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#VentagliDiParole

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Per condividere pensieri, letture, emozioni attraverso le parole.
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Ratings & Reviews

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Gli ultimi messaggi 63

2021-07-22 20:24:16 Titolo: Tra donne sole
Autore: Cesare Pavese
Pubblicazione: maggio 1949
Genere: Romanzo
Edizione: Einaudi Ediziomi

#recensione gentilmente offerta da Francesca

È la storia di Clelia, modista, che grazie al suo lavoro con tenacia e caparbietà riesce ad affermarsi e ad evadere dall’ambiente operaio della città di Torino e trasferirsi a Roma.
“In quella sera lontana m'ero detto la prima volta che se volevo far qualcosa, ottenere qualcosa dalla vita, non dovevo legarmi a nessuno, dipendere da nessuno, com'ero legata a quell'importuno papà.”

Per l’allestimento di un atelier Clelia ritorna a Torino ed è un risveglio di emozioni e di ricordi ma è anche, altrettanto prepotentemente, l’affermazione della sua determinazione ad emergere con la sua bravura nel “mondo perbene”:
“non basta la fame per riuscire: il mestiere bisogna saperlo come dei morti di fame e praticarlo come dei signori.”

Nella Torino perbene, priva di valori, vuota e futile, Clelia incontra vari personaggi tra i quali Momina e Rosetta, caratterialmente opposte.

Rosetta così diversa da tutti gli altri, durante la notte del arrivo di Clelia a Torino tenta il suicidio. Meno caparbia e determinata di Clelia non riesce a sfuggire ad una vita senza ragioni, futile e inutile - è debole. La sua debolezza si traduce in un primo tentativo di suicidio:
“Dopo si sta peggio che prima. È questo che spaventa.”

Riesce al secondo tentativo, in una stanza d’albergo seduta davanti alla finestra rivolta verso Superga:
“ può darsi che chi come Rosetta ha tanto bisogno di vivere, voglia morire. Qualcuno diceva che il suicidio andrebbe proibito.”

Lettura impegnativa ma fluida, scorrevole ed emotivamente molto nitida. Pavese è minuzioso nella descrizione del mondo operaio, dei salotti di Torino e dei luoghi. Bellissimo il capitolo dedicato alla Riviera Ligure.

In un periodo personale di grande stanchezza, fisica e mentale aggiunta ad una improvvisa e grande stanchezza emotiva, “Tra donne sole” ha rappresentato per me un ritorno alla lettura. Leggere, immergersi in situazioni forti, seppur di carta, è sempre “una messa alla prova” della nostra sensibilità d’animo.
Un classico che non può mancare.
Felice lettura
F. C.
33 views17:24
Aprire / Come
2021-07-22 08:20:42 Buongiorno e buon giovedì con i versi di Hölderlin

https://twitter.com/ventaglip/status/1418077936918355974?s=21
32 views05:20
Aprire / Come
2021-07-21 18:51:40 Titolo: Vivida non amour
Autore: Andrea Vitali
Letto da Claudio Moneta
Audible
14.07.2021
Editore: Einaudi
Genere: romanzo
Data: 16.03.2021

Leggi l'anteprima

#recensione

"Su un orizzonte indistinto, nebuloso, affiorò il sole: un disco rosso, un po’ velato, che alzandosi s’accendeva d’una luce sempre più vivida."

Sebastiano Vassalli

Primo libro di Vitali che (audio)leggo.

Vivida, la protagonista di questo romanzo (ambientato nel mese di luglio, negli anni Ottanta, in una cittadina in riva al lago, al confine con la Svizzera), dà luce alla vita di questo medico neo laureato un po' impacciato e imbranato, che resta folgorato da questa ragazza di cui all'inizio non capisce bene il nome.

“Vivina, porco due, ma che cacchio di nome. E poi Vívina o Vivína? Va be’, questione secondaria, l’avrei appurato. Adesso avevo il nome che mi era sfuggito, era lí, scritto sul giornale. La vidi mentre ero al bar della stazione, su una copia stazzonata, passata di mano in mano senza che nessuno notasse la gran notizia. Volai immediatamente in edicola a procurarmene una intonsa. Poi a casa per un’ispezione approfondita con tanto di lente d’ingrandimento caso mai mi fossi sbagliato.”

I due giovani si rincorrono: lei prova a respingerlo più e più volte (solo per metterlo alla prova), lui prova a conquistarla senza darsi per vinto.

