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Gli ultimi messaggi 68

2021-06-27 08:16:06 Buongiorno e buona domenica con i versi di Daniele Piccini

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Aprire / Come
2021-06-26 21:23:18 Titolo: L’isola dei topi
Autore: Alberto Bertoni
Editore: Einaudi
Genere: poesia
Data: 18.05.2021

Leggi l'anteprima

#recensione


Nel paesaggio modenese, in battere e levare, si elevano i versi di Alberto Bertoni. Tra i versi si intravedono personaggi amati e animali famigliari. Cosa accadrebbe se un mondo sommerso di topi prendesse il sopravvento?

“Chilometri e chilometri di cunicoli, diramazioni, punti di ristoro e di sosta. Famiglia, anzi clan di famiglie: cosí, mentre avanzo, penso che se durante la mia traversata di deserto il capo-topo, lo stratega, il pater familias chiamasse le sue truppe a raccolta e istigasse il mondo-topo all’attacco, non ci sarebbe storia. Il consorzio umano, la superficie superna, il nostro avamposto di civiltà cadrebbero all’istante e – al modo del fumetto Maus di Art Spiegelman – la topizzazione del mondo diventerebbe in un amen cosa fatta, come dopo un Blitzkrieg nazista.”

Tra nostalgia e dimenticanza, scorrono i versi alla ricerca della chiave universale del linguaggio.


“Salutz

Ogni giorno ricomincia
qualcosa di antichissimo
Enea che da Troia sbarca
dove il Tevere s’insala

Guardo tutto dal faro
i gradini scoscesi, la fila dei giorni
intanto che il mio saluto
e qualche bacio accogli

dall’isola dei topi”

“Scriverti

La luce dura un po’ di piú
ma è grigia come gli scoiattoli
velocissimi sugli alberi

Il cielo piange
emanando accordi tristi
fra il mio cuore messo a nudo
e una strada cosparsa di tornanti
e di battaglie
da vincere di notte
rannicchiato su una branda
allineata agli angoli
in attesa dei fantasmi
che sventerò scrivendoti
sugli slabbrati margini del diario
estraneo dopo molti anni
all’essenza segreta del tuo tempo
ai tuoi spazi”


“Belle Arti

LE MONDE OU RIEN
la scritta d’oggi sul muro ridipinto
vicina a un’altra piú bella
IO TI CREDO SORELLA!

Ma, nel parcheggio,
un ordine

LASCIATE LIBERO IL PAESAGGIO, voi
ch’entrate cercando
la chiave universale del linguaggio”

Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4079631446
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Aprire / Come
2021-06-26 07:50:01 Buongiorno e buon sabato con le parole semprevive di Cesare Pavese

https://twitter.com/ventaglip/status/1408647557136388097?s=21
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Aprire / Come
2021-06-25 22:13:25 Dino Buzzati, lo scrittore delle "storie dipinte"
Libri Mondadori
25.06.2021

#invitoAllaLettura

La mia attività di scrittore e la mia attività di pittore rientrano nel medesimo genere di operazioni mentali. Tanto è vero che i “competenti” giudicano i miei quadri letteratura e non vera pittura. Il che in fondo non mi dispiace.
Dino Buzzati, 1966
 

Del ricco e variegato profilo artistico di Dino Buzzati si è già parlato a proposito dei romanzi, dei racconti e della produzione giornalistica.
"Buzzati il doverista, lo scrittore fantastico, il pittore, l’autore teatrale, il poeta", ha scritto il curatore dell'opera Lorenzo Viganò nel tentativo di offrire un ritratto quanto più completo della sua eclettica figura di intellettuale.

Ma a testimoniare questo aspetto sono più di tutto le stesse opere buzzatiane che ci raccontano, a partire dalle copertine, un percorso in cui arte e scrittura hanno intessuto una relazione costante, in un rapporto di complementarietà e in certi casi di vera e propria simbiosi.
Buzzati aveva sempre amato dipingere, fin da quando, bambino, ingaggiava gare di disegno con l'amico più caro Arturo Brambilla. 
 
Poi cominciò a fare il giornalista e per un po' di anni mise da parte la pratica artistica.
L'occasione per riprenderla arrivò con un concorso bandito dal direttore della galleria Apollinaire di Milano, Guido Le Noci, che intendeva mettere alla prova gli scrittori chiamandoli a dipingere. Il tema del concorso era la Piazza del Duomo di Milano. Parteciparono Buzzati, Eugenio Montale e Orio Vergani.
Ed è allora che nacque la buzzatiana visione iconica della piazza (oggi copertina dei suoi celebri Sessanta racconti) con la cattedrale che ricorda i paesaggi dolomitici a lui tanto cari, il prato sottostante e le nuvole che sembrano condurci a un altrove misterioso: negli anni, a fasi alterne, Buzzati continuò a praticare la pittura come un mezzo espressivo proprio e parallelo, "come un’altra, ma non secondaria, forma di linguaggio", per citare ancora Viganò.

"Dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa"
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Aprire / Come
2021-06-25 08:13:01 Buongiorno e buon venerdì con i versi di Alberto Bertoni


“Ogni tanto

a Stefano Colangelo

A Bologna c’è ogni tanto
una luce che sa di mare
che contiene il mare
e non è questione di Romagna o non Romagna
ma dello specchio multicolor che rifrange
un’ipotesi salvifica dell’anima
e insomma fra case e strade
irradia il respiro delle ondate

Io ci vedo ogni tanto guizzare
le scaglie d’argento delle orate
e la scritta POISSON
in un neon a vibrazione acida
gialli e carminii
come il continente sotto traccia
che ci abita
mentre fluttuano gigli marini
nello sguardo vegetale
di una donna in eterno lontana
e anche l’aria
ha consistenza acquatica

Cosí il suddito absburgico che sono
è pervaso da un odore di catrame
e d’angoscia liminare
sognando ogni nave che riparte
dal suo paese senza porto

Piú lontani, dall’altra
parte del mare
il vociare di una spiaggia
e un bambino ricoperto di sabbia
dal mento alla radice dei capelli
immerso nel profumo stagnante
dell’olio solare di sua madre”

L'isola dei topi ~ Einaudi Editore

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Aprire / Come
2021-06-24 20:14:13 Nei ryokan sulle tracce di Kawabata
Rossella Menegazzo
Il manifesto
24.06.2021

#DiVisteERiviste

Tanta è la letteratura giapponese tradotta in questi ultimi anni in lingua italiana, tanti sono i volumi che raccolgono scritti di autori italiani reduci da recenti esperienze di vita in Giappone che ne raccontano luoghi, atmosfere, tradizioni e usanze. Ma La neve di Yuzawa bisogna ammettere che mancava. E non poteva che regalarcelo Maria Teresa Orsi, docente emerita di letteratura giapponese che tante generazioni di studiosi ha formato, ma soprattutto voce italiana di Murasaki Shikibu, dama di Corte di epoca Heian, che proprio grazie alla sua traduzione (La storia di Genji, Einaudi 2012) ha potuto narrare le affascinanti e tribolate vicende del principe Hikaru Genji, lo Splendente, e della sua Corte del Mille, anche al pubblico italiano.
Un lavoro di traduzione durato dieci anni, ma si potrebbe dire una vita perché l’eleganza e la raffinatezza di linguaggio di quel primo grande romanzo femminile continuano a sopravvivere anche nella scrittura di questo originale lavoro di Maria Teresa Orsi, La neve a Yuzawa (Einaudi, pp. 314, euro 22), il cui titolo evoca il respiro e la nostalgia di alcuni racconti del nobel Kawabata. Ma va detto, i 29 capitoli, o meglio sarebbe dire la raccolta di 29 racconti è scritta a quattro mani con il compagno Fabio Sebastiano Tana, che dal 2002 condivide sia il girovagare libero in lungo e in largo di un Giappone contemporaneo, alla moda e allo stesso tempo controverso, sia la conoscenza profonda accumulata nel tempo da Maria Teresa Orsi che in Giappone ha vissuto e studiato dal 1968, traducendo tantissimi dei romanzi citati nelle pagine di questo denso volumetto.

I LUOGHI REALI, fisici, architettonici di oggi si fondono, anzi entrano in contatto come scrive Orsi, con gli stessi luoghi della letteratura in un viaggio spazio-temporale che fa rimbalzare il lettore quasi inconsapevolmente tra una realtà che è quella dello scrittore del romanzo a cui ciascun racconto fa riferimento e l’altra realtà che è quella attuale, vissuta o conosciuta dai due autori.
Il volume nasce per gioco, un gioco che si va definendo poco alla volta e che l’autrice paragona alle tessere di un mosaico, anzi alle carte delle Poesie di cento poeti (Hyakunin Isshu) in cui i partecipanti devono riconoscere, il più velocemente possibile, la poesia che il lettore declama guardando le carte posizionate davanti a sé che ne riportano gli ultimi due versi.

