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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

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Il mondo in tasca

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Gli ultimi messaggi 5

2023-05-28 22:59:13 In Turchia Recep Tayyip Erdogan ha vinto al ballottaggio delle elezioni presidenziali, contro l'oppositore Kemal Kilicdaroglu. Secondo i risultati preliminari, con circa il 52% dei voti il presidente uscente sarà riconfermato per altri cinque anni.
Dall'inflazione alla guerra in Ucraina, ecco tutte le sfide politiche, economiche e internazionali che aspettano il paese nello speciale ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/turchia-rieletto-erdogan-autocrate-resiliente-128828
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2023-05-26 19:39:15
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2023-05-26 19:39:09 USA VS WAGNER: SANZIONI IN CORSO

Sanzioni su sanzioni
Continuano le sanzioni da parte di Washington nei confronti del gruppo Wagner, l’organizzazione paramilitare russa legata a doppio filo alle operazioni di politica estera del Cremlino. Ieri, il ministero del Tesoro statunitense ne ha emesse nei confronti di Ivan Maslov, personalità chiave dei paramilitari russi e di fatto capo operativo delle sue attività in Mali. Il gruppo è infatti attivo nel paese dal 2021, affiancando le Forze armate maliane (FAMA) nelle attività di controinsorgenza dopo la rottura tra Bamako e Parigi.
Ma le sue operazioni sul campo hanno un bilancio pesante, con accuse di violenze e violazione dei diritti umani a danno della popolazione civile. Come nel caso del massacro di Moura nel marzo 2022: secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, nella città maliana sarebbero state uccise più di 500 persone per mano delle FAMA e di “personale militare straniero”. Proprio per questo episodio, sono caduti nel mirino delle sanzioni anche due ufficiali maliani.

Cattive influenze
Nel continente africano, il braccio armato del Cremlino svolge operazioni di vario genere: supporto militare, campagne di disinformazione, estrazione illegale di pietre e metalli preziosi, traffico di armi. Proprio il presunto spostamento illecito di equipaggiamento e munizioni dal Mali all’Ucraina avrebbe convinto Washington a sottoporre Maslov a sanzioni.
Secondo il comunicato stampa della Casa Bianca, la presenza di Wagner in Africa sarebbe “una forza destabilizzante per qualsiasi paese che permetta il dispiegamento delle risorse del gruppo nel proprio territorio sovrano”. Sempre ieri, gli Stati Uniti hanno accusato il gruppo paramilitare di aver fornito missili terra-aria alle Rapid Support Forces di “Hemedti” Mohammed Hamdan Dagalo, una delle due parti del conflitto in Sudan, contribuendo così all’escalation di violenza nel Paese.

Non dire Wagner se non ce l’hai nel sacco
Già a marzo, gli USA avevano designato il gruppo “organizzazione transnazionale criminale” e imposto sanzioni ai suoi vertici, Yevgeny Prigozhin e Dmitriy Utkin. Le misure finora annunciate bersagliano enti ed individui riconducibili all’organizzazione. Ed è il caso dello stesso Maslov. Quest'ultimo non potrà più detenere asset e proprietà negli States, ma non è chiaro se e come queste sanzioni possano effettivamente ostacolare le attività dei paramilitari in Africa. Insomma, un’arma spuntata per gli sforzi dell’amministrazione Biden di contrastare Wagner.
Nel frattempo, dopo averne ultimato la conquista, Prigozhin ha dichiarato che i suoi mercenari lasceranno il controllo della città di Bakhmut all’esercito regolare russo entro il 1° giugno. Che il parziale ritiro dal Donbass preannunci un maggiore attivismo in Africa nel futuro?

Perché USA e Cina si stanno facendo la guerra sui semiconduttori? E perché questo è un problema che riguarda anche l’Europa? Ne parliamo nel nuovo episodio di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica:https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/podcast-globally-la-guerra-dei-semiconduttori-130017
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2023-05-25 19:01:52
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2023-05-25 19:01:45 GERMANIA: MOTORE IN PANNE 

Locomotiva... a rilento 
Adesso è ufficiale: la Germania è in recessione. Secondo Destatis, l’agenzia statistica federale tedesca, nei primi tre mesi di quest’anno il PIL tedesco è diminuito dello 0,3%, contrazione che va a sommarsi al –0,5% fatto registrare nell’ultimo trimestre del 2022. 
Particolarmente colpiti i consumi domestici (-1,2%), con l’inflazione che ha eroso il potere d’acquisto delle persone. Ma calano anche le vendite di autovetture, che in questi anni hanno spesso trainato la crescita tedesca. E a contrarsi (di quasi il 5%) è stata persino la spesa pubblica
Così, a ormai tre anni dallo sbarco del nuovo coronavirus in Europa, Berlino si ritrova con livelli di prodotto interno lordo ancora inferiori a quelli pre-pandemici. 