Una commedia estiva, che sarebbe divertente vedere a teatro:

“Non posso negare che all’inizio, per abituarmi alla condizione di marito, ho avuto necessità di ricorrere a qualche aggiustamento, piú mentale che altro. Ma credo che sia normale quando i ritmi quotidiani cambiano all’improvviso; nel mio caso a maggior ragione, partendo io da una condizione di singolo al massimo grado. Niente, comunque, che abbia creato autentici problemi nel ménage: tutto fila liscio. Posso dire, senza tema di essere smentito, che siamo felici. Talvolta Vivida me lo chiede, vuole sentirselo dire, e io glielo confermo: sono felice.”

Commento a caldo: Mah… carino… leggero e divertente… però niente di che… sa scrivere ed è il motivo per cui ho dato 3 stelle.

Commento a latere: Vogliamo parlare della cover bellissima?

Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4121433847
13 views15:51
Aprire / Come
2021-07-21 07:53:56 Buongiorno e buon mercoledì, facendo spazio alla poesia

https://twitter.com/ventaglip/status/1417707154333741066?s=21
6 views04:53
Aprire / Come
2021-07-20 21:38:08 Titolo: Una poesia in tasca
Autore: Héctor Abad Faciolince
Traduttore: Monica Rita Bedana
Editore: Lindau
Genere: memoir
Data: 18 febbraio 2021

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#recensione

“25 agosto del 1987, più o meno alle sei del pomeriggio, in Calle Argentina a Medellín”, viene rinvenuto un cadavere con in tasca una poesia.
Quel cadavere era il padre di Héctor Abad Faciolince, Héctor Abad Gòmez, medico, professore universitario e attivista per i diritti umani: fu ucciso a colpi di pistola in Calle Argentina, a Medellìn. La famiglia lo trova riverso sul selciato. Su quel foglio che riportava i versi di una poesia, tre iniziali J.L.B.

Ed è così che il figlio pensa subito a Jorge Luis Borges.
Appurare che questa intuizione sia corretta, diventa per Héctor Abad Faciolince quasi di vitale importanza. La poesia “Dice questo:

Siamo già l’oblio che saremo
la polvere elementare che ci ignora
e che fu il rosso Adamo, che è ora
ogni uomo, e che non vedremo.
Siamo già nella tomba i due termini,
principio e fine. Il feretro,
l’oscena corruzione e il sudario,
le nenie della morte e i suoi rituali.
Non sono l’insensato che s’afferra
al magico suono del suo stesso nome;
penso con speranza a quell’uomo
che non saprà che c’ero, sulla terra.
Sotto l’indifferente blu del cielo
questa meditazione è un sollievo.”

Come non fermarsi estasiati davanti a questi versi? Come non inginocchiarsi in lacrime se si è a conoscenza che quei versi erano il biglietto di commiato definitivo del padre dell'autore: scoprire la paternità di quella poesia è come riappropriarsi della paternità di quel genitore così cruentemente strappato via dalla vita.

“Quando si soffre di quella bazzecola così peculiare che è la cattiva memoria, il passato e il futuro assumono quasi la stessa irreale consistenza. Se guardo indietro e tento di ricordare ciò che ho vissuto, i passi che mi hanno condotto fin qui, non so mai con assoluta certezza se sto rammentando o inventando.”


Il libro è davvero bello: e in questo viaggio alla scoperta della verità, si possono assaporare questi sei sonetti inediti composti da Borges, pochi mesi prima della sua scomparsa.

“Quando stiamo vivendo le cose, in quel tempo «di svolgimento» che chiamiamo presente, con addosso la pesantezza distruttiva propria della realtà immediata, tutto sembra ordinario e corposo e duro come un tavolo o una seggiola; quando invece il tempo passa, le gambe della seggiola si rompono o si rovinano, il sedile si affossa, lo schienale si deforma, le termiti divorano la spalliera, e le cose finiscono per diventare irreali come quell’oggetto descritto alla perfezione da Lichtenberg: «Un coltello senza lama a cui manca il manico». E che razza di oggetto è? Un oggetto che può esistere solamente nelle parole, una cosa che non si può mostrare, una cosa che, però, dentro quella frase, voi potete vedere: «Un coltello senza lama a cui manca il manico». Così è il passato, quasi sempre, qualcosa che non è più e di cui non rimane che una scia di parole.”


L'ho trovato molto poetico e avvincente.
Tra 4 e 5 stelle.

Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4115045409
32 views18:38
Aprire / Come
2021-07-20 08:31:29 Buongiorno e buon martedì, vivendo con i sensi


https://twitter.com/ventaglip/status/1417356297578631192?s=21
34 views05:31
Aprire / Come
2021-07-19 21:53:36 Titolo: L’arte dell’henné a Jaipur
Autore: Alka Joshi
Traduttore: Federica Oddera
Letto da: Sara Poledrelli
Storytel
Data audiolibro: 13.07.2021
Editore: Neri Pozza
Genere: narrativa
Data: 11/03/2021

Leggi l'anteprima

#recensione

Se dovessi riassumere questo libro in una frase, scriverei: La forza di una donna che cerca di riscattarsi e di riscattare poi la sorella più piccola.

