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BRI: PER L’ITALIA, UNA MATASSA CINESE DA SBROGLIARE  Rinnov | ISPI - Geopolitica

BRI: PER L’ITALIA, UNA MATASSA CINESE DA SBROGLIARE 

Rinnovare o non rinnovare 
Roma è alle prese con un dilemma: nei prossimi mesi il governo di Giorgia Meloni dovrà decidere se rinnovare o meno il memorandum sulla Belt and Road Initiative (BRI), ovvero il progetto infrastrutturale, commerciale e politico lanciato dalla Cina un decennio fa. Un tema che sta già segnando il dibattito interno, destinato ad accendersi sempre di più. 
Secondo quanto riportato dai media, infatti, in questi giorni il governo italiano non avrebbe intenzione di continuare l’accordo con la Cina, in scadenza a inizio 2024. Senza un avviso tra le parti però, il memorandum si rinnoverà automaticamente. Meloni è quindi chiamata a esporsi in una scelta non facile, che rischia di provocare ritorsioni da parte cinese
 
La strana coppia 
Il memorandum, della durata di 5 anni, era stato firmato nel marzo 2019 dal governo gialloverde di Giuseppe Conte, facendo dell’Italia l’unico paese del G7 ad aver accettato un documento politico sulla BRI con Pechino.  
Perché di questo si tratta. Dati alla mano, il memorandum ha portato vantaggi commerciali limitati per le imprese italiane rispetto alla concorrenza europea. Parigi e Berlino, per esempio, non hanno firmato nulla di simile. Ma, benché l’espansione del loro export sia inferiore a quella italiana, i dati non sembrano suggerire l’esistenza di una doppia velocità. 
Ciò che rimane perciò è l’adesione politica (e simbolica) alla BRI, un progetto al centro dello sforzo cinese di ridisegnare l’ordine internazionale. E a Roma ormai da un po’ di tempo ci si chiede se ne valga effettivamente la pena. 

Un dilemma dall’Atlantico al Pacifico 
La decisione di non rinnovare l’accordo non è ancora stata presa, e probabilmente non lo sarà prima del summit G7 della prossima settimana. Ma la questione sta già attirando l’attenzione dei partner internazionali. In un clima di sempre maggior tensione tra Cina e Stati Uniti, l’Italia si trova stretta tra due fuochi. Da un lato Washington, che non vede di buon occhio che un membro della NATO abbia aderito a un progetto come quello della BRI. Dall’altro Pechino, che preme perché questo memorandum resti in vigore. 
Quanto a Meloni, in campagna elettorale si era espressa contraria al rinnovo. Una volta al governo, però, la premier ha mostrato un atteggiamento meno duro verso Pechino, che rimane pur sempre un partner commerciale importante.  
Riuscirà Roma a mantenere la solidarietà atlantica senza danneggiare i rapporti economici con la Cina? 

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