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Gli ultimi messaggi 15

2022-07-17 13:05:04 Dal libro di sant'Ambrogio Vescovo.
Sulle Vergini Libro 2 dopo l'inizio.
Sia delineata per voi come in un'immagine la Verginità e la vita della beata Maria, della quale come in uno specchio rifulge la bellezza della castità e la forma della virtù. Che prendiate da ciò pure esempi di vita: ove come in un modello presentano insegnamenti manifesti di probità, cosa dovete correggere, fuggire, conservare. Il primo ardore è di conoscere la nobiltà del Maestro. Cosa è più nobile della Madre di Dio? Cosa più illustre di lei, che lo splendore strappa? Cosa più casto di lei, che generò un individuo senza legame corporale?
Infatti quale delle altre sue virtù parlerò? Era Vergine non solo nel corpo, ma anche nella mente, lei che non alterava il sincero affetto con nessuna ambizione di astuzia. Umile di cuore, grave nelle parole, prudente d'animo, più parca nel parlare, più zelante nell'ascoltare; riponendo la speranza non nell'incertezza delle ricchezze, ma nella preghiera del povero: intenta all'opera, vereconda nella conversazione, solita ricercare non l'uomo, ma Dio padrone della mente: non ledere nessuno, voler bene a tutti: innalzarsi ai maggiori di età, non invidiare agli eguali, fuggire la iattanza, seguire la ragione, amare la virtù.
Quando costei lese almeno collo sguardo i Genitori? Quando dissentì dai parenti? Quando non sopportò l'umile? Quando derise l'infermo? Quando evitò l'indigente? solita visitare solo quelle folle di uomini, che non arrossiva la misericordia, e non andava oltre la verecondia? Nulla di torvo negli occhi, nulla di impudente nelle parole, nulla di inverecondo nella condotta: non gesto più languido, non portamento più smodato, non voce più insolente, affinché la stessa bellezza del corpo fosse stata simulacro della mente, figura di probità. La buona dimora certo si deve riconoscere nello stesso vestibolo, e al primo ingresso premetta che nulla all'interno celi delle tenebre, affinché la nostra mente, non impedita da nessun attacco corporale, risplenda fuori come luce della lucerna posta all'interno. Cosa perseguirà la parsimonia dei cibi, la sovrabbondanza dei doveri? Ignara di uscire di casa, se non quando conveniva in assemblea. Così Maria si rivolgeva a tutti, quasi fosse esortata da molti: così compiva tutti i doveri di virtù, che non tanto apprendeva, quanto insegnava. L'Evangelista la mostrò tale, tale l'Angelo la trova, tale lo Spirito Santo la elegge.
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2022-07-17 13:00:40 SECONDO GIORNO TRA L'OTTAVA DELLA COMMEMORAZIONE SOLENNE DELLA BEATA VERGINE MARIA DEL MONTE CARMELO

Semidoppio.
Paramenti bianchi.


