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Nella Messa di questo giorno la Chiesa canta alcuni versetti d | Christus vincit

Nella Messa di questo giorno la Chiesa canta alcuni versetti di sei Salmi differenti che riassumono tutti i pensieri espressi da Salomone nella sua preghiera: «Il Signore è grande e degno di lode nella città del nostro Dio, sulla sua montagna santa» (Versetto dell'Introito, Alleluja). «Chi è dunque Dio se non il Signore?» (Offertorio). È nel suo tempio che si riceve la manifestazione della sua misericordia (Introito) e che «si prova e si sente quanto il Signore sia dolce» (Communio), poiché Egli è «per tutti quelli che sperano in lui un Dio protettore e un luogo di rifugio» (Graduale). - Come il regno di Salomone fu una specie di abbozzo e di figura del regno di Cristo (Secondo Notturno), così il tempio che egli innalzò a Gerusalemme non fu che una figura del cielo nel quale Dio risiede ed esaudisce le preghiere degli uomini. È sulla montagna santa e nella città di Dio (Alleluja) che noi andremo un giorno a lodarlo per sempre.
L'Epistola ci dice che se noi vivremo di Spirito Santo, facendo morire in noi le opere della carne saremo figli di Dio, e che da quel momento, eredi di Dio e coeredi di Cristo, entreremo nel cielo che è il luogo della nostra eredità. Ed il Vangelo completa questo pensiero dicendoci, sotto forma di una parabola, quale sia l'uso che dobbiamo fare delle ricchezze d'iniquità per assicurarci l'entrata nei tabernacoli eterni. Un fattore infedele, accusato di aver dissipato i beni del padrone, si procura degli amici con i beni che questi gli aveva affidato, per avere, dopo esser stato cacciato, «persone pronte ad accoglierlo nelle proprie case». I figli della luce, dice Gesù, contendano per zelo coi figli del secolo, e, imitando la previdenza di questo fattore, utilizzino i beni, che Dio ha messo a disposizione loro per venire in aiuto dei bisognosi e si facciano amici nel cielo, perché quelli che avranno sopportato cristianamente le privazioni sulla terra entreranno lassù e renderanno testimonianza ai loro benefattori nel momento in cui tutti dovranno rendere conto al divino Giudice della loro amministrazione (Vangelo).

All'Epistola. San Paolo procede per paradossi: Se vivete secondo la carne, morrete; se morrete alla carne, vivrete della vita divina, cioè della vita che lo Spirito Santo, per sua grazia, depose nelle anime nostre, e per la quale noi diventiamo figli del Padre, fratelli di Gesù Cristo e con lui eredi del cielo, ove parteciperemo alla vita di Dio e alla sua gloria.

Al Vangelo. Non è l'infedeltà del fattore dopo la sua disgrazia, che Gesù ci dice di imitare, ma la sua previdenza. Dio ha messo a nostra disposizione le ricchezze di questa terra. Invece di usarle, come purtroppo si deve fare, nel male, donde il loro nome di «ricchezze di iniquità», facciamone un buon uso, beneficando quelli che non ne hanno. La carità è la chiave che ci apre il cielo. «Se il padrone, leso nei suoi diritti, dice san Girolamo, loda la previdenza dell'economo che sa provvedere ai suoi interessi, per quanto con frode, quanto più il divin Salvatore, che non può ricevere alcuna perdita e che è sempre proclive alla clemenza, loderà i suoi discepoli quando li vedrà trattare con misericordia quelli che devono credere in lui?». E san Girolamo applica a questo passo non solo ai beni temporali ma anche ai beni spirituali. «Se dunque l'iniquità, per una saggia distribuzione si cambia in giustizia, quanto più la parola di Dio nella quale nulla vi è di ingiusto, e di cui gli Apostoli hanno ricevuto l'ufficio della distribuzione, sarà capace, saggiamente dispensata di elevare al cielo quelli che la dispensano» (Mattutino).