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Gli ultimi messaggi 8

2022-07-25 01:01:25 Omelia di san Giovanni Crisostomo.
Omelia 66 su Matteo.
Nessuno si conturbi, se diciamo che gli Apostoli erano ancora tanto imperfetti, poiché il mistero della croce non era stato ancora consumato, né era stata ancora infusa nei loro cuori la grazia dello Spirito. Che se desideri conoscere la loro virtù, considera quali furono dopo ricevuta la grazia dello Spirito, e vedrai ch'essi superarono ogni malvagia inclinazione. Ed è per questo che si rivela ora la loro imperfezione, perché tu possa apprezzare meglio come furono d'un colpo trasformati dalla grazia. Ch'essi non abbiano chiesto nulla di spirituale, né abbiano avuto alcun pensiero del regno celeste, è evidente. Tuttavia esaminiamo come s'accostano, e che cosa gli dicano: «Vogliamo, dicono, che tu ci conceda quanto ti domanderemo» (Marc. 10:35). Al che Cristo risponde: «Che volete?» non ignorandolo, certo, ma per obbligarli a spiegarsi, affine di scoprire la piaga e applicarvi così il rimedio.
Ma essi, arrossendo per la vergogna e confusi d'essere scesi a sentimenti umani, preso Cristo in disparte, gli fanno la domanda di nascosto dagli altri discepoli. Difatti essi camminarono avanti agli altri, dice l'Evangelista, per non essere intesi; e così espressero finalmente ciò che volevano. E volevano ottenere, com'io presumo, che, avendo udito come i discepoli si sarebbero assisi su dodici troni, occupassero essi i primi di questi troni: giacché sapevano certo di essere amati più degli altri; ma temendo che Pietro fosse loro preferito, osarono dire: «Ordina che seggano uno alla tua destra e l'altro alla sinistra» (Matth. 20:22). E insistono dicendo: «Ordina». Ed egli che risponde? Per far intendere loro che non domandavano nulla di spirituale, e che non sapevano neppure cosa si domandassero, poiché non avrebbero osato domandarlo se l'avessero saputo: «Non sapete, dice, quel che domandate» (Matth. 20:22): non sapete quanto ciò sia grande, quanto meraviglioso, eccedente persino le più alte virtù del cielo.
E aggiunse: «Potete voi bere il calice che berrò io, e battezzarvi col battesimo onde son battezzato io?» (Matth. 20:22). Nota come li rimuove subito da questa speranza, ragionando loro di cose affatto opposte. Voi, dice, mi parlate di onori e di corone; e io vi parlo di lotte e di sudori. Non è questo il tempo delle ricompense, né cotesta mia gloria si manifesterà ora; adesso è tempo di persecuzione e di pericoli. Osserva poi come colla stessa interrogazione li esorta e alletta. Poiché non disse: Potete sostenere i cattivi trattamenti, potete versare il vostro sangue? ma solamente: «Potete voi bere il calice?». E per attirarli soggiunge: «Che berrò io?» affin di disporli meglio a soffrire colla stessa prospettiva di partecipare alle sue sofferenze.

https://sardiniatridentina.blogspot.com/2017/07/san-giacomo-il-maggiore-apostolo.html?m=0

Dal Proprio del Regno di Spagna:

Doppio di I classe con Ottava comune.
Paramenti rossi.


https://tradidiaccepi.blogspot.com/2019/07/san-giacomo-maggiore-apostolo-e-patrono.html?m=1
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2022-07-25 01:01:25 SAN GIACOMO IL MAGGIORE, APOSTOLO

Doppio di II classe.
Paramenti rossi.