Il monte Carmelo fu sede di eremiti, emuli del profeta Elia, fin da prima del Cristianesimo. Lo stesso Elia su quel monte ricevette una “apparizione” della Vergine in quella nuvoletta che si levava dal mare (Cfr. 1Re 18:42-45). Sempre nello spirito del Profeta Elia e sotto il Patrocinio della medesima Vergine vissero su quella vetta monaci cristiani, probabilmente maroniti che seguivano la regola di san Basilio. A questi nel secolo XII, si unirono anche dei Latini, i quali diedero vita all'Ordine dei Fratelli di Santa Maria del Carmelo (i Carmelitani), che poi si diffusero per tutta la Cristianità. Nel 1245 Innocenzo IV approvò la Regola dei Carmelitani sotto il generalato di san Simone Stock. Il 16 luglio 1251, la Beata Vergine Maria apparve al santo rimettendogli l'abito che doveva essere il segno distintivo dell'Ordine. Innocenzo IV benedisse questo vestito e concesse numerosi privilegi, non soltanto per i membri di quest'Ordine, ma anche per tutti quelli che entrassero nella Confraternita della Madonna del Monte Carmelo. Portando lo scapolare, che è la riduzione di quello dei Padri Carmelitani, essi partecipano a tutti i loro meriti e possono sperare, da parte della Vergine, una pronta liberazione dal Purgatorio nel primo sabato dopo la loro morte (il cosiddetto privilegio sabatino), se sono stati fedeli nell'astinenza, nella castità secondo il loro stato, nella diffusione zelante della devozione mariana e nel recitare le preghiere prescritte da Giovanni XXII nella Bolla, detta Sabatina, pubblicata il 3 marzo 1322, in seguito a una richiesta esplicita della stessa Vergine del Carmine apparsa al sommo Pontefice nel 1316. La festa, prima solamente dei Carmelitani, fu introdotta nel Messale Romano per tutta la Chiesa da Benedetto XIII nel 1726.
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2022-07-17 07:05:02 Omelia di san Girolamo Presbitero.
Libro 3 sul cap. 19 di Matteo.
Grande fiducia! Pietro era pescatore, non era mai stato ricco, si guadagnava il cibo col lavoro delle mani; e tuttavia dice con gran sicurezza: Abbiamo abbandonato tutto. E siccome non basta solo abbandonare, aggiunge ciò che è perfetto: E ti abbiamo seguito. Abbiamo fatto quello che hai comandato: che cosa ci darai dunque per ricompensa? E Gesù disse loro: In verità vi dico: voi che mi avete seguito, quando nella rigenerazione il Figlio dell'uomo siederà sul trono della sua maestà, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele. Non disse: Voi che avete lasciato ogni cosa, poiché questo lo fece anche il filosofo Crates, e molti altri disprezzarono le ricchezze, ma disse: Voi che mi avete seguito; il che è proprio degli apostoli e dei credenti.
Nella rigenerazione, quando il Figlio dell'uomo si sarà assiso sul trono della sua maestà - quando anche i morti risorgeranno incorrotti dalla corruzione - siederete anche voi sui seggi dei giudici a condannare le dodici tribù Israele, perché, mentre voi credeste, esse non vollero credere. E chi avrà lasciato la casa, o i fratelli, o le sorelle, o il padre, o la madre, o la moglie, o i figli, o i campi per amor del mio nome, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna. Questo passo è in armonia con l'altra affermazione del Salvatore che dice: Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre suo, e la figlia dalla madre, e la nuora dalla suocera; e l'uomo avrà per nemici quelli di casa. Coloro dunque che, per la fede in Cristo e per la predicazione del Vangelo avranno disprezzato tutti gli affetti e le ricchezze e i piaceri del mondo, costoro riceveranno il centuplo e possederanno la vita eterna.
Da questa affermazione alcuni prendono occasione per sostenere che dopo la risurrezione ci sarà un periodo di mille anni nel quale, dicono, riceveremo il centuplo di tutto ciò che abbiamo lasciato e poi la vita eterna; non comprendendo che, se per tutte le altre cose la ricompensa è conveniente, per quanto riguarda la moglie, sarebbe una vergogna che colui che ne ha lasciata una per il Signore in futuro ne ricevesse cento. Questo dunque è il significato: chi avrà abbandonato per il Salvatore i beni carnali, ne riacquisterà di spirituali; e paragonare il valore di questi a quello dei primi, sarà come paragonare il numero cento ad un piccolo numero.

