più
Mentre Bruxelles arranca, Washington annuncia l’invio di un nuovo pacchetto di aiuti militari dal valore di 325 milioni di dollari. Un pacchetto che va ad aumentare lo stacco tra gli aiuti americani e quelli europei. Anche se, nei giorni scorsi, alcuni Paesi membri dell’Ue hanno avallato nuovi aiuti a sostegno di Kiev. Proprio ieri, Danimarca e Paesi Bassi hanno fatto sapere che doneranno congiuntamente 14 carri armati Leopard 2. Già a marzo, Polonia e Slovacchia avevano aperto rispettivamente all’invio di 4 e 13 caccia MiG-29. Un numero forse destinato a salire nei prossimi giorni: sempre Stoltenberg ha dichiarato che nell’incontro a Ramstein di oggi, la NATO discuterà della fornitura di aerei all’Ucraina. Un’eventualità che, fino a poco tempo fa, non veniva neppure presa in considerazione.
Basteranno il viaggio di Stoltenberg e le nuove promesse a rinsaldare la fiducia e sciogliere l’impasse?

Che cosa sta succedendo in Sudan? Ne parliamo nel nuovo episodio di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica. Ascoltalo qui: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-quali-sono-le-conseguenze-del-conflitto-in-sudan-126442

Occhi puntati sulla Turchia, che il 14 maggio va ad elezioni dall’esito incerto. E il candidato di opposizione sfida Erdogan: “Io sono un alevita”. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi:
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/turchia-al-bivio-126453
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2023-04-20 18:54:52
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2023-04-20 18:54:44 INDIA: IL SORPASSO

Un nuovo gigante asiatico
L'India sta per superare la Cina come paese più popoloso al mondo. Mentre la popolazione cinese è entrata in una fase di declino e invecchiamento demografico, quella del Paese del subcontinente indiano continuerà a crescere almeno fino a metà di questo secolo diventando (probabilmente entro il 2030) il primo e unico stato al mondo a superare il miliardo e mezzo di abitanti.
Ma l’India non cresce solo dal punto di vista demografico. Il Pil del Paese ha recentemente superato quello del Regno Unito, attestandosi a quinta economia mondiale, e si appresta a superare anche la Germania entro il 2027. In un mondo che rallenta, l’economia indiana continua a crescere a un ritmo superiore a tutte le altre grandi economie del mondo (+6,9% atteso per il 2023, contro il +4,3% della Cina).
In questa lunga maratona, Pechino e New Delhi stanno per darsi il cambio?

In mezzo al guado
Non proprio. Malgrado il primato demografico, sono molte le sfide che l'India dovrà affrontare per non restare indietro sul piano economico e geopolitico. A cominciare da una povertà diffusa (il 10% della popolazione vive con meno di $2,15 al giorno, contro lo 0,1% cinese), la mancanza di posti di lavoro sufficienti per una popolazione così numerosa e un settore informale ancora preponderante. Una situazione che, pur in fase di espansione economica, aggrava le disuguaglianze e aumenta il rischio di instabilità sociale.
Per sfruttare il potenziale del dividendo demografico, e di una popolazione attiva che raggiungerà il 61% del totale entro metà secolo, sarà quindi fondamentale adottare riforme che facciano emergere gran parte dell’economia attualmente sommersa – senza dimenticare l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, che in India è inferiore al 50% – e aiutare i privati a investire nelle nuove occupazioni necessarie a impiegare gli oltre 9 milioni di giovani che entrano ogni anno nella forza lavoro.

Sempre meno allineata?
Un problema che il governo indiano sta cercando di risolvere anche cavalcando, in maniera pragmatica, le crisi geopolitiche odierne. Con l’aumento degli attriti tra Stati Uniti e Cina, molte aziende sono infatti alla ricerca di poli manufatturieri alternativi. Con un governo democraticamente eletto, una popolazione anglofona e un’offerta di manodopera qualificata in crescita, l’India sembrerebbe avere le carte in regola per accoglierle.
A offrire un’occasione ghiotta è stata anche l’invasione russa dell’Ucraina. Le sanzioni occidentali hanno ridotto il costo del petrolio russo, che le raffinerie indiane acquistano in quantità per poi rivendere i prodotti finiti (come benzina e diesel) anche in Occidente. E strizzare l’occhio a Mosca potrebbe anche servire a evitare un rafforzamento eccessivo dell'asse Russia-Cina, le cui conseguenze si ripercuoterebbero sull’intera regione asiatica, se non sul mondo.
Per quanto ancora l’equilibrismo di Delhi si dimostrerà una strategia vincente?

Oggi alle 18.00 parleremo dei Pentagon leaks e delle conseguenze geopolitiche della fuga di informazioni. Collegati a questo link: https://www.ispionline.it/it/evento/pentagon-leaks-tra-guerra-dintelligence-e-disinformazione
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2023-04-19 18:48:13
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2023-04-19 18:47:58 GAS, EUROPA: CHI LA DURA LA VINCE?

