2021-07-20 21:38:08
Titolo:
Una poesia in tasca Autore: Héctor Abad Faciolince
Traduttore: Monica Rita Bedana
Editore: Lindau
Genere: memoir
Data: 18 febbraio 2021
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#recensione
“25 agosto del 1987, più o meno alle sei del pomeriggio, in Calle Argentina a Medellín”, viene rinvenuto un cadavere con in tasca una poesia.
Quel cadavere era il padre di Héctor Abad Faciolince, Héctor Abad Gòmez, medico, professore universitario e attivista per i diritti umani: fu ucciso a colpi di pistola in Calle Argentina, a Medellìn. La famiglia lo trova riverso sul selciato. Su quel foglio che riportava i versi di una poesia, tre iniziali J.L.B.
Ed è così che il figlio pensa subito a Jorge Luis Borges.
Appurare che questa intuizione sia corretta, diventa per Héctor Abad Faciolince quasi di vitale importanza. La poesia “Dice questo:
Siamo già l’oblio che saremo
la polvere elementare che ci ignora
e che fu il rosso Adamo, che è ora
ogni uomo, e che non vedremo.
Siamo già nella tomba i due termini,
principio e fine. Il feretro,
l’oscena corruzione e il sudario,
le nenie della morte e i suoi rituali.
Non sono l’insensato che s’afferra
al magico suono del suo stesso nome;
penso con speranza a quell’uomo
che non saprà che c’ero, sulla terra.
Sotto l’indifferente blu del cielo
questa meditazione è un sollievo.”
Come non fermarsi estasiati davanti a questi versi? Come non inginocchiarsi in lacrime se si è a conoscenza che quei versi erano il biglietto di commiato definitivo del padre dell'autore: scoprire la paternità di quella poesia è come riappropriarsi della paternità di quel genitore così cruentemente strappato via dalla vita.
“Quando si soffre di quella bazzecola così peculiare che è la cattiva memoria, il passato e il futuro assumono quasi la stessa irreale consistenza. Se guardo indietro e tento di ricordare ciò che ho vissuto, i passi che mi hanno condotto fin qui, non so mai con assoluta certezza se sto rammentando o inventando.”
Il libro è davvero bello: e in questo viaggio alla scoperta della verità, si possono assaporare questi sei sonetti inediti composti da Borges, pochi mesi prima della sua scomparsa.
“Quando stiamo vivendo le cose, in quel tempo «di svolgimento» che chiamiamo presente, con addosso la pesantezza distruttiva propria della realtà immediata, tutto sembra ordinario e corposo e duro come un tavolo o una seggiola; quando invece il tempo passa, le gambe della seggiola si rompono o si rovinano, il sedile si affossa, lo schienale si deforma, le termiti divorano la spalliera, e le cose finiscono per diventare irreali come quell’oggetto descritto alla perfezione da Lichtenberg: «Un coltello senza lama a cui manca il manico». E che razza di oggetto è? Un oggetto che può esistere solamente nelle parole, una cosa che non si può mostrare, una cosa che, però, dentro quella frase, voi potete vedere: «Un coltello senza lama a cui manca il manico». Così è il passato, quasi sempre, qualcosa che non è più e di cui non rimane che una scia di parole.”
L'ho trovato molto poetico e avvincente.
Tra 4 e 5 stelle.
Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4115045409
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