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Ex Proprio Missarum pro Clero Almae Urbis ejusque Districtus ~ Duplex

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2022-07-17 07:05:02 • Commemorazione di sant'Alessio, Confessore

Alessio, nobilissimo Romano, figlio del Senatore Eufemiano, lasciata per un vivo amore a Gesù Cristo e dietro particolare avviso di Dio la prima notte delle nozze la sua sposa vergine, intraprese il pellegrinaggio dei più celebri santuari del mondo. Durante questi viaggi rimase sconosciuto per diciassette anni, finché un giorno avendo un'immagine della santissima Vergine Maria divulgato il suo nome in Edessa, città della Siria, partì subito su di una nave. Approdato al porto di Roma, fu ricevuto da suo padre come un povero straniero; e dopo esser rimasto sotto il tetto paterno diciassette anni a tutti sconosciuto, se ne volò al cielo sotto il pontificato d'Innocenzo I, lasciando uno scritto col suo nome, cognome e il rimanente dell'intera sua vita. Ma dopo la morte, riconosciuto per una voce che si udì nelle chiese di Roma e per il suddetto suo scritto, al tempo del medesimo papa Innocenzo I, fu con sommo onore trasferito alla chiesa di san Bonifacio, dove rifulse per molti miracoli.

Dal libro dei Morali di san Gregorio Papa.
Libro 10, cap. 16. sul cap. 12 di Giobbe.
«La semplicità del giusto sarà derisa» (Job. 12:4). La sapienza di questo mondo consiste nel nascondere il cuore con ogni astuzia, nell'occultare colle parole il pensiero; nel far vedere vero ciò ch'è falso e nel mostrare falso ciò ch'è vero. Questa sapienza certo i giovani la acquistano coll'uso, i fanciulli l'apprendono col danaro; quelli che la posseggono, insuperbiscono e disprezzano gli altri; quelli che non la conoscono, sottomessi e timidi l'ammirano negli altri; perché essi amano quella stessa iniqua doppiezza, mascherata di altro nome, venendo qualificata urbanità siffatta perversità di spirito. Questa sapienza mondana insegna ai suoi discepoli a ricercare il colmo degli onori, a gioire vanamente dell'acquisto di una gloria temporale, a rendere abbondantemente agli altri il male ricevutone; a non cedere mai, finché le forze assistono, a chi fa opposizione; e, quando manca il coraggio, a dissimulare sotto apparenza di bontà e dolcezza, l'impotenza della loro malizia.
La sapienza dei giusti al contrario consiste nel non agire mai per ostentazione, nel dire ciò che si pensa, nell'amare il vero com'è, nell'evitare il falso, nel far il bene gratuitamente, nel soffrire il male molto volentieri piuttosto che farlo, nel non cercare vendetta dell'ingiuria, nello stimare un guadagno l'oltraggio che si sostiene per la verità. Ma questa semplicità dei giusti viene derisa; poiché i sapienti di questo mondo credono una sciocchezza la virtù della sincerità. Tutto ciò infatti che si fa innocentemente, senza dubbio essi lo stimano stoltezza e tutto ciò che ha l'impronta della verità nelle (nostre) opere, suona stoltezza alla sapienza carnale. Infatti che di più stupido agli occhi del mondo che manifestare il proprio pensiero quando si parla, non simulare niente con abili espedienti, non ripagare gli affronti con ingiurie, pregare per quelli che ci maledicono, cercare la povertà, abbandonare i propri beni, non resistere a chi ci deruba, offrire l'altra guancia a chi ci percuote?
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2022-07-17 07:01:26 Omelia di sant'Ambrogio Vescovo.
Libro 6 al capo 9 di Luca dopo il principio.
Dopo che questa donna, che figurava la Chiesa, fu guarita da perdita di sangue, dopo che gli Apostoli furono scelti ad evangelizzare il regno di Dio, Gesù distribuì l'alimento della grazia celeste. Ma osserva a chi egli lo dispensa. Non agli oziosi, non a quelli che se ne stanno in città, cioè a quelli che s'attardano nella sinagoga o si compiacciono degli onori del secolo; ma a quelli che cercano Cristo fin nel deserto. Quelli che vincono ogni ripugnanza, essi sono accolti da Cristo, con essi s'intrattiene il Verbo di Dio, non degli affari del mondo, ma del regno di Dio. E se fra questi ve n'ha che siano afflitti da infermità corporali, egli accorda subito loro il beneficio della guarigione.
Era quindi naturale ch'egli tenesse in riserva un alimento spirituale per far cessare il digiuno di quelli le cui ferite andava guarendo. Pertanto nessuno prende il cibo di Cristo, se prima non sia guarito; e, quelli che sono invitati alla cena, sono prima guariti colla chiamata divina. Colui ch'era zoppo ricevé, per venire, la facoltà di camminare: colui ch'era privo della vista degli occhi, certo, non poté entrare nella casa del Signore, se non dopo che gli fu resa la luce.
C'è dunque un ordine misterioso sempre osservato: prima la remissione dei peccati guarisce le ferite spirituali, poi si accorda l'alimento della mensa celeste con larghezza; e tuttavia questa moltitudine non è ancora chiamata a nutrirsi di alimenti più sostanziosi, e quei cuori, mancanti di fede solida, non sono punto ristorati dal corpo e sangue di Cristo. «Vi ho nutriti, dice l'Apostolo, di latte, non di cibo solido; perché ancora non potevate digerirlo, ma e neppure adesso lo potete» (1Cor. 3:2). Qui i cinque pani ricordano il latte: il cibo più sostanzioso è il corpo di Cristo; la bevanda più corroborante è il sangue del Signore.

