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Christus vincit

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Gli ultimi messaggi 4

2022-07-31 07:30:52 Ma innanzi tutto e soprattutto ebbe a cuore il rinnovamento della pietà fra i Cattolici. Lo splendore dei templi, l'insegnamento del catechismo, la frequenza delle sacre riunioni e dei sacramenti devono molto alla sua azione. Egli aprì dappertutto collegi per formare la gioventù nelle lettere e nella pietà: a Roma fondò il collegio Germanico, ricoveri per le donne perdute e le giovani pericolanti, case per i catecumeni e gli orfani di ambo i sessi, e altre opere di pietà attestano il suo zelo infaticabile per guadagnare le anime a Dio. Più d'una volta si udì dire, che se gli fosse dato di scegliere, avrebbe preferito vivere incerto della beatitudine, e intanto lavorare per Iddio e la salvezza del prossimo, piuttosto che morire subito colla sicurezza della gloria del cielo. Esercitò un impero straordinario sui demoni. San Filippo Neri ed altri videro il suo volto tutto raggiante di luce celeste. Infine, a Roma il 31 luglio 1556, a sessantacinque anni di età, se ne andò all'amplesso del suo Signore, la cui maggior gloria aveva avuto sempre in bocca, ed aveva cercato in tutto, mentre la sua Compagnia, sparsa nel mondo intero, contava già dodici provincie e cento collegi. Illustre nella Chiesa per i suoi grandi meriti e miracoli, Paolo V lo iscrisse nell'albo dei Beati il 27 luglio 1609 e Gregorio XV in quello dei Santi il 12 marzo 1622. Pio XI, assecondando i voti dei Vescovi, lo costituì e dichiarò patrono celeste di tutti gli Esercizi Spirituali il 25 luglio 1922.

Omelia di san Gregorio Papa.
Omelia 17 sui Vangeli.
Il Signore e Salvatore nostro, fratelli carissimi, ci avvisa ora con parole ed ora con opere. Infatti le sue opere sono precetti; e, quando fa qualche cosa, anche senza dir nulla, ci mostra quello che dobbiamo fare noi. Ecco, dunque, egli manda i discepoli a predicare a due a due, perché sono due i precetti della carità, cioè l'amor di Dio e l'amor del prossimo, e bisogna essere almeno in due per poter praticare la carità. Infatti propriamente parlando, non si esercita la carità verso se stessi; ma l'amore, perché possa essere carità, deve avere per oggetto un altro.
Ecco dunque che il Signore manda i discepoli a predicare a due a due, insinuandoci così tacitamente come, chi non ha carità verso gli altri, in nessun modo deve assumersi l'ufficio della predicazione. E con ragione si dice che li mandò davanti a sé in ogni città e luogo dove egli stava per andare. Infatti il Signore segue i suoi predicatori; la predicazione infatti precede, e allora il Signore viene ad abitare nell'anima nostra, quando è preceduto dalle parole di coloro che ci esortano; ed è così che la verità è ricevuta dallo spirito.
Ed ecco perché Isaia dice agli stessi predicatori: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i sentieri del Dio nostro». Ed il Salmista dice ai figli di Dio: «Preparate la via a colui che ascende da occidente». Infatti il Signore ascese da occidente, perché quanto più il Signore si è abbassato nella sua passione, tanto più ha manifestato la sua gloria nella risurrezione. Ascese veramente da occidente, perché, risorgendo, calpestò la morte che aveva subita. Noi dunque prepariamo la strada a colui che salì da occidente, quando predichiamo alle vostre anime la sua gloria, affinché egli stesso poi venendo, le illumini con la sua presenza e con il suo amore.

