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Favole della buonanotte

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Indirizzo del canale: @favole
Categorie: Assistenza all'infanzia
Lingua: Italiano
Abbonati: 866
Descrizione dal canale

Ogni giorno una favola da leggere ai tuoi bimbi. La vita di ogni uomo è una favola scritta da Dio. I bambini non ricorderanno se la casa era lustra e pulita, ma se leggevi loro le favole. #ascoltare #aforisma #Filastrocche Per ogni info @Deejay_k

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2020-12-22 19:51:46 84. Il regalo di Babbo Natale

Babbo Natale partì dal Polo Nord il giorno della vigilia. I folletti quel dì ebbero un gran da fare per finire di preparare i giocattoli e incartarli in bei pacchettini, così da riempire la slitta.
Finalmente partì. Il viaggio fu abbastanza movimentato e pieno di soste. In una di queste incontrò un ragazzo povero, ma entusiasta del Natale che lo aspettava con ansia. A Babbo Natale, quando vide la gioia negli occhi di quel bambino, gli si riempi il cuore di felicità; gli piaceva consegnare i doni soprattutto se come ricompensa riceveva allegria dai bambini.
Finalmente, il Buon Vecchio dalla barba bianca, arrivò alle porte della città a bordo della sua tintinnante e scintillante slitta. Babbo Natale non vedeva l’ora di consegnare tutti quei regali ai bambini e di godersi la gioia dei loro visetti al momento di scartarli. Incitò le sue renne e a gran velocità entrò allegramente sotto l’arco della porta principale.
Era notte fonda. Cominciò a vedere qualcosa di strano, non riusciva a distinguere in giro neanche un segno del Natale: non c’erano alberi addobbati, nessuna stella cometa fatta di lampadine, le vetrine erano tutte buie. Quando poi la sua slitta passò sotto le finestre della scuola elementare il suo sbalordimento fu davvero grande; non c’era niente alle finestre, neanche un piccolo disegno.
Babbo Natale fu preso dallo sconforto e cominciò a pensare che si fossero dimenticati di lui, ma subito si riprese e bussò ad una porta per chiedere spiegazioni.
Venne ad aprire un vecchio malandato che lo guardò con occhi assenti e spiegò a Babbo Natale che anche quel giorno avevano subito dei bombardamenti, perché quella città era in guerra e quindi la gente avendo paura di morire si rinchiudeva nei cunicoli più protetti e profondi. Per questo i bambini non andavano a scuola e si erano nascosti, e tutte le luci della città erano spente per non farsi vedere dal nemico.
A queste parole Babbo Natale si rattristò moltissimo e allo stesso tempo pensò che doveva regalare un po’ di felicità.
Tirò fuori dal sacco un enorme mantello nero e lo distese sopra la città, coprendola tutta, per nasconderla al nemico. Suonò la campana e raccolse ogni abitante in piazza dove addobbò il più grosso albero di Natale, illuminò la città per intero con mille luci e distribuì tanti doni, a piccoli e grandi.
E, come per incanto, anche gli occhi delle persone tornarono a brillare!
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2020-12-22 19:51:12 83. La Notte Santa