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2022-07-17 07:01:26 Dal libro di sant'Ambrogio Vescovo sull'Apologia di David.
Apologia 1 cap. 2.
Ciascun di noi quante colpe commette a tutte le ore! E tuttavia nessuno di noi, che siamo il popolo, pensa all'obbligo di confessarle. David, questo re sì grande e potente, non poté tenere in sé neppure un piccolo momento il peccato che pesa sulla coscienza; ma con una pronta confessione e con un dolore immenso si scaricò del suo peccato davanti al Signore. Mi troveresti ora facilmente un ricco ed onorato il quale, rimproverato di qualche colpa, non lo soffra con molestia? Egli invece, nello splendore della potenza reale, encomiato sì sovente dalle sante Scritture, allorché un uomo privato gli rimprovera un grave delitto, non freme di sdegno, ma confessa la sua colpa e ne geme con dolore.
Ed il Signore fu così tocco da questo intimo dolore, che Natan disse: Perché ti sei pentito, anche il Signore ha cancellato il tuo peccato. La prontezza del perdono dimostra che il pentimento del re era ben profondo, per cancellare così l'offesa d'un tal traviamento. Gli altri uomini, quando vengono ripresi dai sacerdoti, aggravano il loro peccato sia col cercare di negarlo, sia di scusarlo; e commettono così una colpa maggiore proprio là dove si sperava di vederli rialzarsi. Ma i santi del Signore, che bramano di continuare il pio combattimento e di correre la via della salute, se talvolta, uomini quali sono, avviene loro di mancare più per fragilità di natura che per proposito di peccare, si rialzano più ardenti alla corsa, e stimolati dall'onta della colpa, la compensano con più rudi combattimenti; così che la caduta, invece di aver causato loro qualche ritardo, non ha servito che a stimolarli e a farli avanzare di più.
David peccò, cosa che accade spesso ai re; ma fece penitenza, pianse, gemé, ciò ch'è assai raro nei re. Confessò la sua colpa, ne implorò il perdono prostrato a terra, deplorò la sua fragilità, digiunò, pregò, e, manifestando così il suo dolore, trasmise ai secoli futuri la testimonianza della sua confessione. La confessione che i privati si vergognano di fare, non si vergognò di farla questo re. Coloro che sono soggetti alle leggi, osano negare il loro peccato, sdegnano di domandare questo perdono, che sollecitò un sovrano che non era soggetto alle leggi di nessun uomo. Peccando, egli diede segno della sua fragile condizione; supplicando, diede prova d'emenda. Il cadere è cosa di tutti, ma confessarsene è di pochi. L'essersi macchiato di colpa dimostra fragilità di natura: l'averla lavata dimostra virtù.
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2022-07-17 07:01:26 Poi bisogna accostarci all'altare (Communio) per ricevervi l'Eucaristia la cui virtù divina ci fortificherà contro i nostri nemici (Postcommunio) e ci manterrà nel fervore della pietà (Orazione), poiché il Signore è la forza del suo popolo che lo condurrà per sempre (Introito). Per questo la Chiesa ha scelto per il Vangelo la narrazione della moltiplicazione dei pani, figura dell'Eucaristia, che è il nostro viatico. La Comunione, identificandosi con la vittima del Calvario, non solamente perfeziona in noi gli effetti del Battesimo, facendoci morire con Gesù al peccato, ma ci fa trovare al santo banchetto la forza che ci è necessaria per non ricadere nel peccato e per «consolidare i nostri passi nei sentieri del Signore» (Offertorio). E in questo senso sant'Ambrogio commenta questo Vangelo. Cristo disse: «Io non voglio rimandarli digiuni per paura che essi muoiano per via. Il Signore pieno di bontà sostiene le forze; se qualcuno soccomberà non sarà per causa del Signore Gesù, ma per causa di se stesso. Il Signore pone in noi elementi fortificanti; il suo alimento è la forza, il suo alimento è il vigore. Così, se per vostra negligenza, avete voi perduta la forza che avete ricevuta, non dovete incolpare gli alimenti celesti che non mancarono, ma voi stessi. Infatti Elia, quando stava per soccombere, non camminò per quaranta giorni ancora, avendo ricevuto il cibo da un angelo? Se voi avete conservato il cibo ricevuto, camminerete per quarant'anni e uscirete dalla terra d'Egitto per giungere alla terra immensa che Dio ha promesso ai nostri Padri».