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2022-07-31 07:30:52 • Commemorazione di Sant'Ignazio di Loyola, Confessore

Ignazio, di nazione Spagnolo, nacque nel 1491 a Loyola nella Cantabria, da nobile famiglia. Undicesimo figlio del signore di Loyola, entrò come paggio, all'età di quindici anni, alla corte del re cattolico Ferdinando V. Natura ardente e bellicosa, abbracciò poi la carriera militare. Essendo stato ferito gravemente a una gamba durante l'assedio di Pamplona, fu costretto a letto. Durante la sua lunga convalescenza, in mancanza di libri di cavalleria di cui era appassionato, gli furono dati da leggere alcuni libri pii sulla vita di Gesù Cristo e quella dei Santi. Questa lettura fu per lui una rivelazione. Egli comprese che anche la Chiesa ha la sua milizia, che sotto gli ordini del rappresentante di Cristo, lotta per difendere sulla terra i santi interessi di Dio degli eserciti. Egli allora, nella celebre abbazia benedettina di Monserrato, sospese le armi all'altare della beata Vergine, e la sua anima generosa, un tempo desiderosa di gloria mondana, aspirava solo alla maggior gloria del Re ch'egli ormai avrebbe servito. Nella notte del 25 marzo, in cui si celebra il mistero dell'Incarnazione del Verbo, dopo la confessione dei suoi peccati, egli fece la sua prima veglia d'armi e la Madre di Dio lo creò cavaliere del Cristo e della Chiesa militante, sua Sposa. Quindi vestito di sacco com'era, avendo dato prima a un mendicante i suoi ricchi abiti, si ritirò a Manresa, dove dimorò un anno, mendicando il pane e l'acqua di cui si nutriva, digiunando tutti i giorni, eccetto le Domeniche, domando la carne con una rude catena e col cilizio, dormendo per terra e flagellandosi fino a sangue, con una disciplina di ferro, ma confortato da Dio con sì meravigliosi lumi, che era solito dire: Quand'anche non esistessero le sacre Scritture, io non sarei meno pronto a morire per la fede per le sole cose che il Signore m'ha rivelato a Manresa. Fu allora che quest'uomo affatto illetterato, compose, guidato dalla grazia, quel mirabile libro degli «Esercizi Spirituali» - forse ispirandosi alla pratica dell'Exercitatorium dell'Abate Benedettino Gisneros di Monserrato (anno 1500) -, che si raccomanda per l'approvazione della Sede apostolica e per il bene che tutti ne ricavano.
Tuttavia per rendersi più atto a guadagnare le anime, risolvé d'assicurarsi il soccorso delle lettere, e cominciò a studiare la grammatica coi fanciulli. Intanto non trascurando per nulla quanto riguarda l'altrui salvezza, stupisce il vedere quante fatiche ed affronti ebbe a sostenere dappertutto, soffrendo le più dure prove, la prigione e le battiture fin quasi a morirne; ciò però non gli impediva di bramare ancora molto di più per la gloria del Signore. Essendosi uniti a lui nove compagni di diverse nazioni, appartenenti all'università di Parigi, tutti maestri nelle arti e addottorati in teologia, vi gettò a Montmartre i primi fondamenti del suo ordine, la Compagnia di Gesù, che poi stabilì a Roma, aggiungendo ai tre ordinari un quarto voto riguardante le Missioni, e mettendolo sotto la stretta dipendenza della Sede apostolica; e Paolo III prima l'ammise e confermò con la bolla Regimini militantis ecclesiae (27 settembre 1540), e altri Pontefici e il concilio di Trento l'approvarono. Egli poi inviato san Francesco Saverio a predicare il Vangelo nelle Indie e disseminati altri nelle diverse parti del mondo a propagarvi la religione, dichiarò guerra al paganesimo e all'eresia, e con tal successo, che, per sentimento universale, confermato anche da testimonianza pontificia, Dio volle opposto Ignazio e la sua società a Lutero e agli eretici d'allora (tra cui i giansenisti), come già altri santi uomini in altri tempi.
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2022-07-31 07:30:48 Omelia di san Girolamo Prete.
Lettera 151 ad Algasia, questione 6 tomo 3.
Se il dispensatore di una ricchezza iniqua è lodato dal Signore perché si è fatta una specie di giustizia coi frutti della sua iniquità; e se il padrone, leso nei suoi diritti, loda la previdenza dell'economo che sa provvedere ai suoi propri interessi sia pure con frode: quanto più Cristo, che non può risentire alcun danno ed è sempre inchinato a clemenza, loderà i suoi discepoli se useranno misericordia a quelli che crederanno in lui?
Infine dopo la parabola, aggiunse: «E io vi dico: Fatevi degli amici colla mammona iniqua». Ora non l'Ebraico ma il Siriaco chiama le ricchezze mammona, perché sono accumulate con mezzi ingiusti. Se dunque l'iniquità, per una saggia dispensazione, si cangia in giustizia; quanto più la parola di Dio, nella quale non c'è ingiustizia e di cui gli Apostoli hanno ricevuto la dispensazione, sarà capace, saggiamente dispensata, di sollevare al cielo i suoi dispensatori?
Perciò soggiunge: «Chi è fedele nel poco» cioè nelle cose materiali, «è fedele anche nel molto», cioè nelle cose spirituali. E chi è ingiusto nel poco, cioè non mette a servizio dei suoi fratelli ciò che Dio ha creato per tutti, sarà ingiusto anche nel dispensare le ricchezze spirituali, non guardando, nel comunicare la dottrina del Signore, alla necessità, sibbene alle persone. Ora, dice egli, se non sapete dispensare saggiamente i beni materiali e perituri, chi vi affiderà le vere ed eterne ricchezze della dottrina di Dio?