Era la Notte Santa. Un povero calzolaio lavorava ancora nella sua unica stanza,dove viveva insieme alla moglie.
Entro la mattina successiva avrebbe dovuto consegnare un paio di scarpe per il figlio di un ricco signore.
– Hai già pensato a quello che potremmo comprarci con il guadagno di questo lavoro? – chiese il calzolaio alla moglie.
– Sono piccole ci daranno ben poco! – scherzò lei
– Accontentiamoci,meglio questo che niente! –
Il calzolaio appoggiò le scarpe sul banco e se le guardò soddisfatto. – Guarda che meraviglia! -esclamò – e senti come sono calde con questa pelliccia dentro!
– Un paio di scarpette degne di Gesù Bambino – disse la moglie
– Hai ragione! – rispose il calzolaio mettendosi a spazzolarle.- Allora che cosa pensi di comprare per il pranzo di domani? – riprese l’uomo dopo un attimo.
– Ma pensavo a un cappone –
– Già senza un cappone non sarebbe un vero Natale. –
– Forse anche mezzo –
– D’accordo e poi? –
– Due fette di prosciutto –
– Sicuro: il prosciutto come antipasto! E poi? –
– E poi il dolce –
– E poi la frutta secca –
– Giusto e da bere? –
– Una bottiglia di spumante –
– Si una bottiglia basterà ma che sia buono.-
A quel punto si sentì un colpo alla porta.
– Hanno bussato – chiese l’uomo
– Ma chi sarà a quest’ora? Forse il cliente –
– No gliele devo portare io domattina –
– Allora sarà il vento –
Ma il rumore si sentì di nuovo. La donna aprì la porta ed ebbe un moto di sorpresa, un bambino la guardava con grandi occhi neri, dalla soglia della porta. I suoi capelli erano tutti spettinati e i vestiti erano laceri e sporchi – Entra piccolo – lo invitò la donna.
Il bambino entrò, aveva le labbra bluastre dal freddo, il calzolaio guardò subito i suoi piedini – Ma tu sei scalzo – gridò.
Il piccolo non parlò guardò le scarpe anzi le accarezzò con gli occhi ma senza invidia.
L’uomo e la moglie guardarono prima i piedini nudi del bambino e poi le scarpe sul tavolo, quindi la donna fece un cenno al marito e il calzolaio prese in mano le scarpe le osservò contento e disse – Prendile te le regalo sono morbide e calde- La moglie aiutò il bambino a infilarsele.
– Grazie – rispose sorridendo – Sono le prime che porto. Ora però devo andare,buonanotte –
Il calzolaio e la moglie non ebbero neanche il tempo di salutarlo che il bambino era già sparito.
– E’fatta – esclamò l’uomo – Ora niente più prosciutto, nè cappone, nè frutta, nè dolce e neanche lo spumante, in fondo a me lo spumante non piace nemmeno –
– E io non digerisco il cappone, anche del prosciutto posso farne a meno e il dolce poi ci è rimasta qualche noce e un po’ di pane raffermo – disse la donna
– Va benissimo passeremo un bel Natale –
Tutti e due pensavano al bambino
– Penso che gli siano piaciute molto le mie scarpe – aggiunse il calzolaio
– Si mi sembrava molto contento –
In quel momento suonò la Messa di mezzanotte e la stanza si illuminò all'improvviso, il calzolaio e la moglie furono abbagliati da quella luce; poi, quando riaprirono gli occhi nel punto in cui il bambino aveva calzato le scarpe videro spuntar miracolosamente un abete con una stella in cima. Dai rami penzolavano capponi, prosciutti, dolci, frutta secca e bottiglie di spumante.
Soltanto allora capirono chi fosse quel bambino e si inginocchiarono a ringraziare Dio.
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2020-12-22 19:50:31 82. La stella di Natale

Quest’anno – disse il signor Beltempo un mattino –
dobbiamo pensare in tempo all'albero di Natale e
prepararne uno enorme e bellissimo.
– Bene – fu d’accordo la signora Beltempo – ce ne procureremo uno che arrivi
fino al soffitto.
I cinque bambini Beltempo pensarono che era un’idea meravigliosa. La sera,
il signor Beltempo arrivò a casa carico di pacchetti che contenevano splendidi
nuovi ornamenti per l’albero: grandi palline colorate e lucenti, frutta fatta di
vetro soffiato, campanelli che tintinnavano, uccellini dai colori dell’arcobaleno;
la cosa più bella era un grande angelo dorato e lucente.
– Questo andrà sulla cima dell’albero – disse il signor Beltempo. – Abbiamo
usato troppo a lungo la vecchia stella, è ora di sostituirla.
A queste parole, il viso della signora Beltempo si rabbuiò. Anche i bambini
assunsero un’aria scontenta.
– Quella stella era già sulla punta dell’albero quando io ero bambina – disse la
signora.
– Quando pensiamo al Natale noi pensiamo a quella stella! – dissero Maria e
Marco, i due bambini più grandi. Anche Michele e Miriam, i due bambini di
mezzo, volevano la stella. E Marta, la bambina piccola, disse:
– Niente stella? Ma io voglio la stella!
Allora il babbo ebbe un’idea: prese l’angelo e lo pose sulla cappa del camino.
– Ecco il posto adatto per l’angelo – disse. -Sta bene qui, vero? Dopotutto, il
nostro albero non deve essere grande e nuovo al punto che non sembri più
neppure il nostro albero.
Allora tutti i Beltempo trassero un sospiro di sollievo e andarono a cena con
gli occhi scintillanti di gioia, così scintillanti che pareva che un pezzetto di
stella fosse entrato in essi.
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2020-12-22 19:49:56 81. I folletti e il calzolaio