Giacomo, Galileo, fratello germano dell'Apostolo Giovanni che era il prediletto del Signore, nacque in Betsaida da Zebedeo e Salome. Già discepolo del Battista, chiamato col fratello tra i primi Apostoli, abbandonò il padre e le reti per seguire il Signore, e tutti e due furono chiamati dallo stesso Gesù Boanerges, cioè figli del tuono. Un giorno sua madre, accostatasi al Salvatore, gli chiese per i suoi due figli, il favore «che sedessero l'uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra nel suo regno» (Vangelo). Il Cristo ne profetizzò allora il martirio. Il santo Apostolo Giacomo «siederà in trono a giudicare le dodici tribù di Israele» (Communio), ma prima dovrà bere lo stesso calice di Gesù (Vangelo) e avere, come tutti gli Apostoli, una vita di sofferenze e di persecuzioni, come quella che descrive l'Epistola. Egli fu uno dei tre Apostoli - gli altri due erano il fratello Giovanni e san Pietro -, che il Salvatore amò di più, e che volle avere come testimoni della sua Trasfigurazione, del miracolo che fece allorché risuscitò la figlia del capo della sinagoga Giairo, e quando si ritirò sul monte degli Olivi per pregare il Padre, prima d'essere preso dai Giudei.
Dopo l'Ascensione di Gesù Cristo al Cielo e l'avvento dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, egli predicò la divinità di Gesù nella Giudea e nella Samaria, convertendo moltissimi alla fede cristiana. Partito poi per la Spagna, vi convertì alcuni a Cristo; di questi in seguito san Pietro ne ordinò sette vescovi e li inviò per primi in Spagna. Nell'anno 40, a Saragozza, in Spagna, fu visitato in bilocazione dalla Vergine che gli consegnò il famoso Pilar (colonnina di alabastro). Quindi ritornato a Gerusalemme, avendo guadagnato, fra gli altri, alla verità della fede il mago Ermogene, e proclamando liberamente la divinità di Gesù Cristo, Erode Agrippa, divenuto re sotto l'imperatore Claudio, per conciliarsi i Giudei, condannò Giacomo alla pena capitale. Colui che l'aveva condotto al tribunale, vedendo il coraggio col quale andava al martirio, si dichiarò cristiano anche lui.
Mentre venivano portati al supplizio, egli chiese perdono a Giacomo; e Giacomo, baciandolo: «La pace sia con te» gli disse. Pertanto vennero tutti e due decapitati; poco prima Giacomo aveva guarito un paralitico. Per timore, sembra, degli Arabi, padroni di Gerusalemme, dicesi che il corpo di questo santo sia stato più tardi traslato a Compostela, in Galizia, e qui rinvenuto nel IX secolo, dove è in sommo onore, accorrendovi pellegrini da tutte le parti del mondo per motivo di pietà e di voti. Per celebrare la memoria del suo natale, la Chiesa ha scelto quest'oggi, ch'è il giorno della sua traslazione, perché fu verso la festa di Pasqua del 44 ch'egli, primo degli Apostoli, rese testimonianza a Gesù Cristo con l'effusione del suo sangue a Gerusalemme.

All'Epistola. San Paolo si rivolge ironicamente ai Corinti, che vogliono piacere a Dio, lasciandosi guidare dalla saggezza come l'intende il mondo. I Corinti pretendevano infatti di unire due cose inconciliabili: la saggezza umana e il cristianesimo, e chiamavano insensati quelli che rinunciavano a ciò che il mondo ricerca. Il Santo Apostolo li contrappone ai veri cristiani che soffrono generosamente per il Cristo e che non cercano di piacere agli uomini, ma piuttosto di essere uno spettacolo che Dio e gli Angeli ammirano. Così fece l'Apostolo san Giacomo.

• Nelle Sante Messe lette:

Commemorazione di san Cristoforo, Martire

Il Martirologio romano ricorda oggi il natale di san Cristoforo, il quale sarebbe appartenuto ad una città di nome Samon (?) in Licia. Egli, sotto Decio, nel 250 circa, battuto con verghe di ferro, e per la superna virtù di Cristo liberato dalle fiamme ardenti, da ultimo, trafitto da colpi di frecce, colla decapitazione compì il martirio. È uno dei quattordici Santi Ausiliatori.
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2022-07-25 00:00:41
RUBRICHE PER BREVIARIO E MESSA
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2022-07-24 22:06:04
MARTIROLOGIO ROMANO, 1955

Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.
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2022-07-24 20:30:33 Matilde di Canossa, viceregina d’Italia

Il 24 luglio 1115 moriva la Contessa Matilde di Canossa, “ancella di san Pietro” (S. Gregorio VII), eroina del Papato Romano contro le pretese cesaree, lesive della libertà della Chiesa. A questa “donna dall’animo virile, propungnatrice della Sede Apostolica, insigne per pietà e per liberalità celeberrima” Urbano VIII fece innalzare nella Basilica Vaticana un monumento ove depose le sue spoglie.

https://www.radiospada.org/2018/04/vita-est-militia-matilde-di-canossa-viceregina-ditalia/
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2022-07-24 01:05:04 • Commemorazione di santa Cristina, Vergine e Martire

Il Martirologio Romano commemora: «A Tiro, presso il lago di Bolsena, in Tuscia, santa Cri­stina, Vergine e Martire. Poiché questa Vergine, credendo in Cristo, aveva spezzato gli idoli d'oro e d'argento del padre, e ne aveva di­stribuito i frammenti ai poveri, per ordine del padre stesso fu lace­rata con flagelli, crudelissimamente tormentata con altri supplizi, e gettata nel lago con un sasso di gran peso, ma ne fu da un Angelo li­berata; quindi, sotto un altro Giudice, successore di suo padre, so­stenne costantemente i più acerbi tormenti; da ultimo, sotto il Preside Giuliano, dopo essere stata illesa per cinque giorni in un'ardente for­nace, dopo aver superato per virtù di Cristo i serpenti, col taglio della lingua e colla trafittura delle frecce compì il corso del suo martirio». Il suo martirio avvenne tra il 303 e il 309.

Oratio
Indulgéntiam nobis, quǽsumus, Dómine, beáta Christína Virgo et Martyr implóret: quæ tibi grata semper éxstitit, et merito castitátis, et tuæ professióne virtútis. Per Dominum nostrum.

O Signore, implori per noi clemenza la beata Cristina vergine e martire, la quale ti fu sempre accetta e per il merito della castità e per la fiducia nella tua potenza. Per il nostro Signore.

Secreta
Hóstias tibi, Dómine, beátæ Christínæ Vírginis et Martyris tuæ dicátas méritis, benígnus assúme: et ad perpétuum nobis tríbue proveníre subsídium. Per Dominum nostrum.

O Signore, accetta benigno i doni che ti offriamo in onore della beata Cristina vergine e martire, e fa' che ci siano di perpetuo aiuto. Per il nostro Signore.

Postcommunio
Divíni múneris largitáte satiáti, quǽsumus, Dómine, Deus noster: ut, intercedénte beáta Christína Vírgine et Mártyre tua, in ejus semper participatióne vivámus. Per Dominum nostrum.

Nutriti dall'abbondanza del dono divino, ti preghiamo, o Signore nostro Dio, per l'intercessione della tua santa vergine e martire Cristina, di farci vivere sempre in questa comunione. Per il nostro Signore.

• Commemorazione del quinto giorno tra l'Ottava di Sant'Elia Profeta, Capo e Padre Nostro (di tutto l'Ordine Carmelitano)

