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Gli ultimi messaggi 13

2023-04-06 19:57:44
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2023-04-06 19:57:40 UE-USA: RELAZIONI SEMPRE PIÙ TESE

Disaccordo transatlantico
Ancora nessun accordo fra Bruxelles e Washington sui dazi americani sulle importazioni di acciaio e alluminio. Imposti nel 2018 dall’ex presidente Donald Trump per motivi di sicurezza nazionale, le tasse frontaliere scatenarono un'ondata di protezionismo commerciale in tutto il mondo, nonché l’ira degli alleati d’oltreoceano. E anche se l'ascesa di Biden aveva portato ad una temporanea cessazione delle ostilità, la controversia con gli europei non è mai stata pienamente risolta.
Anzi, si è ravvivata: tanto che oggi Biden vorrebbe trasformarli in dazi “verdi”. La produzione di acciaio è una delle attività industriali più energivore e inquinanti al mondo. Per ridurre il suo impatto ambientale, la Casa Bianca vorrebbe imporre dazi su quello prodotto con metodi più inquinanti. Una strategia che permetterebbe di eliminare sia la sovracapacità produttiva mondiale, sia di ridurre le emissioni.
Ma perché l’Europa si oppone?

Doppi fini
Nella pratica, le divergenze con Bruxelles sono molteplici, come quelle sulle soglie per l'applicazione dei dazi. Molti poi i dubbi dei funzionari europei, che reputano i dazi in contrapposizione con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e contestano la linea troppo dura degli Usa contro Pechino. I dazi sulle importazioni di acciaio ottenuto tramite processi più inquinanti graverebbero infatti principalmente sulla Cina, leader mondiale nella produzione (53% del mercato).
Eppure, sostiene la Rappresentante per il commercio Usa Katherine Tai, i dazi di Biden sono funzionali alla transizione climatica. Mentre il tradizionale approccio liberista, che ha permesso a Pechino di fare dumping per acquisire sempre maggiori fette di mercato, è ormai inadeguato.

Tempismo imperfetto
Nel frattempo, però, Washington chiede per le proprie imprese l’esenzione dal Carbon Border Adjustment Mechanism, un nuovo dazio in discussione in Ue, che (se la proposta dovesse essere approvata) entrerebbe in vigore dal 2026, e che varierebbe in funzione della quantità di anidride carbonica emessa per produrre un bene in Paesi che non hanno un mercato della CO2 funzionante.
A quel punto, la UE avrebbe gioco più facile nell’ottenere a sua volta un’esenzione per le proprie imprese, perché possano anche loro beneficiare dell’enorme pacchetto di sussidi fiscali dell’Inflation Reduction Act. Questo, infatti, al momento è destinato all’industria americana e a quei paesi che hanno un accordo di libero scambio con gli Usa.
Si troverà un accordo, o le relazioni tra Washington e Bruxelles si faranno sempre più tese?

Macron e von der Leyen volano in Cina da Xi, ma con agende diverse, e il leader cinese non menziona la Russia. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/leuropa-alla-corte-di-xi-124844
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2023-04-05 19:45:56
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2023-04-05 19:45:26 TAIWAN TRA USA E CINA: LA SAGA CONTINUA

Un viaggio inaspettato
Un viaggio sgradito al governo cinese è, ancora una volta, l’occasione per riaccendere le tensioni internazionali che circondano Taiwan. La visita in questione è quella della presidente taiwanese Tsai Ing-wen negli Stati Uniti. Tappa in un tour che l’ha portata, facendo scalo a New York il 29 e 30 marzo, anche in Guatemala e Belize (due dei paesi dell’America Centrale che ancora hanno rapporti diplomatici con Taiwan), e poi di nuovo negli USA – oggi – per incontrare a Los Angeles lo speaker della camera Kevin McCarthy.
Tecnicamente, quindi, dovrebbe trattarsi di un innocuo “transito” e non di una visita non ufficiale, come già fatto altre sei volte dall’inizio della sua presidenza nel 2016. Ma per Pechino questo incontro tra la leader taiwanese e il terzo più alto funzionario governativo americano rappresenta molto di più.