All'Introito. Il versetto Salvum fac dell'Introito, si ritrova nel Te Deum, dove si domanda a Dio di preservarci dal peccato.

All'Epistola. Innestati in Cristo, tutti i suoi misteri si devono riprodurre in noi: con lui dobbiamo morire al peccato e con lui vivere una vita tutta nuova.

All'Alleluja. Salmo di Davide, che esprime i trattamenti ricevuti da spietati nemici e l'incrollabile fiducia del Salmista in Dio.

Al Vangelo. Gesù ha compassione della turba e dà da mangiare a 4000 uomini, senza di che, «sarebbero venuti meno per via». «Egli prese i sette pani, rese grazie a Dio, li spezzò, li diede ai suoi discepoli da distribuire, ed essi li distribuirono alla turba» (Vangelo). Questo miracolo si riconnette in qualche modo alla promessa della istituzione del SS. Sacramento. Così quando Gesù la realizzò all'Ultima Cena, san Paolo scrive che: «prese del pane e rese grazie, lo spezzò e disse: Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo»; e aggiungendo: «Fate questo in memoria di me», ordinò agli Apostoli e ai loro successori di consacrare allo stesso modo il pane soprannaturale, che deve sostenere le anime, e distribuirlo in tutta la terra fino alla fine dei secoli. Questo pane divino è un viatico tanto nel viaggio di questa vita che nel viaggio delle anime per l'eternità: di qui il nome di viatico dato all'Eucaristia ricevuta in punto di morte.
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2022-07-17 07:01:26 SESTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Semidoppio.
Paramenti verdi.

