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#VentagliDiParole

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Indirizzo del canale: @ventaglip
Categorie: Letteratura
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Descrizione dal canale

Per condividere pensieri, letture, emozioni attraverso le parole.
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Gli ultimi messaggi 67

2021-07-03 07:30:01 Buongiorno e buon sabato con questa frase illuminante di Franz Kafka

“Conosci te stesso non significa: osservati. Osservati è la parola del serpente. Significa fatti padrone delle tue azioni. Ma tu lo sei già, sei padrone delle tue azioni. Questa frase pertanto significa: ignorati/distruggiti! Dunque una cosa cattiva! E solo chi si china profondamente ne ode anche il messaggio buono, che dice: "per fare di te stesso quello che sei".”

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Aprire / Come
2021-07-02 07:30:06 Buongiorno e buon venerdì con i versi di Jhumpa Lahiri che richiamano paesaggi sconfinati

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Aprire / Come
2021-07-01 20:54:25 Titolo: Quello che non sai
Autore: Susy Galluzzo
Editore: Fazi Editore
Genere: romanzo
Data: 08.04.2021
Letto da: Teresa Saponangelo
Storytel
28.05.2021

Leggi l'anteprima

#recensione

Questa è la storia di Ella, diminuitivo di Michela, della difficoltà di essere madre.
Mi è piaciuta l'ambientazione (a Roma, in una famiglia benestante di Roma Nord) e il fatto che Federico, il compagno di Michela, sia nato e cresciuto a Galatina e che abbia studiato a Lecce.

Ella e Ilaria: e il loro difficile rapporto madre-figlia.
Ella e Aurelio: e il loro rapporto moglie-marito pieno di crepe, nei non detti che alla fine hanno usurato la loro relazione.
Ella e Rebecca: e il loro difficile rapporto genitrice-terapeuta di Ilaria.
Ella e la madre morta: e i mille mila sensi di colpa che solo alla fine Michela riuscirà a lasciar andare via.
Ella e Duccio: e il solido rapporto padrona-cane.
Ella e Federico: e la freschezza della rinascita.
Michela e Vittoria: il germoglio della vita che dà sempre un'altra possibilità se ci si inginocchia dinanzi a essa e ci apra all'amore.

“Dopo un po’ si è accorto anche di Federico e ha iniziato a fare mille feste anche a lui.
«È stata la nostra mascotte, signora», mi ha detto uno dei poliziotti che stavano giocando con lui. «Ci mancherà. Stava intrattenendo anche tutti i bambini del campo rom in cui l’abbiamo trovato. È stata fortunata».
Sì, lo sapevo benissimo. E vedevo l’aver ritrovato Duccio come il segno di una benevolenza da parte dell’universo, che pareva volesse dirmi: «Tranquilla, hai un’altra possibilità».
Ero felice, quando siamo usciti dal commissariato tutti e tre insieme. Sì, felice e con il giusto coraggio per cercare la mia nuova occasione.”

Mi è piaciuta molto la storia e mi è piaciuta molto anche la voce di Teresa Saponangelo.

Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4089326321
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Aprire / Come
2021-07-01 08:13:57 Buongiorno e buon inizio di luglio
Le vacanze si avvicinano: il tempo si dilata.

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Aprire / Come
2021-06-30 07:30:06 Buongiorno e buon ultimo giorno di giugno, scegliendo di vivere appieno la nostra vita


https://twitter.com/ventaglip/status/1410087758081761284?s=21
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Aprire / Come
2021-06-29 20:53:15 Calligarich, il mio primo romanzo tra affondi e risalite
ANSA
29.06.2021

GIANFRANCO CALLIGARICH, L'ULTIMA ESTATE IN CITTA' (BOMPIANI, pp 192, euro 13.00)

#DiVisteERiviste #invitoAllaLettura

Affondato e risalito più volte nel corso di quasi cinquant'anni, 'L'ultima estate in città' di Gianfranco Calligarich sta vivendo una vera e propria resurrezione. Caso letterario unico, pubblicato la prima volta nel 1973 da Garzanti, grazie all'apprezzamento di Natalia Ginzburg, dopo aver venduto 17 mila copie in un'estate e aver vinto il premio letterario Inedito, è scomparso e ricomparso sui banchetti dell'usato, è stato conteso per anni da lettori, fan e accademici tanto da farne un classico dimenticato della letteratura italiana, un libro di culto.


Ripubblicato nel 2010 da Aragno e nel 2016 da Bompiani per cui torna in libreria il 30 giugno con una nota dello scrittore André Aciman, 'L'ultima estate in città' vive una rinnovata esplosione d'interesse con l'acquisizione e traduzione in 17 lingue, la pubblicazione negli Stati Uniti, un incredibile successo di vendite e critica in Francia dove Calligarich ha appena vinto il prestigioso Prix Fitzgerald e sarà ospite d'onore del Festival Italianissimo a Parigi, dall'1 al 4 luglio. E la WildSide ha acquisito i diritti per farne un film con la regia di Saverio Costanzo.