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2022-07-31 07:30:44 Dal libro di sant'Agostino Vescovo della Città di Dio.
Libro 17, cap. 8 verso la metà.
Certo, ci fu anche in Salomone qualche immagine di quanto doveva accadere più tardi, in quanto edificò il tempio, ebbe la pace presagita dal suo nome (Salomone in Latino vuol dire pacifico) e nel principio del suo regno si rese singolarmente degno di lode. Ma egli non era il Cristo nostro Signore, egli non faceva che rappresentarlo a sua volta nella sua propria persona e come un'ombra dell'avvenire. Onde certe cose che lo riguardano sembrano non essere state scritte che per annunziare il Salvatore, profetizzando la sacra Scrittura nei fatti compiuti da Salomone e tracciando per così dire in lui l'immagine di ciò che doveva avvenire in seguito.
Difatti, oltre i libri della storia sacra che descrivono il suo regno, c'è anche il Salmo settantuno che ha per titolo il suo nome. In esso sono dette tante cose che non possono assolutamente convenire a lui, mentre convengono a Cristo Signore nella maniera più sorprendente: onde è facile riconoscere in quello l'abbozzo d'una semplice rappresentazione, laddove in questo la presenza della verità medesima.
È noto infatti entro quali confini era ristretto il regno di Salomone: eppure, per tacere d'altro, in quel Salmo si legge: «Egli dominerà da un mare all'altro mare, e dal fiume fino all'estremità della terra» (Ps. 71:8); cosa che vediamo adempita in Cristo. Poiché la sua dominazione ebbe, come punto di partenza, le sponde del fiume, quando, battezzato e mostrato a dito da Giovanni, cominciò ad essere riconosciuto dai discepoli che, non contenti di chiamarlo maestro, l'appellarono ancora Signore.

Prima Domenica di Agosto:

Dal Trattato di sant'Ambrogio Vescovo sul Salmo centodiciotto.