Le relazioni pericolose
Già ad agosto 2022 la visita a Taipei della predecessora di McCarthy, Nancy Pelosi, aveva provocato un’escalation militare cinese intorno all’isola. Pechino si è più volte espressa contro un eventuale incontro tra Tsai e McCarthy, mettendo in guardia sulle possibili conseguenze. In questo caso, viste le circostanze del viaggio, la reazione cinese potrebbe essere però più moderata rispetto all’estate scorsa.
Ma l’incontro di oggi è l’ennesima crepa nel rapporto tra Washington e Pechino dopo che, tra decoupling e il caso dei palloni spia, l’ultimo anno ha visto le relazioni sinoamericane inasprirsi a livelli record. E Taiwan, con la sua posizione geografica e il suo ruolo da protagonista mondiale nel settore dei microchip, è uno dei grandi punti di contesa.

Tieni stretto gli amici
Stretta tra due fuochi, Taiwan vede montare la tensione intorno a sé. Non solo quella militare, ma anche quella diplomatica: solo 13 paesi hanno con Taipei legami formali, dopo che pochi giorni fa l’Honduras ha rescisso i propri rapporti ufficiali a favore di Pechino, dopo ben 82 anni. Un tempismo eloquente, che ha suscitato le ire di Tsai e del suo partito, il Democratic Progressive Party (DPP), che con la visita di oggi sembra voler riaffermare il proprio ruolo nello scacchiere internazionale.
Ma queste tensioni risuonano anche in casa. Taiwan si prepara infatti alle elezioni di gennaio 2024. E se il DPP difende l’autonomia dell’isola contro le ingerenze di Pechino, il Kuomintang (KMT) all’opposizione ha una linea molto più morbida nei confronti della Cina. Dove il suo esponente, l’ex presidente Ma Ying-jeou, è proprio in questi giorni in visita.
Queste due visioni sono destinate a scontrarsi sia dentro che fuori dall’isola. Quale prevarrà?

Dopo l’irruzione della polizia israeliana nella moschea di Al Aqsa, scontri e arresti alimentano la tensione in pieno Ramadan e alla vigilia della Pasqua ebraica. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-passione-di-gerusalemme-124592
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2023-04-04 19:36:15
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2023-04-04 19:36:10 NATO: L’UNIONE FA LA FORZA?

Fatto 30, facciamo 31
È ufficiale, da oggi la Finlandia è il 31esimo membro della NATO. Un momento storico, che segna la fine di un processo iniziato lo scorso maggio quando, in seguito all'invasione russa dell'Ucraina, Helsinki (e Stoccolma) decisero di abbandonare decenni di non allineamento militare e di presentare la propria candidatura per l’ingresso nell’Alleanza Atlantica.
L'invasione sembrava aver ridato vigore (e una ragion d’essere) alla NATO, che si è dimostrata in grado di rispondere in maniera determinata all’aggressione russa dell’Ucraina. Da una parte, fornendo supporto umanitario, logistico e soprattutto militare a Kiev. Dall'altra, insidiando il Cremlino, sempre più circondato e ora costretto a rafforzare le difese anche sui 1.300 km di confine con la Finlandia.
Segno di una NATO sempre più forte e unita?

L'apparenza inganna
Sì e no. La discussione sugli aiuti di lungo periodo all’Ucraina distoglie l’attenzione da una questione più problematica: sull'adesione di Kiev all'alleanza non c’è consenso. E, come per l’Ucraina, le divisioni interne tengono in ostaggio da mesi anche la candidatura della Svezia, con i veti incrociati di Turchia e Ungheria.
Le tensioni non mancano nemmeno fra gli stessi membri dell'Alleanza: dal conflitto "freddo” fra Turchia e Grecia, agli sguardi indiscreti su Ankara per il suo rapporto ambiguo con Mosca (da cui fino a qualche anno fa comprava i sistemi missilistici S-400, mentre oggi sembra aiutarla ad aggirare alcune sanzioni occidentali).
C'è poi la questione del budget: la maggior parte dei membri non raggiungono l’obiettivo comune del 2% di spesa militare sul Prodotto interno lordo, né sembrerebbero intenzionati a farlo, avanzando dubbi sul supporto futuro a Kiev.