C’era una volta un calzolaio che nella bottega aveva il cuoio per un solo paio di scarpe.
Una mattina entrò nel suo negozio e vide sul deschetto un paio di scarpe già belle e cucite.
Rimase stupito dal fatto, poi però le prese e le pose in vetrina.
Poco dopo entrò un signore e le comperò.
Con quel denaro il calzolaio comprò il cuoio per altre due paia di scarpe.
La mattina trovò nuovamente sul deschetto due paia di scarpe ben rifinite.
E non mancarono i compratori, così che il calzolaio poté comperare altro cuoio.
La mattina dopo trovò tutte le scarpe bell’e cucite.
E così andò avanti: il cuoio che preparava la sera, la mattina lo trovava in numero di scarpe sempre maggiore.
Il Natale era vicino e il calzolaio disse alla moglie:
Invece di andare a letto, non potremmo aspettare per vedere chi è che ogni notte viene ad aiutarci? La moglie rispose subito di sì e si nascosero in un angolo.
Ed ecco a mezzanotte in punto comparvero due ometti piccolini, belli e ben fatti, vestiti della sola camicia, i quali sedettero uno di qua e uno di là davanti al deschetto del calzolaio e, con le esperte manine cominciarono a unire, a forare, a battere, a cucire.
Prima dell’alba filarono via senza che si potesse vedere di dove passavano per uscire.
La mattina, la moglie disse al calzolaio:
Non ti pare che dovremmo dimostrare la nostra gratitudine a quei due ometti?
M’è venuta l’idea che con la sola camicia addosso forse hanno freddo: non sarebbe bene che io cucissi per loro camicine,. mutandine, giacchettine, berrettini e calzettini?
Il marito rispose subito:
Magnifica idea!
La moglie si mise al lavoro e quando tutto fu pronto disposero i doni sul banco e si, nascosero per vedere che cosa avrebbero fatto i due folletti. A mezzanotte, quando questi entrarono, e videro quei graziosi indumenti, scoppiarono in una gioia indescrivibile.
In un momento indossarono tutto, si guardarono allo specchio, poi si misero a: passeggiare dicendo: – Come siamo belli! Come ci stanno bene questi vestiti!
Si misero a ballare e a saltare sulle sedie e sui panchetti, finché così ballando e saltando uscirono come sempre senza che si potesse vedere come.
Da quella sera non tornarono più.
Ma il calzolaio era ormai ricco e poteva vivere contento e felice.
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2020-12-22 19:49:28 80. Storia del piccolo abete