Sermone 5, n. 36-37.
«Il timore di Dio è il principio della sapienza» (Ps. 110:10), dice il profeta. Ma che è il principio della sapienza, se non rinunziare al secolo? Perché amare le cose del secolo, è stoltezza. Infatti, secondo l'Apostolo, «la sapienza di questo mondo è stoltezza presso Dio» (1Cor. 3:19). Ma lo stesso timore di Dio, se non è secondo la scienza, non serve a nulla, anzi nuoce moltissimo. Infatti i Giudei sono zelanti per Iddio; ma perché il loro zelo e timore non è secondo la scienza, essi dispiacciono ancor di più alla divinità. Il timor di Dio fa loro circoncidere i loro fanciulletti e osservare il sabato; ma perché ignorano che la legge è spirituale, essi praticano la circoncisione del corpo ma non quella del cuore.
Ma perché parlare dei Giudei? Ci sono anche fra noi che temono Dio, ma non secondo la scienza, poiché impongono degli obblighi più duri di quanto possa sopportare la debolezza umana. Il loro timore sta in questo, che si credono d'aver a cuore l'osservanza della legge e la pratica della virtù, ma l'ignoranza loro è in ciò che non sanno compatire alla fragilità della natura e apprezzare ciò che le è possibile. Non si deve dunque avere un timore disordinato. Perché se la vera sapienza comincia dal timor di Dio, non c'è sapienza spirituale senza timor di Dio, così questo timore non dev'essere disgiunto dalla sapienza.
Un timore ben regolato è come la base alla parola divina. Come infatti una statua ha sempre un piedestallo, e questo piedestallo su cui poggia la statua le dà maggior grazia e le conferisce più solido appoggio: così la divina parola si trova stabilita meglio su un timore ben ordinato, più fortemente radicata nell'anima che teme il Signore; così che impedendo esso alla divina semenza di cadere dal cuore dell'uomo, gli uccelli non possono approfittare della sua incuria e negligenza per venire a rapirla.
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2022-07-31 07:30:41 Nella Messa di questo giorno la Chiesa canta alcuni versetti di sei Salmi differenti che riassumono tutti i pensieri espressi da Salomone nella sua preghiera: «Il Signore è grande e degno di lode nella città del nostro Dio, sulla sua montagna santa» (Versetto dell'Introito, Alleluja). «Chi è dunque Dio se non il Signore?» (Offertorio). È nel suo tempio che si riceve la manifestazione della sua misericordia (Introito) e che «si prova e si sente quanto il Signore sia dolce» (Communio), poiché Egli è «per tutti quelli che sperano in lui un Dio protettore e un luogo di rifugio» (Graduale). - Come il regno di Salomone fu una specie di abbozzo e di figura del regno di Cristo (Secondo Notturno), così il tempio che egli innalzò a Gerusalemme non fu che una figura del cielo nel quale Dio risiede ed esaudisce le preghiere degli uomini. È sulla montagna santa e nella città di Dio (Alleluja) che noi andremo un giorno a lodarlo per sempre.
L'Epistola ci dice che se noi vivremo di Spirito Santo, facendo morire in noi le opere della carne saremo figli di Dio, e che da quel momento, eredi di Dio e coeredi di Cristo, entreremo nel cielo che è il luogo della nostra eredità. Ed il Vangelo completa questo pensiero dicendoci, sotto forma di una parabola, quale sia l'uso che dobbiamo fare delle ricchezze d'iniquità per assicurarci l'entrata nei tabernacoli eterni. Un fattore infedele, accusato di aver dissipato i beni del padrone, si procura degli amici con i beni che questi gli aveva affidato, per avere, dopo esser stato cacciato, «persone pronte ad accoglierlo nelle proprie case». I figli della luce, dice Gesù, contendano per zelo coi figli del secolo, e, imitando la previdenza di questo fattore, utilizzino i beni, che Dio ha messo a disposizione loro per venire in aiuto dei bisognosi e si facciano amici nel cielo, perché quelli che avranno sopportato cristianamente le privazioni sulla terra entreranno lassù e renderanno testimonianza ai loro benefattori nel momento in cui tutti dovranno rendere conto al divino Giudice della loro amministrazione (Vangelo).

All'Epistola. San Paolo procede per paradossi: Se vivete secondo la carne, morrete; se morrete alla carne, vivrete della vita divina, cioè della vita che lo Spirito Santo, per sua grazia, depose nelle anime nostre, e per la quale noi diventiamo figli del Padre, fratelli di Gesù Cristo e con lui eredi del cielo, ove parteciperemo alla vita di Dio e alla sua gloria.

Al Vangelo. Non è l'infedeltà del fattore dopo la sua disgrazia, che Gesù ci dice di imitare, ma la sua previdenza. Dio ha messo a nostra disposizione le ricchezze di questa terra. Invece di usarle, come purtroppo si deve fare, nel male, donde il loro nome di «ricchezze di iniquità», facciamone un buon uso, beneficando quelli che non ne hanno. La carità è la chiave che ci apre il cielo. «Se il padrone, leso nei suoi diritti, dice san Girolamo, loda la previdenza dell'economo che sa provvedere ai suoi interessi, per quanto con frode, quanto più il divin Salvatore, che non può ricevere alcuna perdita e che è sempre proclive alla clemenza, loderà i suoi discepoli quando li vedrà trattare con misericordia quelli che devono credere in lui?». E san Girolamo applica a questo passo non solo ai beni temporali ma anche ai beni spirituali. «Se dunque l'iniquità, per una saggia distribuzione si cambia in giustizia, quanto più la parola di Dio nella quale nulla vi è di ingiusto, e di cui gli Apostoli hanno ricevuto l'ufficio della distribuzione, sarà capace, saggiamente dispensata di elevare al cielo quelli che la dispensano» (Mattutino).
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2022-07-31 07:30:41 OTTAVA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Semidoppio.
Paramenti verdi.