Effetto contagio? 
Nemmeno l’immediato futuro sembra roseo per Berlino: ad aprile il Fondo monetario internazionale stimava sul 2023 una riduzione del PIL tedesco dello 0,1%. Sarebbe la peggior performance tra le economie avanzate, dopo che proprio l’Fmi martedì ha rivisto al rialzo le aspettative di crescita britanniche da un -0,3% a un +0,4%. 
Come se non bastasse, ieri l'indice di fiducia delle imprese tedesche è diminuito per la prima volta da ottobre, quando il Paese sembrava sull’orlo del precipizio della crisi energetica. Crisi che non è stata grave quanto temuto (“grazie” alla frenata della produzione industriale, ma anche e soprattutto al clima mite), ma che evidentemente continua a mettere in difficoltà i Paesi europei. In particolare quelli, come Italia e Germania, il cui sistema energetico dipende ancora molto dal gas (rispettivamente 43% e 26% del mix energetico, contro il 17% francese). 

Magro bilancio 
Così oggi il governo federale non può contare sulla ripresa economica per chiudere un buco di bilancio che sul 2024 stima intorno ai 22 miliardi di euro. E la prospettiva di dover ridurre la spesa pubblica non fa che accentuare le divisioni della coalizione di governo, con verdi e liberal-democratici arroccati su posizioni sempre più distanti, e che per restare aggrappati alla “coalizione semaforo” vorrebbero più soldi per i loro ministeri, non meno. 
Tagli su tutta la linea, dunque? Quasi. A fare eccezione sarebbe la Difesa, dal momento che Berlino vorrebbe rispettare gli impegni presi con la Zeitenwende, la “Svolta epocale” annunciata da Scholz dopo l’invasione russa dell’Ucraina, di portare il bilancio della difesa al 2% del PIL. E di chi è il ministero della Difesa? Dei socialdemocratici. 
Tempi di austerity, dunque, per uno dei Paesi più “austeri” dell’Unione europea. Ma non c’è Schadenfreude che tenga: tirare la cinghia in Germania non farà bene a nessuno. 

Domenica 28 maggio, nel decimo anniversario delle proteste di Gezi Park, in Turchia si terrà il ballottaggio per le presidenziali tra Erdogan e Kilicdaroglu: una sfida che va ben oltre i confini del paese. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-turchia-al-ballottaggio-129966
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2023-05-24 19:33:01
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2023-05-24 19:32:55 I MICRON-CHIP DELLA DISCORDIA

Divorzio high-tech
È saltato un altro anello della supply chain globale della tecnologia. Micron, una delle più importanti società al mondo per la fabbricazione di memory chip, sarà tagliata fuori dal mercato interno della Cina (il cui mercato vale l’11% del suo fatturato annuo). O, per lo meno, questo è quello che sembra trasparire nella decisione presa dalla Cyberspace Administration of China (CAC).
Dopo che lo scorso mese la società statunitense era stata messa sotto esame, domenica è arrivato il verdetto della CAC. Che è stato duro quanto molti si aspettavano: nessun microchip prodotto da Micron potrà essere incorporato nelle infrastrutture critiche cinesi, che a Pechino significano telecomunicazioni, energia, trasporti, finanza e difesa.
In una nota pubblica, la CAC ha detto che “i prodotti di Micron hanno seri problemi di cyber-sicurezza e pongono un grosso rischio alle supply chain delle infrastrutture informatiche critiche della Cina”. Il cosiddetto decoupling tecnologico è sempre più vicino?

Occhio per occhio
Da anni Cina e Stati Uniti conducono un duello serrato per il predominio tecnologico. E a soffrirne è in primis l’industria stessa dei microchip, come ricordato questa mattina da Jensen Huang, l’amministratore delegato di Nvidia (una delle società più importanti e avanzate nel settore del design di microchip). “Se [la Cina] non potrà comprare dagli Stati Uniti, allora li costruirà da sé”, ha detto al Financial Times.
Il divieto stabilito da Pechino è solo l’ultima mossa di un gioco più ampio. Lo scorso anno Biden aveva vietato le esportazioni di microchip avanzati (inclusi quelli prodotti sui design di Nvidia) verso la Cina. Una misura dal potenziale devastante, visto che la Cina è il primo mercato al mondo per i microchip: nel 2021 l’import era di ben $171 miliardi, un valore secondo solo all’import cinese di petrolio.

