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Gli ultimi messaggi 6

2021-10-17 19:25:54 IL LUOGO DEL RICOVERO. Non sappiamo quanti "pazienti" furono salvati da morte certa grazie al coraggio e all'astuzia dei medici: le testimonianze raccontano di almeno 45 persone, ma potrebbero essere state decine di più. In seguito, l'ospedale romano, che aveva alle spalle una lunga tradizione di protezione dei perseguitati, fece installare nei suoi sotterranei una radio per le comunicazioni con il Comando Alleato di Brindisi. Quando si sparse la voce che i nazisti sarebbero venuti a cercarla perché sapevano delle trasmissioni, la radio fu gettata nel Tevere.
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2021-10-17 19:25:44 VIETATO ENTRARE. I medici iniziarono ad ammettere i fuggitivi in ospedale, diagnosticando ai neoricoverati una pericolosa (ma inesistente!) malattia, la sindrome di K: K per "Kesserling", il generale nazista incaricato di mantenere il controllo dell'Italia occupata e difenderla dalle truppe Alleate che avanzavano da sud - e K era anche l'iniziale di Herbert Kappler, il tenente colonnello delle SS a capo della Gestapo a Roma che guidò la retata. Ma per i tedeschi la sindrome di K evocava la malattia di Koch, ossia la tubercolosi: i militari ne erano terrorizzati.

I medici intimarono di non accedere ai reparti dove erano ricoverati i "contagiosi" pazienti. «Il giorno in cui i nazisti arrivarono in ospedale», racconta Sacerdoti, «qualcuno venne nel nostro studio e disse: "Dovete tossire, tossire continuamente perché questo li spaventa, non vogliono contrarre una pericolosa malattia e non entreranno. I nazisti pensarono che fosse cancro o tubercolosi, e scapparono.»
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2021-10-17 19:25:33 LA RETATA NEL GIORNO DEL RIPOSO. All'alba del 16 ottobre 1943, sabato (il giorno del riposo per gli ebrei), le truppe tedesche fecero irruzione nel ghetto di Roma per un rastrellamento mirato degli appartenenti della comunità ebraica romana, reso possibile dall'elenco dei loro nominativi forniti dal Ministero dell'Interno del governo Mussolini. Furono sequestrate 1.024 persone (di cui 200 bambini), poi deportate al campo di sterminio di Auschwitz. Solo in 16 sopravvissero per raccontare quegli eventi, e tra questi nessun bambino. In quelle ore drammatiche molte famiglie cercarono rifugio nel vicino Ospedale Fatebenefratelli, sull'Isola Tiberina.

Vittorio Sacerdoti era un giovane medico di 28 anni quando, con l'aiuto del primario, Giovanni Borromeo, e di alcuni combattenti antifascisti, mise a punto un piano per nascondere il maggior numero possibile di ebrei prima che venissero rastrellati dalla Gestapo.
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2021-10-17 19:25:22 Nell'ottobre del 1943, nei giorni più drammatici dell'occupazione nazista in Italia, una malattia sconosciuta e contagiosa iniziò a circolare nel centro di Roma: la sindrome di K, che si rivelò fin da subito un incubo per i tedeschi, ma che fu la salvezza per decine di cittadini ebrei della Capitale. Perché si trattava di un morbo fittizio, di una malattia inesistente!

La storia di come una finta malattia riuscì a fare leva sulle ipocondrie dei soldati della Gestapo è stata raccontata da Adriano Ossicini, politico italiano, antifascista e membro della Resistenza, e confermata nel 2004 dal medico ebreo Vittorio Sacerdoti in un'intervista alla BBC, in occasione del 60esimo anniversario della Liberazione di Roma dall'esercito tedesco (4-5 giugno 1944).
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2021-10-17 19:25:16
Sindrome di K: la malattia fasulla che spaventò i nazisti

Storia della malattia fittizia grazie alla quale i medici del Fatebenefratelli di Roma misero in salvo decine di ebrei, nel 1943, durante la razzia nel Ghetto.
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2021-09-10 21:31:14 IL SUO DOLORE IN VERSI.

Leggendoli ci si riesce a fare un'idea precisa della sua solitudine e della sua vita familiare: "Solitaria vago in questo mondo, alla gioia, alla vita da tempo ho voltato le spalle; con nessuno condivido la mia vita, mai vi fu alcuno che mi abbia capito. […]Sono circondata dai parenti, ma soltanto al corpo e al sangue sono vicini; dieci volte è sprangata la mia interiorità e ben chiuso è ogni accesso".