La storia è ambientata in India, negli anni Cinquanta: Lakshmi Shastri è una donna di trent'anni che ha lasciato la sua famiglia all'età di diciassette anni per riscattarsi dalla povertà. È la storia dell'emancipazione di una donna che ha lasciato il marito violento e si è inventata un lavoro, non solo per mantenersi ma anche per mantenere la sua famiglia. È un libro rivoluzionario, perché Lakshmi si riveste di quell'indipendenza che è negata a tutte le donne vissute in India in quel periodo.
Ma è anche la storia di Radha, la sorella minore di Lakshmi, che riesce a trovare l'espediente del ritrovamento dell'ex marito di Lakshmi, per ricongiungersi alla sorella.

E a fatica Radha e Lakshmi ricostruiranno il loro rapporto, ricuciranno le ferite del loro passato comune, e alla fine sarà la vita (nuova) a trionfare.

“Per anni ho offerto i miei servigi a donne che mi cercavano solo per sentirsi meglio. A Shimla aiuterò persone che vogliono stare meglio. Perché le loro sofferenze sono reali. È con gente come loro che la mia saas mi ha insegnato a lavorare. Gente che ha davvero bisogno di me. Gente che desidero avere accanto.”

Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4120708695
27 views18:53
Aprire / Come
2021-07-19 07:57:22 Buongiorno e buon inizio di settimana ricordando la strage di via D’Amelio, a 29 anni da una delle ferite più gravi inferte allo Stato di diritto del nostro Paese.


https://twitter.com/ventaglip/status/1416984068202409985?s=21

Gli appuntamenti sulla Rai
https://www.rainews.it/dl/rainews/media/19-luglio-1992-la-strage-di-Via-D-Amelio-Il-ricordo-sulle-reti-Rai-3b8421dd-a3d2-4653-901c-89be8cd968d4.html
43 views04:57
Aprire / Come
2021-07-18 20:31:32 La normalità non esiste. viva la neurodiversità
Autismo. Basandosi su resoconti clinico-biografici e scientifici, Simon Baron-Cohen si propone
di cambiare la prospettiva della malattia per contrastare bullismo, incomprensione sociale e discriminazione

Vittorio Lingiardi e Guido Giovanardi
Domenica ~ Il Sole 24 Ore
18.07.2021

#DiVisteERiviste

Secondo lo psicologo esiste solo una grande varietà di cervelli, tutti naturali in egual modo.


Molto si parla di autismo, non molto si sa. Sappiamo però che le persone autistiche, considerate «anormali», «disturbanti», «inquietanti», vengono molto bullizzate. Le ricerche italiane parlano di esperienze di vittimizzazione in circa la metà dei bambini e dei ragazzi con una diagnosi di autismo. Alla comunità scientifica, certo non bulla, le condizioni autistiche hanno sempre creato qualche grattacapo. Naufragata la lettura (e la cura) psicoanalitica dell’autismo, oggi i «disturbi dello spettro dell’autismo» li riconduciamo, pur con ancora poche evidenze eziologiche, a problemi del neurosviluppo.

Di vario ordine e grado, le manifestazioni cliniche di questa famiglia di disturbi riguardano difficoltà di comunicazione e interazione sociale, interessi ristretti e ripetitivi, limiti nella comprensione del pensiero altrui. Per dire quanto le condizioni autistiche siano sempre più spesso chiamate in causa per una varietà i temi clinici, alcuni studiosi (tra cui Simon Baron-Cohen, direttore dell’Autism Research Center di Cambridge) sospettano una correlazione tra spettro autistico e identità transgender.

Ipotesi considerata azzardata da chi, non a torto, considera la «fissazione» sulla propria incongruenza di genere non tanto come l’indicazione di una rigidità autistica del pensiero, quanto come una sofferenza identitaria.
Nel suo nuovo libro I geni della
creatività. Come l’autismo guida l’invenzione umana, Baron-Cohen abbraccia un ambizioso obiettivo: cambiare la prospettiva culturale sull’autismo. Basandosi su resoconti clinico-biografici e studi scientifici, combatte la sua battaglia per la «neuro diversità», concetto secondo cui, dal punto di vista della mente, non esiste una contrapposizione tra normalità e anormalità ma solo una «grande varietà di cervelli, tutti ugualmente naturali». Il campo della variabilità cerebrale è definito dall’incrocio di due variabili fondamentali: l’attitudine empatica e quella sistematizzante, da cui la «empathizing-systemizing (E-S) theory». Se di empatia lo psicologo britannico si era già occupato nel suo precedente libro La scienza del male (anch’esso pubblicato da Cortina), ne I geni della creatività si dedica interamente al meccanismo della sistematizzazione, che considera la spinta principale all’invenzione, caratteristica evolutiva che ha determinato il nostro successo come specie.
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Aprire / Come
2021-07-18 11:54:15 Osborne, la festa è finita, l’incubo non ancora
Tommaso Pincio
Alias Domenica ~ Il Manifesto
18.07.2021

