2022-06-10 21:15:15
Titolo:
La mia giornata nell'altra terra Autore: Peter Handke
Traduttore: Alessandra Iadicicco
Editore: Guanda
Genere: narrativa
Data: 05.05.2022
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#recensione
Questo breve romanzo sviluppa in tre capitoli.
È stato scritto tra l’estate e l’autunno del 2020 (nel pieno della pandemia) e non a caso, secondo me, Peter Handke parla dei demoni che ossessionano il protagonista e della volontà di liberarsene.
“E tuttavia, per chi avesse orecchie per sentire, era chiaro come il sole che io, in quella lingua sconosciuta, con una sintassi misteriosa e una grammatica indecifrabile, facevo udire parole di benevolenza quali in nessuna altra lingua nazionale nota, e perfino in nessuna delle cosiddette lingue universali, sarebbero state possibili o sarebbero potute diventare efficaci.”
Questa è una storia singolare, ambientata tra due terre: “Nella mia vita c’è una storia che non ho ancora raccontato a nessuno. E se ora, piuttosto tardi, finalmente mi ci metto, quel che va raccontato, sebbene io stesso, quantomeno per l’inizio della storia, ne sia il protagonista e l’unico attore, non proviene, né in parole, né in immagini, da me. Questa storia qui, nella sua prima parte, l’ho vissuta sulla mia pelle, proprio io in carne e ossa, più di tutte le altre storie della mia vita. Ne so però soltanto per sentito dire: dai racconti di altri, della mia famiglia e, più intensamente ancora, in maniera più estesa, dai racconti di terzi, della gente del villaggio; se non, con effetto oggi ancora maggiore, di tutti quelli a me totalmente sconosciuti delle località circostanti e anche ben oltre al di là di queste.”
Più andavo avanti con la lettura più ho visto l’altra terra, quella che si è palesata ai nostri occhi durante la pandemia e soprattutto durante il primo lockdown.
Non è stato forse proprio durante il primo lockdown che ciascuno di noi ha sentito l’urgenza del bisogno degli altri?
“E quanto mi sembrava, con il passare del tempo, che non fossi io ad aver bisogno degli altri, ma anzi, in nome della paura quale uno dei loro principali segni di vita, che fossero loro ad aver bisogno di me, di me che, stando alle apparenze, ero quello pericoloso, il posseduto. «Stanchezza e bisogno, bisogno e stanchezza»: i versi di un canto?”
Il giorno in cui avviene la liberazione, il protagonista è stato ricolmo di benedizioni, abitando la «Saumseligkeit», cioè la “lentezza, indolenza che ha due significati su cui si può giocare – il primo è, da Säumen, indugiare, e selig, beato, «bearsi nell’indugio», l’altro, da Saum, orlo, «bearsi dei margini, degli orli» – a cui se ne aggiunge un altro, per arbitrio, per me solo, un terzo modo di giocare con la «Saumseligkeit»: accorgersi degli orli più lontani, come nell’immagine che segue, l’immagine che scaturisce da quella originaria, della mia beatitudine davanti agli orli delle nuvole irradiati dal sole lassù in alto, nell’azzurro dell’estate.”
È un romanzo breve, un condensato di metafore.
Su Goodreads
https://www.goodreads.com/review/show/4775796812
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