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2022-07-24 01:00:27 Omelia di sant'Ilario Vescovo.
Commento su Matteo, can. 6.
Gesù ci avverte qui che le parole lusinghiere e le arie di mansuetudine si devono valutare dal frutto delle opere; e che uno si deve apprezzare non secondo ciò che si mostra nelle parole, ma secondo che si mostra nei fatti, perché spesso la veste di pecora serve a nascondere la ferocia del lupo. Dunque, come le spine non producono le uve, né i cardi i fichi, e come gli alberi cattivi non danno buoni frutti, così c'insegna che la realtà delle buone opere non consiste in queste maniere esterne, ma che ognuno deve riconoscersi dalle sue opere. Perché non è lo zelo delle parole che conquista il regno dei cieli, né colui che dice: «Signore, Signore» (Matth. 7:21) sarà erede di esso.
Che merito infatti c'è a dire al Signore: «Signore»? Forse egli non sarà Signore, se noi non lo chiameremo così? E che segno di santità c'è nel pronunziare questo nome, quando la via al regno celeste si deve trovare piuttosto nell'obbedienza alla volontà di Dio che nelle parole? «Molti in quel giorno mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo noi forse profetato nel tuo nome?» (Matth. 7:22). Anche qui egli condanna la malafede dei falsi profeti e la finzione degli ipocriti, i quali presumono trarre la gloria dalla virtù d'una parola, dalla profezia, da ciò di cui sono stati istruiti, dal mettere in fuga i demonii, e dagli effetti di opere consimili.
Da tutto questo essi si ripromettono il regno dei cieli: come se qualche cosa di quanto dicono o fanno appartenga loro in proprietà e non sia la potenza divina invocata che opera ogni cosa, essendo il suo insegnamento che procura la scienza e la dottrina, e il nome di Cristo che scaccia i demonii. Quindi bisogna metterci del nostro per meritare la beatitudine eterna, e trarre qualche cosa dal nostro proprio fondo, cioè dobbiamo volere il bene, evitare il male, obbedire con tutto il cuore ai divini precetti e così meritare la sorte d'essere ammessi nell'amicizia di Dio, e vediamo piuttosto di eseguire ciò che egli vuole, che di gloriarci di ciò ch'egli può; ripudiando egli e rigettando quelli che per l'iniquità delle loro opere sono stati allontanati dalla sua amicizia.