Tra Micron e Pechino non mettere il dito
Ma il problema non riguarda solo Cina e Stati Uniti. Perché nel mercato dei memory chip le società cinesi non hanno ancora le capacità per soppiantare Micron, ma quelle sudcoreane invece sì. Samsung e SK Hynix sono due leader del settore, con una presenza in Cina già ben consolidata.
L’esclusione di Micron dal mercato cinese potrebbe aprire nuove fette di mercato per le due società, che però si verrebbero a trovare in una posizione molto scomoda, visto che gli Stati Uniti hanno lanciato un monito per non colmare il deficit che l’esclusione di Micron creerebbe nel mercato cinese.
Per Seoul si tratta di un dilemma complicato. Da un lato c’è l’interesse commerciale di due società al centro dell’economia nazionale. Dall’altro, un alleato strategico tanto più necessario in un momento di incertezza nella penisola coreana come questo. Quale interesse prevarrà?

Dal 25 al 27 maggio ISPI parteciperà al Festival dell’Economia di Trento. Lo farà portando in scena la geopolitica, con uno spettacolo e quattro panel, ospiti d’eccezione, collegamenti dal mondo e, naturalmente, i suoi migliori esperti di politica internazionale. Tutte le informazioni qui: https://www.ispionline.it/it/la-geopolitica-va-in-scena-ispi-al-festival-di-trento
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2023-05-23 18:41:11
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2023-05-23 18:41:02 COMMERCIO INTERNAZIONALE: RISCHIO NAUFRAGIO? 

Nessuna domanda 
Cosa ci fanno migliaia di container vuoti ammassati nei porti della Cina? Sembra l’inizio di una barzelletta, ma c’è poco da ridere. La società di ricerca e consulenza marittima Drewry ha infatti rilasciato ieri le stime sulla fabbricazione di container per il primo trimestre del 2023, e il quadro è preoccupante. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la produzione è diminuita del 71%. 
Il motivo di questa flessione risiede soprattutto nel calo della domanda di beni che ha caratterizzato il periodo post-pandemia. Se durante i lockdown la richiesta di merci aveva toccato picchi altissimi, negli ultimi mesi l’allentamento delle restrizioni ha causato una brusca frenata. Inflazione, crisi energetica e un generale rallentamento dell’economia hanno fatto il resto. Così, dopo il boom del 2021, ora il commercio di prodotti fisici ristagna. E, di colpo, quei container fabbricati per rispondere all’emergenza rimangono ad arrugginire nei porti della Cina, il principale produttore. 

Corsi e ricorsi 
Certo, bisogna mettere le cose in prospettiva. Nel 2021 la produzione di container era più che raddoppiata rispetto al 2020, superando le sette milioni di unità. Il successivo calo è quindi, per certi versi, fisiologico. Nondimeno, quel calo ha coinciso con una diminuzione delle vendite dei container (-77% tra inizio 2022 e inizio 2023) e dei relativi profitti (-91% nello stesso periodo per il gigante CIMC). Dunque, una situazione allarmante per il settore. Per giunta, secondo l'Organizzazione mondiale del commercio, quest’anno il commercio di beni crescerà solo dell’1,7%, rispetto al 2,7% del 2022. 
Tutti questi fenomeni si inseriscono, peraltro, in un trend di lunga data. Già da oltre dieci anni, infatti, il volume degli scambi commerciali globali cresce a un ritmo inferiore rispetto al PIL mondiale, in controtendenza rispetto ai decenni precedenti. La domanda sorge dunque spontanea: è l’inizio della fine della globalizzazione? 

The end of the trading world? 
La prudenza non è mai troppa con questo tipo di interpretazioni. Basti ricordare la crisi della supply chain mondiale del 2021. In quell’occasione bastò una “banale” ostruzione nel canale di Suez per scatenare l’aumento dei costi di spedizione – per la gioia delle società di trasporto marittimo e dei loro ricavi. Questo rallentamento temporaneo non deve dunque trarre in inganno: il commercio continua a giocare un ruolo fondamentale a livello globale. 

Vero è, però, che stiamo facendo i conti senza la politica. Solo questo weekend, il G7 ha ribadito ancora una volta l’intenzione dei Paesi occidentali di fare più attenzione ai rischi politici associati agli scambi internazionali. Parlando di de-risking anziché di decoupling, certo. Ma con conseguenze che, potenzialmente, vanno ben oltre la produzione di container... 

Si è appena chiusa la terza edizione del Future Leaders’ Global Policy Forum, dove si è parlato di questa e di molte altre questioni scottanti della geopolitica mondiale.
A questo link puoi rivedere gli interventi e i dibattiti della due giorni: https://www.ispionline.it/en/global-policy-forum-2023
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2023-05-22 19:01:01
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