"È successo tutto da solo, inaspettato. Questo romanzo ha avuto una vita molto travagliata. Natalia Ginzburg lo ha letto in una notte e proposto a Garzanti. Tutti lo avevano rifiutato. E' scomparso, ricomparso ma in tutti questi anni ha continuato ad essere amato. I lettori mi scrivevano, mi invitavano dappertutto, anche a Beirut, mi volevano conoscere. E' stata fatta una tesi di laurea, gli studenti lo stampavano per leggerlo" dice all'ANSA Calligarich mentre prepara i bagagli per andare a Parigi e ripercorre l'incredibile storia del suo primo romanzo, uscito quando aveva 26 anni, che in America è stato considerato al livello de Il grande Gatsby o de Il giovane Holden e per il quale in Francia è stato scritto che "passerà alla storia".

"È un libro d'amore ma soprattutto un romanzo esistenziale. Ha resistito negli anni perché non è legato a un tempo preciso, ma a una precisa città affascinante come Roma quando ci sono arrivato intorno ai 25 anni" racconta lo scrittore che è nato ad Asmara da una famiglia cosmopolita di origine triestina, è cresciuto a Milano e si è trasferito a Roma, dove ha lavorato come giornalista e sceneggiatore e dove tutt'ora vive.
Leo Gazzarra, il trentenne colto e amante dei libri, alla ricerca di se stesso, che arriva a Roma da Milano senza una prospettiva precisa, è in fondo lui. Vaga per la città, dorme in alberghi, in case lasciate dagli amici, beve molto e combatte con l'alcol, sogna di fare un film con un amico alcolista che finirà per suicidarsi, mangia quello che trova a cene e feste. È un uomo in transito che vive di avanzi ma non li vuole più. Ama Arianna, fragile e inquieta veneziana a Roma, in transito come lui e come tutti gli altri amici, ma è un amore sfigato il loro come tutto quello che ruota intorno a Leo che lascia dopo mezza giornata un lavoro alla Rai e vive una solitudine infinita. "Nel libro tutto è reale, tranne i nomi e il finale. Scrivo per raccontare la vita. Leo sono io, Arianna la ho incontrata recentemente, è un tipo strano, non ha mai letto il libro. Sono diventato amico di Eva, sua sorella. È la mia storia di quando sono arrivato a Roma e di cosa ho vissuto. La città non è più quella di allora, però certe notti e in certi momenti torna brevemente a essere quello che era. La solitudine era un rifugio ed è stata distrutta dalle cose commerciali. Era un modo di vivere e amare diverso. È difficile trovare il piacere di allora di incontrarsi di notte.

Per leggere l’intero articolo
https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2021/06/29/calligarich-il-mio-primo-romanzo-tra-affondi-e-risalite_ef299e15-8dd7-48a9-9eea-04c9c111e79d.html
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Aprire / Come
2021-06-29 08:28:44 Buongiorno e buon onomastico a tutti coloro che portano il nome di Paolo/a e Pietro/a

https://twitter.com/ventaglip/status/1409743553555800064?s=21
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Aprire / Come
2021-06-28 08:39:12 Buongiorno e buon inizio di settimana all’insegna del coraggio


[Una curiosità di natura matematica: con numero perfetto si intende un numero la cui somma dei suoi divisori propri è uguale al numero stesso.
28 è divisibile per 1, 2, 4, 7 e 14 la cui somma è proprio 28. Stesso discorso vale per il numero 6, divisibile per 1, 2, e 3.
Ecco perché oggi, 28 giugno, è un giorno così speciale! ]

https://twitter.com/ventaglip/status/1409383868541640708?s=21
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Aprire / Come
2021-06-27 20:22:23 Titolo: Inizio fine
Autore: Daniele Piccini
Editore: Crocetti
Genere: poesia
Data: 18.03.2021

Leggi l'anteprima

#recensione

Ci sono dei versi folgoranti nella loro semplice bellezza. E credo che la bellezza risieda proprio qui, nella semplicità, e da matematico aggiungo, nella disarmante perfezione della sezione aurea.
Ci si imbatte in Leopardi, a cui Piccini si rivolge come a un amico. È sempre difficile parlare di un libro di poesia, perché sembra che si sottragga bellezza ai versi.
E allora riporto qui alcune delle poesie che mi sono piaciute, come un piccolo assaggio.

“Quando eravamo morti ancora, i fiumi
delle nubi correvano e le liquide
atmosfere. La paglia incamerava
la luminosità solare: era…
Sotto cenere e cenere, inevasi
strati di nati a essere, avevamo
le nostre mani-non-mani nel grembo:
era una pace infida, sconfinata.
Le lucciole gremivano la storia,
il desiderio allungava il suo morso
ma noi, oscuri a tutto, intemerati,
non eravamo nati come parte
della materia muta che obbedisce.
E sì, ritorneremo… chiunque chiami.