Era autunno e gli alberi del bosco perdevano le foglie. E non erano affatto contenti di rimanere nudi e spogli, coi rami stecchiti. Per questo non badavano al pianto di un uccellino che si trascinava per terra perché aveva un’ala spezzata. L’uccellino si fermò al piede della quercia e le disse: “Oh quercia grande e potente, fammi rifugiare tra i tuoi rami! Ho un’ala spezzata e il freddo che sta per arrivare può farmi morire”.
“Non ho voglia di essere buona!” rispose la quercia. “Quando perdo le foglie sono di cattivo umore”.
L’uccellino si trascinò allora ai piedi di un castagno: “Oh, signore del bosco” cinguettò “fammi rifugiare in un buco del tuo tronco! Ho un’ala spezzata e non so dove passare l’inverno”.
Il castagno fu scosso da un forte soffio di vento e molte foglie caddero. “Non sono il signore del bosco” disse “Se lo fossi, proibirei al vento di strapparmi le foglie, ma non ho tempo di occuparmi di una creaturina piccola come te!”.
L’uccellino, sospirando, chiese aiuto a un altro albero, poi ad un altro ancora, ma tutti gli risposero di no, perché perdevano le foglie e si sentivano cattivi. Allora, il povero uccellino si accucciò per terra e, se avesse saputo farlo, avrebbe pianto.
“Dove vai, povero uccellino dall'ala spezzata?” chiese un piccolo abete che ancora aveva tutti i suoi aghi verdi.
“Non vado in nessun posto” rispose l’uccellino, “nessun albero ha voluto darmi rifugio per quest’inverno”.
“Te lo darò io” disse il piccolo abete. “Quando avrò perdute le foglie, stringerò più forte i rami per ripararti. Speriamo di farcela”.
In quel momento apparve un grande angelo bianco. Disse: “Il Signore ti ha benedetto, piccolo albero. Tu non perderai la tua veste verde nemmeno in inverno. Dio premia tutti gli atti di bontà”.
Venne l’inverno, e il bosco era silenzioso e ammantato di neve. Gli alberi erano immobili e stecchiti come se fossero morti. Ma il piccolo abete non aveva perduto le foglie. Era rimasto col suo vestito verde ed era il solo in tutto il bosco.
Un giorno passò il vecchio Dicembre. Cercava un albero per appendervi i doni che ogni anno portava alle famiglie. Ma quegli alberi così spogli gli mettevano la la tristezza nel cuore.
“Non posso attaccare i lumini e i doni a un albero dai rami stecchiti” diceva, e sospirava. Stava per andarsene, quando vide un alberello tutto verde. Era il piccolo abete che aveva dato rifugio all'uccellino.
“Oh” esclamò gioiosamente il vecchio Dicembre “Ho trovato finalmente l’albero che ci vuole!”
Da allora l’abete, che resta sempre verde, anche d’inverno, fu scelto per appendervi i lumini e i doni ed è accolto con gioia da tutte le famiglie.
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2020-12-22 19:48:37 79. L’uccellino di Natale

Quando giunse l’inverno tutti gli uccellini del bosco partirono. Soltanto un piccolo uccellino decise di rimanere nel suo nido dentro un cespuglio di agrifoglio:
voleva a tutti i costi attendere la nascita di Gesù per chiedergli qualcosa. L’inverno fu lungo e molto nevoso. Il povero uccellino era stremato dal freddo e dalla fame.
Finalmente arrivò la Notte di Natale. Quando lo uccellino fu dinnanzi al Bambino appena nato, disse : “Caro Gesù, vorrei che tu dicessi al vento invernale del bosco di non spogliare l’agrifoglio. Così potrei restare nel mio nido I e attendere la nuova primavera”.
Gesù sorrise, poi chiamò un angelo e gli ordinò di esaudire il desiderio di quell'uccellino. Da allora, l’agrifoglio conserva le sue verdi foglie anche d’inverno. E per riconoscerlo dalle altre piante, l’angelo vi pose, delle piccole bacche rosse e lucide.
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2020-12-22 19:48:01 78. Il pettirosso

Nella stalla dove stavano dormendo Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù, il fuoco si stava spegnendo. Presto ci furono soltanto alcune braci e alcuni tizzoni ormai spenti. Maria e Giuseppe sentivano freddo, ma erano così stanchi che si limitavano ad agitarsi inquieti nel sonno.
Nella stalla c’era un altro ospite: un uccellino marrone; era entrato nella stalla quando la fiamma era ancora viva; aveva visto il piccolo Gesù e i suoi genitori, ed era rimasto tanto contento che non si sarebbe allontanato da lì neppure per tutto l’oro del mondo.
Quando anche le ultime braci stavano per spegnersi, pensò al freddo che avrebbe patito il bambino messo a dormire sulla paglia della mangiatoia. Spiccò il volo e si posò su un coccio accanto all’ultima brace.
Cominciò a battere le ali facendo aria sui tizzoni perché riprendessero ad ardere. Il piccolo petto bruno dell’uccellino diventò rosso per il calore che proveniva dal fuoco, ma il pettirosso non abbandonò il suo posto. Scintille roventi volarono via dalla brace e gli bruciarono le piume del petto ma egli continuò a battere le ali finché alla fine tutti i tizzoni arsero in una bella fiammata.
Il piccolo cuore del pettirosso si gonfiò di orgoglio e di felicità quando il bambino Gesù sorrise sentendosi avvolto dal calore.
Da allora il petto del pettirosso è rimasto rosso, come segno della sua devozione al bambino di Betlemme.
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2020-12-22 19:47:25 77. La stellina curiosa

