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PETROLIO E SANZIONI: QUESTIONE DI EQUILIBRIO  Tappare i bu | ISPI - Geopolitica

PETROLIO E SANZIONI: QUESTIONE DI EQUILIBRIO 

Tappare i buchi ... creando altri buchi 
“È sicuramente distruttivo per la loro industria”: questo il lapidario commento rilasciato al Financial Times da un funzionario G7 in merito alla recente decisione del presidente Putin di cambiare il regime di tassazione alle compagnie petrolifere russe. Se prima il Cremlino formulava le imposte sulla base del prezzo di Urals, il suo greggio di esportazione, ora è il riferimento internazionale del Brent a stabilirne il prezzo, meno uno sconto fisso.  
Questa mossa potrebbe portare nelle casse di Mosca fino a 8 miliardi di dollari in più, fondamentali per tappare i buchi nel bilancio causati da guerra e sanzioni. Ma potrebbe anche compromettere il futuro dell’industria dell’energia russa, a cui verranno sottratti utili che magari sarebbero stati reinvestiti nella modernizzazione del settore. 

Do svidanya?  
È probabile che a spingere Mosca all’abbandono delle quotazioni Urals siano state proprio le entrate fiscali dal settore energetico in queste prime fasi del 2023. Durante il primo trimestre, l’incasso dalle tasse su petrolio e gas sarebbe infatti diminuito del 45% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 
Anche in termini di esportazioni, il 2023 si profila tetro: se nel corso del 2022 la Russia era riuscita ad accumulare oltre 300 miliardi di dollari dalla vendita di combustibili fossili, le proiezioni attuali non arrivano oltre i 200 miliardi. Un calo che contribuisce a rendere più incerta la tenuta economico-finanziaria di Mosca. Fine dei giochi, quindi?  

Stare in equilibrio 
È ancora difficile a dirsi. L’Occidente sta cercando di rafforzare le proprie sanzioni, che già stanno mettendo in difficoltà la macchina da guerra russa. L’Ue sta lavorando a un undicesimo pacchetto, che permetterebbe all’Europa di imporre sanzioni secondarie su chiunque aiuti la Russia ad aggirare i blocchi attuali. Si tratterebbe della prima volta in assoluto per la normativa europea, e infatti gli Stati membri mirano a raggiungere un accordo unanime prima del summit del G7 di fine mese a Hiroshima. 
Ma attenzione: serve tenere a galla il mercato globale. Perché, se da un giorno all’altro sparissero i barili di greggio russo, si rischierebbe di entrare in un periodo di recessione. E qui c’è la sfida principale. Perché per ridurre i ricavi con cui Putin sostiene la guerra in Ucraina, non si può rischiare di deprimere il mercato energetico. Riuscirà l’Occidente a mantenere questo equilibrio? 
 
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