“enorme solitudine delle stelle
somiglia forse a quella
d’uomini alla deriva.
Si guardano negli specchi e attaccano
la carica del giorno
senza un soldo di fede nelle mani.
Come stanno vicine
le creature infinite e miserevoli
a queste solitudini,
come parlano chiaro,
come sussurrano accostando il muso.
E cosa stanno per dire con gli occhi
abbandonati, persi come stelle
nella ragnatela dell’universo?
Cosa vogliono dire?
Si scioglierà la lingua,
si scioglierà, e saranno le stelle
della nostra pazienza


“Ogni scelta è fra una vita e una morte,
quando i raggi si attivano e la macchina
indaga in cerca di macchie le ossa.
Quando si guarda andare via l’amata
senza fermarla più.
Sempre la scelta è fra venire a riva
e perdersi nel gorgo,
rinunciare, non essere mai nati:
cercare fondamento,
non la replicazione,
mai più.


“Se il dolore non fosse questa spina,
questa lunga dorsale della vita
forse non saremmo altro che niente,
e dobbiamo ringraziare
che ci venga a visitare e ci porti
notizia delle cose
che nell’ombra ci appaiono e nel turbine.”



Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4081322007
80 views17:22
Aprire / Come
2021-06-27 13:16:57 Beckett inerte e forsennato
Ivan Tassi
Alias Domenica ~ Il Manifesto
27.06.2021

#DiVisteERiviste

Carteggi. Tra i «rantoli» del discorso epistolare, si profila l’immagine di un letterato che ha superato la sua antica aspirazione a essere un «cerchio perfetto»: «Lettere 1941-1956», Adelphi

«Non faccio niente. Ogni tanto provo a cominciare, ma non approdo a nulla». Su queste parole avevamo lasciato Samuel Beckett, al termine del primo volume delle sue Lettere: 1929-1940 (Adelphi, 2017), fra attacchi di panico, crisi di impotenza ed esacerbate rivendicazioni di accidia. Lo ritroviamo in preda alle stesse insofferenze qualche anno dopo, mentre consuma una tranquilla e misera «similvita» ai «margini», all’inizio del secondo tomo delle Lettere 1941-1956 che esce in questi giorni presso Adelphi (traduzione di Leonardo Marcello Pignataro, a cura di Franca Cavagnoli, pp. CIV-517, € 55,00). Fin dai primi messaggi Beckett torna a ribadire all’amico MacGreevy he «le cose vanno malissimo, di un male che non porterà da nessuna parte»: e tuttavia la corrispondenza dello scrittore, negli anni che seguono, non si limita a replicare le «lagne» di un tempo, ma ci offre l’opportunità di assistere a una rivoluzione che si compie tanto al di fuori dell’io quanto all’interno del suo discorso epistolare.

L’ultimo dei debosciati
Da un capo all’altro di queste lettere, Beckett insiste nel presentarsi come «l’ultimo dei debosciati»: è sempre più provato, apatico e «instupidito», bravo solo «a immusonirsi» e a ricadere «nel silenzio». Anche se poi le dichiarazioni di inerzia letteraria si modulano sui toni di un nuovo registro, che invece di seppellire i destinatari sotto le dotte «geremiadi» di citazioni e «sanie verbali» della precedente stagione si orienta – come ha notato Dan Gunn – verso una direzione più «informativa».
Tranne che nelle rapsodiche elucubrazioni sull’arte inviate a Georges Duthuit, in cui Beckett si definisce «anima gemella» del pittore Bram van Velde, sono meno frequenti i casi in cui il mittente parla «a budella aperte», per poi doversi scusare di volgari incursioni nella propria «autobiografia». Più spesso, accanto alle lamentele sul disgusto e sulla «paura del fare», trovano posto annotazioni sulla natura formulate da un Beckett «eremita», che nell’universo «astratto» della campagna di Ussy-sur-Marne sembra scoprire una «tana» e una «buca» dove potersi sotterrare, al riparo dalle nevrosi della letteratura.
Sul versante creativo, nonostante gli incalzanti annunci di «paralisi», le lettere testimoniano per l’appunto le fatiche di un febbrile tour de force. Dopo aver abbandonato il suo «bizzarro» inglese a vantaggio del francese, «lingua dell’infinitesimale», nel giro di pochi anni Beckett riesce a completare una trilogia di romanzi che lo riduce «a malpartito» (Molloy, Malone muore, L’innominabile), per poi sottoporsi al «tormento» della forma breve nei Testi per nulla e dedicarsi, in parallelo, allo «spazio» del teatro, per lui più «definito» e «rilassante» rispetto alla «terribile prosa» delle narrazioni. Ed è in particolare nel 1953, con la prima rappresentazione di Aspettando Godot al Théâtre de Babylone di Parigi, che la situazione si ribalta una volta per tutte. Da qui in avanti, come ha avvertito James Knowlson, il romanziere esce dal suo «anonimato» per trasformarsi in un drammaturgo ricercato, discusso e costretto a fare i conti con le difficoltà di messa in scena dei suoi testi, ma soprattutto con la pubblicità e con le interviste, esecrabile «esercizio» dei giornalisti – dirà nel 1973 Nabokov – che non si accontentano di «dare la caccia al mandarino», ma vogliono anche «andarlo a trovare».

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https://ilmanifesto.it/beckett-inerte-e-forsennato/
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