Un solo pensiero domina tutta la liturgia di questo giorno: bisogna distruggere in noi il peccato con profondo pentimento e chiedere a Dio di darci la forza per non ricadervi. Il Battesimo ci ha fatto morire al peccato e l'Eucarestia ci dà la forza divina necessaria per perseverare nel cammino della virtù. La Chiesa, ancora tutta compenetrata del ricordo di questi due Sacramenti che ha conferito a Pasqua e a Pentecoste, ama parlarne anche «nel Tempo dopo Pentecoste».
Le lezioni del Primo Notturno, quali si leggono nel Breviario, raccontano, sotto la forma di apologo, la gravità della colpa commessa da David. Per quanto pio egli fosse, questo grande Re aveva lasciato entrare il peccato nel suo cuore. Volendo sposare una giovane donna di grande bellezza, di nome Bethsabea, aveva ordinato di mandare il marito di lei Uria, nel più forte del combattimento contro gli Ammoniti, affinché restasse ucciso. Così sbarazzatosi in questo modo di lui, sposò Bethsabea che da lui già aveva concepito un figlio.
Il Signore mandò il profeta Nathan a dirgli: «Vi erano due uomini nella città, uno ricco e l'altro povero. Il ricco aveva pecore e buoi in gran numero, il povero non aveva assolutamente nulla fuori di una piccola pecorella, che aveva acquistata e allevata, e che era cresciuta presso di lui insieme con i suoi figli, mangiando il suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno: essa era per lui come una figlia. Ma essendo venuto un forestiero dal ricco, questi, non volendo sacrificare nemmeno una pecora del suo gregge per imbandire un banchetto al suo ospite, rapì la pecora del povero e la fece servire a tavola». David sdegnatosi, esclamò: «Come è vero che il Signore è vivo, questo uomo merita la morte». Allora Nathan disse: «Quest'uomo sei tu, poiché hai preso la moglie di Uria per farla tua sposa, mentre potevi sceglierti una sposa fra le giovani figlie d'Israele. Pertanto, dice il Signore, io susciterò dalla tua stessa famiglia (Assalonne) una disgrazia contro di te». David, allora, pentitosi, disse a Nathan: «Ho peccato contro il Signore». Nathan riprese: «Poiché sei pentito il Signore ti perdona; tu non morrai. Ma ecco il castigo: il figlio che ti è nato, morrà». Qualche tempo dopo infatti il fanciullo morì. E David umiliato e pentito andò a prostrarsi nella casa del Signore e cantò cantici di penitenza (Communio).
«David, questo re così grande e potente, dice sant'Ambrogio, non può mantenere in sé neppure per breve tempo il peccato che pesa sulla sua coscienza: ma con una pronta confessione, e con immenso rimorso, confessa il suo peccato al Signore. Così il Signore, dinanzi a tanto dolore, gli perdonò. Invece gli uomini, quando i Sacerdoti hanno occasione di rimproverarli, aggravano il loro peccato cercando di negarlo o di scusarlo; e commettono una colpa più grave, proprio là dove avrebbero dovuto rialzarsi. Ma i Santi del Signore, che ardono dal desiderio di continuare il santo combattimento e di terminare santamente la vita, se per caso peccano, più per la fragilità della carne che per deliberazione di peccato, si rialzano più ardenti alla corsa e, stimolati dalla vergogna della caduta la riparano coi più rudi combattimenti; cosicché la loro caduta invece d'essere stata causa di ritardo non ha fatto altro che spronarli e farli avanzare più celermente» (Secondo Notturno). Da ciò si comprende la scelta dell'Epistola nella quale san Paolo parla della nostra morte al peccato. Nel Battesimo siamo stati seppelliti con Cristo, la nostra vecchia umanità è stata crocifissa con lui perché noi morissimo al peccato. E come Gesù dopo la risurrezione è uscito dalla tomba, così noi dobbiamo camminare per una nuova via, vivere per Dio in Gesù Cristo (Epistola). E qualora avessimo la disgrazia di ricadere nel peccato, bisogna domandare a Dio la grazia di esserci propizio di liberarcene (versetto dell'Introito, Graduale, Alleluja, Secreta), ridonandoci la grazia dello Spirito Santo, poiché da lui parte ogni dono perfetto (Orazione).
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2022-07-16 23:38:49
RUBRICHE PER BREVIARIO E MESSA
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2022-07-16 22:37:24
MARTIROLOGIO ROMANO, 1955

Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.
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