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La normalità non esiste. viva la neurodiversità Autismo. Basa | #VentagliDiParole

La normalità non esiste. viva la neurodiversità
Autismo. Basandosi su resoconti clinico-biografici e scientifici, Simon Baron-Cohen si propone
di cambiare la prospettiva della malattia per contrastare bullismo, incomprensione sociale e discriminazione

Vittorio Lingiardi e Guido Giovanardi
Domenica ~ Il Sole 24 Ore
18.07.2021

#DiVisteERiviste

Secondo lo psicologo esiste solo una grande varietà di cervelli, tutti naturali in egual modo.


Molto si parla di autismo, non molto si sa. Sappiamo però che le persone autistiche, considerate «anormali», «disturbanti», «inquietanti», vengono molto bullizzate. Le ricerche italiane parlano di esperienze di vittimizzazione in circa la metà dei bambini e dei ragazzi con una diagnosi di autismo. Alla comunità scientifica, certo non bulla, le condizioni autistiche hanno sempre creato qualche grattacapo. Naufragata la lettura (e la cura) psicoanalitica dell’autismo, oggi i «disturbi dello spettro dell’autismo» li riconduciamo, pur con ancora poche evidenze eziologiche, a problemi del neurosviluppo.

Di vario ordine e grado, le manifestazioni cliniche di questa famiglia di disturbi riguardano difficoltà di comunicazione e interazione sociale, interessi ristretti e ripetitivi, limiti nella comprensione del pensiero altrui. Per dire quanto le condizioni autistiche siano sempre più spesso chiamate in causa per una varietà i temi clinici, alcuni studiosi (tra cui Simon Baron-Cohen, direttore dell’Autism Research Center di Cambridge) sospettano una correlazione tra spettro autistico e identità transgender.

Ipotesi considerata azzardata da chi, non a torto, considera la «fissazione» sulla propria incongruenza di genere non tanto come l’indicazione di una rigidità autistica del pensiero, quanto come una sofferenza identitaria.
Nel suo nuovo libro I geni della
creatività. Come l’autismo guida l’invenzione umana, Baron-Cohen abbraccia un ambizioso obiettivo: cambiare la prospettiva culturale sull’autismo. Basandosi su resoconti clinico-biografici e studi scientifici, combatte la sua battaglia per la «neuro diversità», concetto secondo cui, dal punto di vista della mente, non esiste una contrapposizione tra normalità e anormalità ma solo una «grande varietà di cervelli, tutti ugualmente naturali». Il campo della variabilità cerebrale è definito dall’incrocio di due variabili fondamentali: l’attitudine empatica e quella sistematizzante, da cui la «empathizing-systemizing (E-S) theory». Se di empatia lo psicologo britannico si era già occupato nel suo precedente libro La scienza del male (anch’esso pubblicato da Cortina), ne I geni della creatività si dedica interamente al meccanismo della sistematizzazione, che considera la spinta principale all’invenzione, caratteristica evolutiva che ha determinato il nostro successo come specie.