Ultima spiaggia?
A bloccare l’aumento del budget militare dei governi europei c’è anche l’opinione pubblica. Se un anno fa la condanna all'invasione russa era unanime, oggi non tutti i paesi vedono di buon occhio il suo protrarsi nel tempo. Se in Estonia, Polonia, Danimarca e Gran Bretagna, la maggior parte della popolazione sostiene l’invio di armi per la riconquista dei territori ucraini occupati, anche a costo di un prolungarsi della guerra, in Italia e in Romania si preferirebbe un accordo di pace.
Insomma, fra l’incertezza del budget futuro e le difficoltà dell’industria bellica occidentale nel rifornire gli arsenali ucraini, molto dipenderà dalla controffensiva nei prossimi mesi. Un'ultima opportunità per Kiev per recuperare i territori occupati, prima di una (possibile) ripresa dei negoziati di pace con Mosca?
Riuscirà l’Alleanza Atlantica a tenere tutti sotto lo stesso tetto?

L’invasione russa dell’Ucraina ha messo alla prova i rapporti tra Stati Uniti e Unione Europea, rilanciato il ruolo della Nato. Come sono cambiati i rapporti transatlantici? Scoprilo il 5 e il 6 maggio nel nuovo corso online della ISPI School. Ultime due settimane per iscriversi: https://www.ispionline.it/it/corsi/lunione-europea-e-la-politica-estera-degli-stati-uniti-modalita-web-live-37004

Tra poche ore Donald Trump si presenterà al tribunale di Manhattan per la formalizzazione dell'incriminazione a suo carico per la vicenda Stormy Daniels. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/stati-uniti-il-d-day-di-donald-trump-124217
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2023-04-03 19:11:19
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2023-04-03 19:11:12 UE: TIRO ALLA FUNE SU PECHINO

Lo strano duo
Oggi in agenda, pranzo a Parigi tra Macron e von der Leyen. Al centro delle discussioni il loro viaggio in Cina, di questa settimana, per incontrare Xi Jinping. L’obiettivo principale del duo europeo è allontanare Pechino da Mosca, ribadendo che il sostegno cinese (specialmente militare) al Cremlino avrebbe delle conseguenze nei rapporti sino-europei.
Parallelamente, si vuole capire se il ruolo della Cina come peacemaker in Ucraina è un bluff, sulla scia di quanto fatto dal premier spagnolo Sanchez nel suo bilaterale con Xi della settimana scorsa, in cui lo ha sollecitato a parlare con Zelensky. Di chiamate cinesi a Kiev per ora non c’è traccia. Dopo i falliti tentativi come pacificatore con Putin alla vigilia dell’invasione, Macron ci riprova quindi con Xi. Ma non si parlerà solo di diplomazia.

Falchi, colombe e A380
Macron porterà con sé una nutrita delegazione di imprenditori, tra cui rappresentanti di Airbus che potrebbe trattare un nuovo accordo con Pechino dopo quello sostanzioso del 2019 (ordine da 30 miliardi di euro per 300 aerei). Un appeasement commerciale non propriamente in linea con il discorso della settimana scorsa di von der Leyen sulla Cina al MERICS, think tank tedesco sotto sanzioni cinesi.
Qui la presidente della Commissione ha fatto un appello per nuove restrizioni alle esportazioni e agli investimenti europei in Cina in settori sensibili, e accusato Pechino di voler creare un nuovo ordine mondiale sinocentrico. Insomma, propone una politica europea di "de-risking" da Pechino che però si avvicina al “decoupling” di stampo americano .
Macron ha dichiarato che la presenza della von der Leyen serve per parlare "con una voce unica”. Ma emerge chiaramente un coro europeo di voci sulla Cina.

CAI si rivede
Per la prima volta, von der Leyen ha fatto anche espliciti riferimenti alla possibilità di mettere una pietra sopra il Comprehensive Agreement on Investment (CAI), l’accordo sugli investimenti con Pechino concluso nel 2020 ma mai ratificato dal Parlamento europeo a causa delle polemiche sulle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. Più di un alto funzionario europeo vede però il CAI come lo strumento migliore per convincere Pechino ad allontanarsi da Mosca in favore di Bruxelles.
A un suo rilancio aveva ammiccato Olaf Scholz durante la sua visita a Xi dello scorso novembre. Ma anche Sanchez, pur senza menzionarlo, ha parlato della volontà di un migliore equilibrio nelle relazioni commerciali con Pechino, all’insegna di "trasparenza" e "parità di condizioni”. Quello che il CAI si prefiggeva di ottenere.
La Commissione reputa fallita la dottrina tedesca del “wandel durch Handel”, l’occidentalizzazione della Cina attraverso il commercio. E gli Stati membri?