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2022-07-24 01:00:27 Dalla Lettera di san Girolamo Prete a Nepoziano.
Lettera 2 tomo 1.
David, già uomo bellicoso, giunto a settant'anni, per il diminuito calore, a causa della vecchiaia, non poteva riscaldarsi. Perciò si cerca una fanciulla d'Israele, Abisag Sunamitide perché dormisse col re e ne riscaldasse il corpo invecchiato. Chi è questa Sunamitide moglie e vergine, tanto calda da riscaldare un re freddoloso, e tanto santa che, riscaldandolo, non lo provoca a libidine? Dica il sapientissimo Salomone in che cosa suo padre trovò sue delizie, ed egli, il pacifico, faccia conoscere l'oggetto delle tenerezze del re guerriero: «Possiedi la sapienza, possiedi la prudenza» (Prov. 4:5-9). Non dimenticartelo, e non allontanarti dalle parole della mia bocca: non l'abbandonare, ed essa ti custodirà: amala, e ti conserverà. Principio di sapienza si è acquistare la sapienza e possedere l'intelligenza a prezzo di tutti i tuoi beni: impossessatene, ed essa ti esalterà; onorala, ed essa ti abbraccerà sì da aggiungere aumento di grazia al tuo capo. Essa ti coprirà altresì con una corona di delizie.
Quasi tutte le forze del corpo vengono meno nei vecchi, e mentre cresce la sola saggezza, tutto il resto diminuisce: digiuni, veglie, cameunie, cioè dormire per terra, passi in ogni senso, premura nell'accogliere i pellegrini, difesa dei poveri, istanza e perseveranza di preghiere, visite degl'infermi, lavoro manuale onde fare elemosina. Insomma, per non farla troppo lunga, tutto ciò che si fa dal corpo, si riduce a minor misura una volta che il corpo s'è affievolito.
Né con ciò voglio dire che i giovani e gli uomini ancora vigorosi, quelli almeno che devono la loro scienza al lavoro e a uno studio assiduo ed insieme a una vita santa e all'abitudine di pregare il Signore Gesù, siano in una fredda indifferenza per la sapienza, e che il suo culto non languisca punto, per effetto dell'età, in molti vecchi; ma dico che l'adolescenza ha da sostenere, da parte del corpo, molte lotte, e che fra l'esca del vizio e le lusinghe della carne, la sapienza, come il fuoco sotto un ammasso di legno verde, si trova così soffocata da non poter mandare il suo splendore. Il vecchio al contrario che informò la sua adolescenza alle arti liberali, e medita giorno e notte la legge del Signore, diventa più dotto cogli anni, meglio formato grazie all'esperienza, più saggio col progresso del tempo, e, nei suoi vecchi giorni, raccoglie i più dolci frutti delle sue antiche fatiche.
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2022-07-24 01:00:27 Laddove, «Quale frutto, chiede l'Apostolo, avete tratto dal peccato, se non la vergogna e la morte eterna?» mentre «ricevendo Dio voi producete frutti di santità e guadagnate la vita eterna» (Epistola). E nostro Signore dice nel Vangelo: «Si riconosce l'albero dai suoi frutti. Ogni albero buono porta frutti buoni e ogni albero cattivo porta frutti cattivi». E aggiunge: «Non sono già quelli che mi dicono: Signore, Signore, che entreranno nel regno dei cieli, ma quelli che fan la volontà del Padre mio che è nei cieli». Così, commentando l'Introito di questo giorno, sant'Agostino dice: «È necessario che le mani e la lingua siano d'accordo: che l'una glorifichi Dio e che le altre agiscano». «La vera sapienza non consiste solamente nell'intendere le parole di Dio, ma nel realizzarle; nel pregare Dio, ma anche nel mostrargli con le opere che lo amiamo». «Il Vangelo, dice sant'Ilario, ci avverte che le parole dolci e gli atteggiamenti mansueti debbono essere valutati dai frutti delle opere e che bisogna apprezzare qualcuno non secondo quello che egli si mostra a parole, ma secondo quello che si mostra ai fatti, perché spesso la veste dell'agnello serve a nascondere la ferocità dei lupi. Dunque, attraverso la nostra maniera di vivere noi dobbiamo meritare la beatitudine eterna, di modo che noi dobbiamo volere il bene, evitare il male e obbedire di tutto cuore ai precetti divini per essere gli amici di Dio mediante il compimento di questi propositi» (Terzo Notturno).
Salomone, il re pacifico, non è che una figura del Cristo: il suo regno che tutti acclamano (Introito, Allelluja) annuncia quello del Messia che è il vero Re della pace; Salomone, il più saggio dei re, presagisce il Figlio di Dio del quale il Padre disse sul Tabor: «Ascoltatelo» (Graduale). Egli presagisce la Sapienza incarnata che ci insegnerà il timor di Dio (Id.) e il modo per distinguere il bene dal male (Vangelo). Gli olocausti, fatti al tempo della consacrazione del Tempio di Salomone (Offertorio) sono, come quello di Abele (Secreta), l'ombra dell'unico sacrificio cruento, che Cristo offrì sul Calvario e che coronò in cielo, ove entrò dopo aver ottenuta la vittoria su tutti i suoi nemici. Questo dichiara il Salmo 46 (Introito), nel quale i Padri hanno visto, sotto il simbolo dell'Arca dell'alleanza che il popolo di Dio fa passare, in mezzo alle acclamazioni, dai campi di battaglia sulla montagna di Sion, una figura dell'Ascensione di Gesù nel regno celeste.

All'Epistola. I peccati della carne e quelli dello spirito hanno per mercede la vergogna e conducono alla morte eterna; le azioni virtuose hanno per ricompensa la santità e conducono alla vita eterna.

Al Vangelo. Ogni uomo è come un albero che produce ogni sorta di frutti; se lo si vuol giudicare basta attendere e considerare i suoi frutti, ossia la sua condotta, le sue azioni, le sue parole che manifestano l'intimo del suo animo: dagli effetti si giudicherà la causa (Fillion). «Ciò che Cristo vuol dimostrare, dice san Giovanni Crisostomo, è che la fede non può salvare senza le buone opere» (Omelia in Mattutino).