PUNTO DI PARTENZA per il salto nel tempo è un tunnel, uno come tanti ve ne sono in Giappone a interrompere i viaggi in treno garantendo quasi sempre all’uscita una vista su scorci di mare o risaie e piccoli tetti a pagoda che lasciano senza fiato. In questo caso però è il tunnel descritto nell’incipit de Il paese delle nevi di Kawabata Yasunari, che si ipotizza si trovi vicino a Yuzawa nel profondo nordovest del Giappone a fungere da interruttore. Ed era proprio verso questa mèta termale e letteraria che l’autrice si stava muovendo in treno quando uscita da un tunnel «…un quadro straordinario, inaspettato. La neve era diventata padrona assoluta, sembrava plasmare ogni cosa: un brusco passaggio dall’oscurità a una luce capace – Kawabata aveva davvero ragione – di ‘tingere di bianco il fondo della notte’». Così d’improvviso Il paese delle nevi di Kawabata si trasforma nel primo racconto di Orsi e Tana La neve di Yuzawa che dà il titolo al volume.

SARÀ SEMPRE KAWABATA a condurre gli autori prima e il lettore presente oggi nelle località e nelle locande termali della bellissima penisola di Izu attraverso le pagine della Danzatrice di Izu e il nono racconto a esse dedicato.

Per leggere l’intero articolo
https://ilmanifesto.it/nei-ryokan-sulle-tracce-di-kawabata/
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Aprire / Come
2021-06-24 07:33:46 Buongiorno e buon giovedì 24 giugno (e auguri a tutti coloro che festeggiano oggi l’onomastico), nell’Unione tra corpo e anima

https://twitter.com/ventaglip/status/1407919384132309003?s=21
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Aprire / Come
2021-06-23 22:11:30 Irène Némirovsky, escono testi inediti in Italia
Anche due capitoli ritrovati del postumo 'Suite francese'
ANSA
15.06.2021

#DiVisteERiviste

Arriva in libreria domani, 24 giugno, un volume di testi inediti, in Italia, di Irène Némirovsky tra cui due capitoli ritrovati di 'Suite francese', il romanzo più famoso dell'autrice, pubblicato postumo e divenuto caso editoriale e besteller nel 2004.

    Il libro, 'Re di un'ora & altri testi inediti', è pubblicato da Edizioni Ares nella traduzione e cura di Cinzia Bigliosi che ha avuto un lungo rapporto di amicizia con Denise Epstein, la figlia primogenita della Nemirovsky, morta ad Auschwitz nel 1942.

   I due capitoli "ritrovati" di 'Suite francese' sono una riscrittura in cui cambia il destino di padre Philippe Péricand, uno dei protagonisti della prima sezione, 'Temporale di giugno', del libro.

    Mentre revisionava il testo, nel 1940, la Nemirovsky era stata raggiunta dalla notizia della morte, per mano dei tedeschi, di padre Bréchard che l'aveva accompagnata nella conversione al cattolicesimo e per il quale nutriva "un affetto e una stima sconfinati". Bréchard era stato il modello di padre Péricand.

    Nella versione del 2004 il giovane parroco, un borghese dalla vocazione fredda, è vittima di ragazzi, in odore di riformatorio, che gli erano stati affidati e muore in "una trappola del demonio" violentissima e immotivata. Ben diversa la sorte che gli tocca in queste nuove pagine: prima della pallottola che gli sarà fatale, padre Péricand "chiede a Dio di essere sacrificato al posto dei suoi uomini, delle loro anime che vuole salvare tutte, implora il perdono divino per chi tra loro abbandonerà, come altri uomini abbandonarono un tempo il Cristo lungo il calvario del suo destino".

La curatrice e traduttrice sottolinea come nella nuova versione del destino del parroco ci sia la stessa tragedia che, in quei momenti, stava vivendo la scrittrice. "Quando vive la sua ora nona, il paragone del personaggio più sofferto di Suite francese con il figlio di Dio è esplicito" dice la Bigliosi che all'autrice ha dedicato l'ebook Irène Némirovsky (doppiozero, 2013) e ha curato le edizioni di La nemica (Astoria, 2013) e di Suite francese (Feltrinelli, 2014). Più controversa e dibattuta, invece, la sorte di Re di un'ora.

    "Il testo, che uscì per la prima volta a puntate sulle pagine del 'Magazine d'aujourd'hui' nel maggio 1934, presenta aspetti insidiosi e facilmente manipolabili da parte di una critica maliziosa che, come segnalato all'atto dell'uscita in Francia dallo stesso biografo della Némirovsky, Olivier Philipponnat, tenderebbe a leggere un atteggiamento ambiguo nei confronti del mondo ebraico". Pensato e scritto per una rivista di destra, l'articolo analizza il "macher", tipica figura del faccendiere che viene qui studiato con sguardo critico verso quella tradizione yiddish alla quale fa riferimento.

    Tra gli altri materiali inediti: critiche teatrali e cinematografiche, articoli, appunti, prefazioni, bozze. 
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