Donald Trump è il primo ex presidente degli Stati Uniti incriminato per accuse penali, e domani potrebbe scattare il suo arresto. Quali conseguenze avrà? Ne parleremo domani alle 18.00 nella nostra tavola rotonda online. Registrati per partecipare: https://www.ispionline.it/it/evento/trump-incriminato-fine-della-corsa-alla-casa-bianca
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2023-03-31 18:52:22
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2023-03-31 18:52:17 FINLANDIA: ALLEANZA SENZA MARIN?

Talento inNATO?
Nei prossimi giorni Helsinki entrerà nella NATO... ma forse con un diverso primo ministro. Sono giornate concitate per la Finlandia chiamata alle urne domenica, e impegnata nelle ultime formalità per diventare il 31esimo membro dell’Alleanza Atlantica dopo aver ieri incassato il voto di ratifica della sua adesione dall’ultimo dei 30 parlamenti NATO che mancava all’appello: quello turco.
Una svolta epocale per un Paese tradizionalmente neutrale, ottenuta sotto la guida della premier socialdemocratica Sanna Marin. Nonostante vanti una gestione virtuosa della pandemia durante il suo governo e abbia traghettato nelle acque agitate della crisi ucraina, negli ultimi sondaggi si trova a dover inseguire. Lo scenario al momento più probabile è quello di un governo formato dai centristi di Coalizione nazionale e dai sovranisti del partito dei Finlandesi. Che divergono però su molti temi.

It’s the economy, stupid
Riikka Purra, la leader del partito dei Finlandesi, ha posizioni apertamente anti-Europa e anti-migranti. Durante la campagna elettorale ha dichiarato che l’obiettivo a lungo termine del suo partito è l’uscita dall’UE e ha definito come “non necessaria” la politica climatica. Idee non propriamente condivise da un partito come Coalizione nazionale, saldamente ancorato al Partito Popolare Europeo.
In comune hanno però l’intenzione di tagliare la spesa per ridurre il rapporto tra debito e Pil: dal 73% attuale (comunque inferiore alla media UE dell’85%) al 60% previsto dai trattati europei. Al contrario, Marin propone politiche anti-austerity e nuovi investimenti.
Insomma, più dell’adesione storica alla NATO, condivisa da tutti i partiti, è l’economia il vero fattore di questa campagna elettorale.

Fatto 31...
Per una Finlandia presto nella NATO c’è una Svezia che ancora attende la ratifica del parlamento ungherese e di quello turco. Stoccolma ha modificato la sua legislazione antiterrorismo che entrerà in vigore all'inizio di giugno, venendo così incontro alle richieste turche che contestava la posizione di Stoccolma sui curdi. Erdoğan avrebbe quindi la possibilità di rivendicare una vittoria ma, nel mezzo della complicata campagna presidenziale, chiede anche la consegna di decine di persone che considera terroristi. Una proposta che la Svezia non può accettare.
Il veto ungherese sembra invece un tentativo di ottenere lo sblocco dei 6,3 miliardi di euro di fondi europei di coesione previsti per Budapest ma congelati dalla Commissione per il mancato rispetto dello Stato di diritto. Ecco, quindi, che le iniziali tempistiche previste di un ingresso della Svezia nella NATO entro il vertice dell’alleanza di luglio a Vilnius sembrano tutt’altro che certe.
A quando una NATO con 32 membri?

La riforma del sistema pensionistico portata avanti dal presidente francese Macron ha scatenato proteste e scioperi in tutta la Francia. Quale futuro immagina Macron per il paese? Ne parliamo nel nuovo episodio di Gobally, il nostro podcast sulla geopolitica: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-il-futuro-della-francia-immaginato-da-macron-123366
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