C’era una volta una stellina molto curiosa. Stava sempre spenzolata dal cielo per guardare tutto quel che accadeva sulla Terra. Invano l’angelo lampionaio, che va la sera in giro per il cielo ad accendere le stelle, le diceva: – Bada, stellina, non spenzolarti così: una volta o l’altra finirai per cadere.
La stellina faceva proprio come fanno certi bambini di mia conoscenza quando la mamma raccomanda loro di non spenzolarsi dalla finestra: fingeva di non udire.
Una brutta sera la stellina si spenzolò più del solito e, patapumfete, perse l’equilibrio e cadde sulla Terra.
Povera stellina, che spavento! Rotola rotola, andò a finire sul ciglio di un monte: era sempre una stellina, ma non c’era più l’angelo lampionaio per accenderla, e perciò non mandava più luce.
Il buon Dio ebbe pietà della stellina spenta e la trasformò in un fiore: fece di lei la stella alpina, che spicca tutta bianca fra il verde, e sembra una stella caduta dal cielo. Ma, lo credereste, anche trasformata in un fiore, la stellina non ha perduto il vizio di essere curiosa: sta sul ciglio del burrone, proprio sul margine estremo, e si spenzola nel vuoto per guardare quel che avviene sotto di lei. Non allungate la mano per coglierla, bambini: la stellina pettegolina cresce in posti troppo pericolosi.
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2020-12-22 19:46:53 76. Le stelle d’oro

Era rimasta sola al mondo. L’avevano messa sopra una strada dicendole: – Raccomandati al cielo, povera bimba!
E lei, la piccola orfana, s’era raccomandata al cielo! Aveva giunte le manine, volto gli occhi su, su in alto, e piangendo aveva esclamato: – Stelle d’oro, aiutatemi voi!
E girava il mondo così, stendendo la manina alla pietà di quelli che erano meno infelici di lei. L’aiutavano tutti, è vero, ma era una povera vita, la sua: una vita randagia, senza affetti e senza conforti.
Un giorno incontrò un povero vecchio cadente; l’orfanella mangiava avidamente un pezzo di pane che una brava donna le aveva appena dato.
– Ho fame – sospirò il vecchio fissando con desiderio infinito il pezzo di pane nelle mani della bimba; – ho tanta fame!
– Eccovi, nonno, il mio pane, mangiate.
– Ma, e tu?
– Ne cercherò dell’altro.
Il vecchio allora la benedisse: – Oh, se le stelle piovessero su te che hai un cuore così generoso!
Un altro giorno la poverina se ne andava dalla città ala campagna vicina. trovò per via una fanciulla che batteva i denti dal freddo; non aveva da ricoprirsi che la pura camicia.
– Hai freddo? – le domandò l’orfanella.
– Sì, – rispose l’altra – ma non ho neppure un vestito.
– Eccoti il mio: io non lo soffro il freddo, e se anche lo sento, mi rende un po’ meno pigra.
– Tu sei una stella caduta da lassù; oh se potessi, vorrei… vorrei che tutte le altre stelle ti cadessero in grembo come pioggia d’oro.
E si divisero. L’orfanella abbandonata continuò la strada che la conduceva in campagna, presso una capanna dove pensava di riposare la notte, e l’altra corse via felice dell’abitino che la riparava così bene.
La notte cadeva adagio adagio e le stelle del firmamento si accendevano una dopo l’altra come punti d’oro luminosi. L’orfanella le guardava e sorrideva al ricordo dell’augurio del vecchio e di quello uguale della bimba cui aveva regalato generosamente il suo vestito. Aveva freddo anche lei, ora; ma si consolava perché la cascina a cui era diretta non era lontana; già ne aveva riconosciuti i contorni.
– Ah sì! – pensava: – se le stelle piovessero oro su di me ne raccoglierei tanto tanto e farei poi tante case grandi grandi per ospitare i bambini abbandonati. Se le stelle di lassù piovessero oro, vorrei consolare tutti quelli che soffrono; sfamerei gli affamati, vestirei i nudi… Mi vestirei – disse guardandosi con un sorriso; – io mi vestirei perché, davvero, ho freddo.
Si sentì nell'aria un canto di voci angeliche, poi il tintinnio armonioso di oro smosso. La bimba guardò in alto: subito cadde in ginocchio e tese la camicina. Le stelle si staccavano dal cielo, e , cambiate in monete d’oro, cadevano a migliaia attorno a quell'angioletto che, sorridendo, le raccoglieva felice:
– Sì, sì! Farò fare, sì, farò fare uno, no… tanti bei palazzi grandi per gli abbandonati e sarò il conforto di tutti quelli che soffrono!
Dal cielo, il soave canto di voci di paradiso ripeteva: – Benedetta! Benedetta!
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2020-12-22 19:46:13 75. A Nazaret