Mezzo pieno...

È finito l’inverno e gli stoccaggi di gas europei sono pieni per oltre la metà (57%). Un risultato che lascia l’Ue in una posizione confortevole al termine della stagione di riscaldamento, smentendo le aspettative degli esperti di inizio autunno (e le minacce di Gazprom che prospettava un’Europa congelata).
Netto il contrasto con lo scorso anno, quando la riduzione delle forniture da Mosca aveva portato la crisi energetica sul nostro continente e costretto l’Ue ad aumentare le importazioni di Gnl per arrivare preparati all’inverno. Oggi, invece, con il livello medio degli stoccaggi europei di circa 25 punti percentuali al di sopra della media 2015-2019 (31%), l’Ue sembrerebbe aver superato il periodo più critico della crisi energetica.
Sarà vero?

... o mezzo vuoto?
Quest'anno l’Ue è stata fortunata, potendo contare su un inverno particolarmente mite che ha permesso una riduzione dei consumi per il riscaldamento. Le temperature medie europee fra ottobre e marzo sono state di ben 2,4°C più alte rispetto alla media 1901-2000, e nei mesi di ottobre e gennaio addirittura le maggiori mai registrate. Una buona notizia per l’Ue (meno per il riscaldamento globale) che potrebbe però non ripetersi in futuro.
C'è poi una seconda considerazione: l’Ue non ha mai davvero fatto a meno delle forniture di gas russo, tanto nel 2022 (83 miliardi di metri cubi annui – Gmc/a), quanto nel 2023 (ai flussi attuali, 50 Gmc/a). Sebbene ormai scese a un terzo rispetto al periodo pre-crisi, le importazioni di gas russo nel 2023 rimangono il 14% di quelle totali. Volumi fondamentali sia per Mosca (che non può più contare sugli extra-profitti della crisi), sia per l’Ue.

Dura a morire
Eppure, secondo la Commissaria Ue dell’energia Kadri Simson, alcuni Stati membri saranno presto in grado fare a meno del gas russo grazie all’aumento della “quota di energie rinnovabili e diversificando ulteriormente le fonti”. Certo, gli investimenti in rinnovabili in Europa hanno accelerato, ma i 760 miliardi di euro spesi per abbassare le bollette hanno sottratto risorse alla transizione.
La “confortevole” (parola di Simson) posizione attuale non è poi così solida: per riempire gli stoccaggi al 90% entro il 30 settembre l’UE avrà ancora bisogno del gas russo e, soprattutto, non potrà permettersi ulteriori crisi con i suoi fornitori. Siano queste per ragioni tecniche, come con l’Algeria, che non sembra riuscire a mantenere la promessa di 9 Gmc in più già da quest’anno. O politiche, come con l’Azerbaigian, dove il governo di Baku poco gradisce l’interferenza europea nella crisi con la vicina Armenia.
Insomma, il miraggio dell’indipendenza energetica europea crea nuove dipendenze.

Sezioni chiuse e diversi fermi tra gli iscritti: all’indomani dell’arresto di Rachid Ghannouchi, leader del partito islamista di opposizione Ennahda, sulla Tunisia cala la scure della repressione politica. Ne parliamo nell’ISPI Daily focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-deriva-autoritaria-in-tunisia-126138

Domani alle 18.00 all’ISPI parleremo dei Pentagon leaks e delle conseguenze politiche, e geopolitiche. della fuga di informazioni. Registrati e partecipa:
https://www.ispionline.it/it/evento/pentagon-leaks-tra-guerra-dintelligence-e-disinformazione
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2023-04-18 19:14:51
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2023-04-18 19:14:45 CINA: RIPARTENZA AD OSTACOLI

Oltre le aspettative
+4,5%. Questa è la crescita del Pil cinese nel primo trimestre del 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022. Un risultato oltre le attese degli economisti (4%) che testimonia il rimbalzo dell’economia dopo la fine, a dicembre, della politica “zero Covid” e l’ondata pandemica che ne è seguita.
A spingere la ripresa sono stati soprattutto i consumi che segnano un +10,6% a marzo su base annua: il più grande aumento in due anni gonfiato però dal fatto che a marzo 2022 iniziava il lockdown di Shangai. Gli altri motori della crescita sono rappresentati dagli investimenti pubblici in infrastrutture (+8,8% annuo) e dal primo aumento in sei mesi delle esportazioni (+14,8%) complice il recupero degli ordini non evasi dai fornitori nei mesi pandemici.
Ma non è tutto oro quello che luccica.