#DiVisteERiviste

Narrativa inglese. Ricchi e litigiosi inglesi, per Lawrence Osborne i tipici esponenti dell’esotismo effimero, accorrono al ricevimento di una coppia gay, in una villa nel deserto: «Nella polvere»

«Tutto succede alle feste»: lo scriveva Jane Austen e al nostro orecchio potrebbe suonare al più come una promessa. Al tempo della giovinezza, andare a una festa significava fare il pieno di emozioni e di speranze, sempre o quasi legate alla possibilità di un incontro. Solo con l’età della noia subentrata, quando le disillusioni hanno già sottratto aspettative, diventa davvero possibile cogliere il senso profondo di queste parole, perché è quando le feste cominciano a somigliare a un «affascinante incubo» che si rivelano un osservatorio ineguagliabile della natura umana.

Ad associare le feste a un incubo è Lawrence Osborne, che si dichiara fortemente ispirato da film di Antonioni e Fellini come L’eclisse o La dolce vita in cui alle feste sono riservate scene importanti. Piccoli esperimenti sociali, momenti in cui le conversazioni si fanno più teatrali che mai e sature di implicazioni sessuali, le feste inducono l’impellenza di non passare inosservati, magari anche a costo di non andarci proprio, alla festa, o di presentarsi in ritardo: è quanto accade in Nella polvere (traduzione di Mariagrazia Gini, Adelphi, pp. 285, € 20,00).

Un momento di crisi
In apertura del romanzo, una coppia di inglesi, gli Henninger, noleggia un’auto per andare nel deserto, in Marocco. Osborne è un espatriato, che vive da sempre lontano da dove è nato, un nomade per vocazione che ambienta le sue storie in angoli di mondo sempre diversi, il Marocco – come in questo caso – oppure Bangkok o la Cambogia o Macao, come accadrà nei libri successivi. Sebbene arrivi a noi soltanto ora, Nella polvere risale infatti a una decina di anni fa: è il secondo romanzo di Osborne ma è lecito considerarlo alla stregua di un esordio, perché il primo vide le stampe molto prima, nel 1986, e mostrava uno scrittore acerbo, alquanto diverso. Ania Malina era infatti una sorta di romanzo storico dal sapore vagamente lolitesco e malgrado raccontasse di un viaggio, un tour nel Mediterraneo, era comunque sprovvisto di quell’elemento, diventato poi imprescindibile per Osborne, che è l’esotismo effimero del viaggiatore d’oggi, lo sradicamento salottiero del turista. Mancava inoltre di un tratto ancor più connotante dell’autore inglese: il conflitto di prospettive tra chi viaggia per svago o noia e comunque per scelta e chi invece o vi è costretto dal bisogno o non viaggerà mai perché non ne ha possibilità.

Come la festa, il viaggio rappresenta per Osborne un momento di crisi in cui la vita del ricco marca la sua distanza da quella del povero e si mostra nelle sue contraddizioni con esiti sempre letali. La festa nel deserto cui sono diretti gli Henninger ha luogo nella grande casa di una coppia gay, che organizza spesso raduni per amici internazionali, alcuni dei quali arrivano in elicottero. Ci sarà tutto l’indispensabile: fuochi di artificio, discoteca all’aperto, finte palme d’argento, graziose ragazze francesi, giovanotti locali abbigliati come pirati, fichi, orchidee bianche, cocaina a volontà, miele con la cannabis.

L’inferocita gente del posto non considera tutto ciò una festa bensì l’orgia di infedeli provvisti di Jaguar. In quegli stessi paraggi un tempo era stanziata la Legione Straniera, ora vi dimorano quelli che i marocchini chiamano les visiteurs con i loro ospiti, a implicare la convinzione o almeno la speranza «che prima o poi, se ne sarebbero andati con la stessa istantaneità di quando si erano presentati».

Per leggere l’intero articolo
https://ilmanifesto.it/osborne-la-festa-e-finita-lincubo-non-ancora/
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