Durante la festa di Pentecoste la Chiesa ha ricevuta la manifestazione dello Spirito Santo e la liturgia di questo giorno ce ne mostra le felici conseguenze. Questo Spirito ci rende figli di Dio, tanto che possiamo dire in tutta verità: Padre nostro; siamo quindi assicurati dell'eredità del cielo (Epistola): ma per questo bisogna che, vivendo per opera di Dio, noi viviamo secondo Dio (Orazione) lasciandoci condurre in tutto dallo Spirito di Dio (Epistola), così Egli ci accoglierà un giorno nei tabernacoli eterni (Vangelo). Sta qui la vera sapienza di cui ci parla la storia di Salomone, della quale in questa settimana si continua la lettura nel Breviario; qui sta la grande opera alla quale il re dedicò tutta la sua vita.
Salomone costruì il Tempio del Signore nella città di Gerusalemme, secondo la volontà di David suo padre, che non aveva potuto edificarlo egli stesso per le continue guerre che i nemici gli avevano mosso contro. Salomone impiegò tre anni a preparare il materiale, cioè le pietre che ottantamila uomini estraevano dalle cave di Gerusalemme e il legno di cedri e cipressi che trentamila uomini abbattevano sul Libano nel regno dell'Iram.
Quando tutto fu pronto si cominciò, nel 480° anno dopo l'uscita dall'Egitto, la costruzione che durò sette anni. Pietre da taglio, legno e fregi ornamentali erano stati così esattamente misurati prima, che i lavori si compivano nel più grande silenzio. Nella casa di Dio non si sentiva colpo di martello, né ascia, né altro strumento di ferro durante il tempo che si edificava. Salomone prese come piano quello del tabernacolo di Mosè; ma gli diede proporzioni più vaste e vi accumulò tutte le ricchezze che potè. I soffitti e i pavimenti di legni preziosi erano rivestiti da placche di oro, gli altari e le tavole erano ricoperti di oro. I candelabri e i vasi erano di oro massiccio. Tutte le mura del tempio erano ornate da cherubini e da palmizi coperti di oro. A lavori terminati, Salomone consacrò con grande solennità questo Tempio al Signore. In presenza di tutti gli Anziani di Israele e di un popolo immenso appartenente alle dodici tribù, i sacerdoti trasportavano l'Arca dell'alleanza nella quale si trovavano le tavole della legge di Mosè, sotto le ali spiegate di due cherubini, ricoperte di oro e alte dieci cubiti, che si innalzavano nel santuario. Si immolarono anche migliaia di pecore e di buoi e, quando i sacerdoti uscirono dal Sancta Sanctorum, una nube riempì la casa del Signore. Allora Salomone levando gli occhi verso il cielo, domandò a Dio di ascoltare le suppliche di tutti quelli, Israeliti o estranei, che sarebbero venuti in differenti circostanze, felici o infelici, nella loro vita, a pregarlo in questo luogo che era stato a lui consacrato. Gli domandò anche di esaudire tutti quelli che, con la faccia rivolta verso Gerusalemme e verso il Tempio, gli avrebbero indirizzato le loro suppliche, per mostrare che Egli aveva scelta questa casa per sua residenza e che non vi era in nessun luogo altro Dio, che quello d'Israele.
Le feste della Consacrazione del Tempio durarono quattordici giorni in mezzo a sacrifici e banchetti sacri. E Il popolo se ne tornò benedicendo il re e sentendo riconoscenza per tutto il bene che il Signore aveva fatto a Israele dal giorno dell'alleanza sul Sinai. Il Signore apparve allora una seconda volta a Salomone e gli disse: «Ho esaudita la tua preghiera, ho scelto e benedetto il Tempio che mi hai innalzato; là saranno sempre i miei occhi e il mio cuore per vegliare sul mio popolo fedele».
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2022-07-30 23:09:41
RUBRICHE PER BREVIARIO E MESSA
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2022-07-30 21:37:46
MARTIROLOGIO ROMANO, 1955

Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.
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2022-07-30 01:05:05 • Commemorazione dei Santi Abdon e Sennen, Martiri

Nel 251, sotto l'imperatore Decio, Abdon e Sennen, nobili Persiani seguaci della fede di Gesù Cristo, accusati di avere sepolto nelle loro terre i corpi dei Cristiani lasciati inumati, furono presi per ordine imperiale, volendosi che sacrificassero agli idoli. Ma essi si rifiutarono di farlo, proclamando nel modo più energico la divinità di Gesù Cristo, e dopo un duro carcere, Decio nel suo ritorno a Roma li portò legati con catene davanti al suo carro trionfale. Trascinati davanti agli idoli della Città, essi in segno d'esecrazione vi sputarono sopra. Per la fede di Cristo, perciò, vennero esposti agli orsi e ai leoni; ma queste fiere non osarono toccarli. Battuti con flagelli piombati, e infine uccisi di spada e legati loro i piedi, vennero trascinati davanti all'idolo del sole. I loro corpi asportati poi segretamente, vennero sepolti dal diacono Quirino nella sua casa, dove restarono per lunghissimo tempo. In seguito, grazie ad una rivelazione, vennero ritrovati e seppelliti nel Cimitero di Ponziano (Roma). Le loro reliquie furono poi traslate nella basilica di San Marco papa al Campidoglio, al tempo di papa Sisto IV (1471-1484): infatti, nel 1948 si rinvenne sotto l'altare maggiore, un'arca granitica contenente una grande cassa di cipresso con molte reliquie e una pergamena datata 1474, che indicava la deposizione delle reliquie dei santi Marco papa, Abdon e Sennen martiri, Restituto ed altri.

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2022-07-30 01:01:37 SANCTA MARIA IN SABBATO

Semplice.
Paramenti bianchi.


La nostra santa Madre Chiesa, dal secolo IX, ha consacrato il sabato alla venerazione della beatissima Vergine Maria. È stato scelto questo giorno in riferimento al riposo che Iddio fece il sabato dopo la Creazione: nel grembo purissimo dell'Immacolata si riposò infatti per nove mesi il Verbo incarnato. Parimenti il Sabato Santo, mentre era spenta la fede degli Apostoli, dei Discepoli e delle Pie Donne, quella della Vergine risplendeva sola nella perfezione, sì che il mattino di Pasqua non andò a cercar tra i morti Colui che sapeva esser vivo. Cinque sono i formulari della memoria di santa Maria in sabato: dell'Avvento, da Natale alla Purificazione, dalla Purificazione a Pasqua, da Pasqua all'ottava di Pentecoste, dall'ottava di Pentecoste all'Avvento o fra l'anno. Nelle messe fra l'anno la Chiesa ci invita a meditare il miracolo della Vergine Madre, della fanciulla di Nazareth predestinata fin dall'eternità e preservata dal peccato originale per essere Genitrice del Redentore, Corredentrice del genere umano, Mediatrice di grazia e modello di ogni virtù. Invochiamo e imitiamo Nostra Signora e non saremo delusi.

Dalla Lettera di sant'Ambrogio Vescovo a Papa Siricio.
Lettera 81 ovvero 7 verso la metà.
Non eccede il limite della fede che un uomo sia uscito da una vergine quando da una roccia scaturì una fonte abbondante, quando un ferro galleggiò sull'acqua, quando un uomo camminò sulle acque. Quindi, se un onda ha portato un uomo, non poté una vergine generare un uomo, e quell'uomo di cui si legge: E il Signore manderà loro un uomo che li salverà, e il Signore sarà conosciuto dagli Egiziani? Nel vecchio Testamento poi una vergine condusse attraverso il mare l'esercito degli Ebrei: nel nuovo Testamento una Vergine, aula di celeste prole, fu scelta per la nostra salvezza.

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