All'Offertorio. La seguente antifona è stata scelta, dice Onorio di Autun, per ricordare il sacrificio di mille vittime offerto a Gabaon da Salomone nei primi giorni del suo regno, in seguito al quale ottenne la saggezza. Ma soprattutto l'Antifona ricorda il sacrificio «di un numero grandissimo di pecore e di buoi» che fece Salomone nella dedicazione del Tempio.
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2022-07-24 01:00:27 SETTIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Semidoppio.
Paramenti verdi.

In questa settimana non si poteva scegliere una lettura migliore nel Breviario, del doppio racconto degli ultimi giorni di David - poiché, dice san Girolamo, «tutte le energie del corpo si indeboliscono nei vecchi, mentre solo la sapienza aumenta in essi» (Secondo Notturno) - e della storia di suo figlio Salomone, che fu celebre fra tutti i re per la sapienza.
David, sentendo avvicinarsi il momento della morte, designò come suo successore, fra i suoi figli, Salomone, il diletto da Dio. E Nathan profeta, condusse Salomone a Gihon, ove il sacerdote Sadoc prese dal tabernacolo l'ampolla d'olio e unse Salomone; si suonò la tromba e tutto il popolo disse: «Viva il Re Salomone!» e David disse a suo figlio: «Sarai tu a innalzare il tempio del Signore. Mostrati forte e sii uomo! Osserva fedelmente i comandamenti del Signore, affinché si compia la parola che pronunciò su me: Il tuo nome si è affermato e i tuoi discendenti regneranno per sempre! Tu agirai secondo la tua sapienza, poiché sei un uomo saggio». E David s'addormentò coi suoi padri e fu sepolto nella città che porta il suo nome dopo aver regnato sette anni a Ebron e trentatré anni a Gerusalemme, la fortezza inespugnabile che egli aveva preso ai Filistei. E Salomone si assise sul trono di suo padre e il suo regno fu ben sicuro. Era un giovane di diciassette anni, amava il Signore e gli offriva olocausti.
Iddio apparve in sogno a Salomone e gli disse: «Chiedi tutto quello che vuoi e io te lo darò». Salomone gli rispose: «Signore, io non sono che un fanciullo per regnare al posto di David, mio padre; accordami la sapienza affinché io possa discernere il bene dal male e conduca il tuo popolo sulle tue vie». E Dio aggiunse: «Ecco io ti dono un cuore saggio e intelligente, tale che tu supererai tutti i sapienti che furono e quelli che verranno, e ciò che tu non mi hai chiesto (lunga vita, ricchezza, trionfi) te lo darò in più». Secondo la promessa del Signore, Salomone non solo fu il più sapiente, ma il più splendido e possente re d'Israele. Tutti i re gli apportavano i loro doni e tutte le nazioni che fino ad allora avevano disprezzato Israele, ne ricercavano l'alleanza. La regina di Saba venne a consultarlo e rimase piena di ammirazione per tutto quello che vide e intese da lui. Il Faraone, re d'Egitto, gli dette la figlia in isposa; Hiram, re di Tiro, fece con lui alleanza e un trattato, pel quale, in compenso del grano, dell'orzo, del vino, dell'olio, che le campagne della Palestina producevano abbondantemente, gli forniva legni preziosi delle foreste del Libano, e operai per la costruzione del tempio. Salomone insegnò al popolo il timor di Dio e questi lo protesse in tutte le imprese e lo aiutò quando il suo fratello maggiore avrebbe voluto regnare in sua vece. Così si realizzarono le parole che Salomone medesimo pronunciò e che san Girolamo ci ricorda nell'ufficio di oggi: «Non disprezzare la sapienza e questa ti difenderà. Mettiti in possesso della sapienza e acquista la prudenza; impadronisciti di essa ed essa ti esalterà; tu sarai glorificato da essa e, quando l'avrai abbracciata, ti metterà sul capo splendori di grazia e ti coprirà di una gloriosa corona». «Infatti colui che giorno e notte, commenta san Girolamo, medita la legge del Signore, diventa più docile con gli anni, più gentile, più saggio col progresso del tempo e negli ultimi giorni raccoglie i più dolci frutti dei suoi lavori d'altri tempi» (Secondo Notturno).
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