Un giorno Gesù, appena di cinque anni, sedeva sulla soglia di casa, a Nazaret, intento a formare degli uccellini da un blocco di argilla che gli aveva regalato il vasaio di fronte.
Sui gradini della casa vicina sedeva un bambino di nome Giuda; tutto graffi e lividure e i vestiti a brandelli per le continue risse con altri ragazzi di strada. In quel momento era tranquillo, non tormentava nessuno, né s’accapigliava con i compagni, ma lavorava anche lui a un blocchetto di argilla.
A mano a mano che i due bimbi facevano i loro uccellini li mettevano in cerchio dinanzi a sé.
Giuda, che di tratto in tratto guardava furtivo il compagno per vedere se facesse più uccelli di lui e più belli, gettò un grido di meraviglia quando vide che Gesù tingeva i suoi uccellini con il raggio di sole colto dalle pozze d’acqua.
Anche lui allora immerse la mano nell’acqua luminosa. Ma il raggio di sole non si lasciò pigliare. Filava via dalle sue mani per quanto egli si affaticasse a muovere lesto le dita tozze per acchiapparlo, e ai suoi uccelli non poté dare neppure un pochino di colore.
– Aspetta, Giuda – esclamò Gesù – vengo io a colorire i tuoi uccellini.
– No, non devi toccarli; stanno bene così! – gridò Giuda; poi, in un impeto d’ira calcò il piede suoi suoi uccelli riducendoli l’uno dopo l’altro in un ammasso di fango.
Quando tutti gli uccelli furono distrutti si avvicinò a Gesù, che stava accarezzando i suoi, sfavillanti come pietre preziose. Giuda li osservò un momento in silenzio, poi alzò il piede e ne pestò uno.
– Giuda, che fai? Non sai che sono vivi e possono cantare?
Ma Giuda rideva e ne calpestò un altro, poi un altro, un altro ancora.
Gesù si guardò attorno cercando un soccorso. Giuda era lato, robusto ed egli non aveva la forza di fermarlo. Guardò la madre; non era lontana, ma prima che fosse venuta Giuda avrebbe distrutto tutti gli uccelli.
Gli si riempirono gli occhi di lacrime. Quattro erano già ridotti in mota; ne rimanevano tre ancora.
Gesù si struggeva che i suoi uccellini stessero quieti e si lasciassero calpestare senza fuggire alla rovina. Allora batté le mani per destarli e gridò: – Volate! Volate!
I tre uccelletti cominciarono a muovere le ali, le batterono timorosi, poi presero il volo fino all'orlo del tetto dove si sentirono in salvo.
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