Generazione mille yuan
Altri dati macro suggeriscono un quadro in chiaroscuro per la seconda maggiore economia mondiale. A partire dagli investimenti privati, la cui crescita debole a marzo (+0,6% vs 0,8 dei due mesi precedenti) segnala una certa cautela tra gli imprenditori cinesi sulle prospettive economiche a lungo termine.
Anche perché il settore immobiliare continua a essere in crisi profonda come testimonia il calo (-5,8%) degli investimenti in immobili nel primo trimestre. Parallelamente, il tasso di disoccupazione giovanile, al 19,6%, è aumentato per il terzo mese di fila, tornando vicino ai massimi dello scorso luglio (19,9%). Non ci sono solo sfide interne. Il ban di USA, Giappone e Paesi Bassi all’export verso Pechino di semiconduttori si sta facendo sentire sulle aziende cinesi del settore: -21% di produzione annua.
Nonostante tutto, il target di crescita del Pil sarà raggiunto.

Il Dragone in trappola?
Nel 2022 la crescita economica cinese è stata la più bassa dalla metà degli anni Settanta (se si esclude il 2020). Per il 2023 il governo cinese si è prefissato un target del 5% ma secondo Goldman Sachs potrà superare il 6% alla luce dei dati di questo trimestre. La vera sfida per Pechino è però sostenere un tale ritmo di crescita nei prossimi cinque anni in cui, stando alle ultime proiezioni del Fondo Monetario Internazionale, il Pil cinese aumenterà mediamente di meno del 4%, complice il calo demografico in atto.
Non vuol dire però che il peso di Pechino nell’economia mondiale vada ridimensionandosi. Anzi. Dall’inizio della guerra in Ucraina, la quota di mercato dello yuan su totale dei pagamenti internazionali è raddoppiata: dal 2 al 4,5%, non lontano dal 6% dell’euro.
Riuscirà Pechino a evitare la trappola del reddito medio?

Putin oggi ha visitato visita a Kherson e Luhansk. L’Europa, intanto, è alle prese con la disputa sul grano e l’allargamento dell’asse Russia-Cina. A che punto è il conflitto? Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ucraina-russia-visita-a-sorpresa-126062
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2023-04-17 19:14:07
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2023-04-17 19:14:00 UE-UCRAINA: LA GRANA DEL GRANO

La stretta degli alleati
Sabato il governo polacco ha annunciato lo stop alle importazioni di grano dall’Ucraina. Nonostante il fondamentale sostegno di Varsavia nei confronti di Kiev fin dall’inizio del conflitto (tra fornitura di armi, accoglienza dei profughi, coordinamento logistico-strategico e sostegno diplomatico), l’arrivo di milioni di tonnellate di cereali ucraini ha depresso i loro prezzi, e questo irrita da tempo gli agricoltori polacchi.
A causare questo malumore sono le cosiddette solidarity lanes per il trasporto di prodotti da e verso l’Ucraina all’Europa. Essenziali per dare una boccata d’ossigeno alla fragile economia ucraina (soprattutto di fronte all’instabilità della rotta del Mar Nero, attraverso i Dardanelli) queste ultime hanno però aperto le porte del mercato unico a ingenti carichi di cereali scontati.
Così il governo di Varsavia vacilla.

Il troppo stroppia
L’arrivo dei cereali ucraini in Est Europa ha avuto conseguenze in diversi Paesi: in Romania e in Bulgaria ha fatto crollare il prezzo del grano e dei semi di girasole, costringendo i contadini locali ad ammassare i raccolti nei silos, quando non a lasciar marcire il grano nei campi. Mentre in Polonia a risentirne è anche il mercato avicolo, con le importazioni di pollo ucraino cresciute dell’80% nell’ultimo anno.
Insomma, quella che era stata pensata come una misura per sostenere l’Ucraina e per scongiurare una crisi alimentare globale si sta rivelando un grattacapo per l’Europa, che a marzo 2023 ha importato un quantitativo di grano ucraino 10 volte maggiore a quello dello scorso anno senza riuscire a riesportarne molto verso il resto del mondo. Un eccesso che, quantomeno, sempre a marzo aveva contribuito a far scendere l’indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari ai livelli più bassi dall’inizio della guerra (da 156 a 122 punti – pur sempre il livello più alto dal 2011).

Seminare zizzania
La Polonia non è la sola a vietare il trasporto di grano ucraino: sulla scia di Varsavia, anche l’Ungheria di Viktor Orbán ha immediatamente annunciato lo stop alle importazioni. E non finisce qui. L’effetto domino interesserebbe poi la Bulgaria, dove si starebbe valutando l’introduzione di restrizioni simili.
Azioni e intenzioni che non fanno piacere a Bruxelles, che ha ribadito che la politica commerciale è competenza esclusiva dell’Ue, e che azioni unilaterali come quelle di Polonia e Ungheria “non sono accettabili”. Se la crisi di un anno fa derivava dall’impossibilità dell’Ucraina di esportare il proprio grano, oggi è la sua abbondanza (unita al fatto che quel grano sia bloccato in Europa) a generare i peggiori grattacapi.
Con la consapevolezza che, per “uscirne”, l’unica strada sarà trovare modi di far uscire quell’eccesso di cereali dall’Europa.

In Sudan la rivalità tra il presidente e il suo vice all’origine degli scontri che rischiano di sfociare in una guerra civile. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sudan-guerra-tra-signori-della-guerra-126001
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