Gli ultimi anni furono molto tristi: dopo il suicidio del figlio Rodolfo, una morte avvenuta in circostanze mai del tutto chiarite, Elisabetta perse qualsiasi interesse per la vita. Vestita sempre di nero, prese a viaggiare su e giù per l'Europa senza mai trovare pace. La bellezza ormai svanita fu celata da un ventaglio nero pronto ad aprirsi all'improvviso, per coprire quel volto ormai stanco e sofferente. La morte inaspettata, per mano dell'anarchico italiano Luigi Lucheni, la liberò da un male di vivere precursore di tante storie simili della nostra epoca.
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2021-09-10 21:30:04 Consapevole dell'effetto suscitato dal suo aspetto sottile e slanciato, Elisabetta cercò di sottolineare ancora di più la sua figura e, temendo che i vestiti non fossero abbastanza aderenti e tendessero a formare pieghe sgradite, pretese che le fossero cuciti direttamente addosso. Dal momento che era costretta a cambiarsi d'abito di frequente, questo procedimento poteva ripetersi più volte nel corso della stessa giornata, e la semplice allacciatura del busto poteva durare anche un'ora. Più avanti negli anni, per mantenere i fianchi snelli, dormiva stretta in panni bagnati. E faceva immersioni nell'olio d'oliva per conservare la pelle morbida.

L'OSSESSIONE PER LA CURA DEL CORPO. Sissi aveva anche una vera e propria ossessione per i suoi capelli. Dotata, in effetti, di una lunghissima chioma fluente e resistente, una rarità per l'epoca, trascorreva molte ore in compagnia della sua parrucchiera, Fanny Angerer, per curarla e acconciarla in modo magistrale. Il lavaggio veniva effettuato ogni tre settimane e durava una giornata intera, mentre la cura quotidiana esigeva tre ore. Nella sua biografia sull'imperatrice, la storica tedesca Brigitte Hamann scrive: "Quella massa di capelli era così pesante da far venire talvolta il mal di testa ad Elisabetta. In questi casi restava seduta al mattino per ore nel suo appartamento, con i capelli trattenuti in alto da nastri. Così risultava diminuito il peso dei capelli e la testa dolente riceveva un po' d'aria".
Per mantenersi sempre in forma, l'imperatrice aveva fatto installare alcune piccole palestre nei palazzi in cui alloggiava. Ce n'era una persino nel complesso dell'Hofburg. Vi erano attrezzi di tutti i tipi, tra i quali una coppia di anelli. Il lettore di greco dell'imperatrice, Costantin Christomanos, trascrisse questa deliziosa scena: "Sono arrivato proprio mentre si sollevava reggendosi agli anelli. Indossava un abito di seta nera con un lungo strascico orlato di magnifiche piume di struzzo. Non l'avevo mai vista in un abbigliamento così sfarzoso. Appesa agli anelli, faceva un'impressione fantastica: come una creatura per metà serpente e per metà uccello". E poi annotava ammirato: "Finito l'esercizio Sissi esclamò: 'Se le arciduchesse sapessero […] che ho fatto ginnastica con questo vestito, rimarrebbero di stucco, ma l'ho fatto solo en passant. Di solito sbrigo questa faccenda la mattina presto o la sera. Conosco gli obblighi del mio rango'".
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2021-09-10 21:29:17 ALLA RICERCA DI UN'IDENTITÀ. "Un gabbiano di Nessundove io sono, nessun lido considero mia patria, nessun luogo, nessun posto a sé mi lega; è di onda in onda invece che io volo". Così scriveva nel suo diario l'imperatrice Elisabetta d'Austria. Bellissima e inquieta, amata e tormentata, Elisabetta era costantemente in fuga dalla rigida corte di Vienna, che opprimeva il suo desiderio di vivere lontana da qualsiasi costrizione o imposizione. Sissi, infatti, non si rassegnò mai al ruolo impostole di imperatrice, moglie e madre, ma continuò a ricercare una dimensione che esprimesse la sua individualità più profonda senza riuscirvi. Il suo grande dramma consistette principalmente nell'impossibilità di potersi realizzare secondo la sua natura, portandola a convivere con una profonda solitudine interiore.

I viaggi, la palestra all'interno della Hofburg, il palazzo imperiale di Vienna, la rigidissima dieta per avere un vitino di vespa, il suo amore per i classici greci e tante altre piccole manie venivano derise dalla corte viennese. Così Sissi, sentendosi sempre più disprezzata, tese a isolarsi sempre di più. La nuora Stefania, nel suo libro Come non fui imperatrice, descrisse la suocera con queste parole: "L'imperatrice Elisabetta aborriva l'etichetta e fuggiva volentieri nella solitudine, lontano dalle usanze della corte imperiale. […] Odiava il martirio di quella schiavitù, come essa usava definire i doveri della sua posizione. […] Ella riteneva che ognuno avesse diritto alla propria libertà".

IL MARITO FRANCESCO GIUSEPPE. Non riuscì a trovare il conforto che desiderava neppure all'interno della vita matrimoniale: suo marito l'imperatore Francesco Giuseppe era molto preso dagli impegni di Stato, e aveva una mentalità troppo diversa per comprendere le problematiche della moglie. Elisabetta si ritrovò così in disparte in una corte fredda e ostile, lontana dagli affetti familiari della sua infanzia. La privacy a cui tanto aspirava venne meno e il suo compito, oltre a dare al mondo l'erede maschio, fu quello di entrare il prima possibile nel suo ruolo di imperatrice.
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2021-09-10 21:29:14
La vita difficile di Sissi, l'imperatrice Elisabetta d'Austria
Diversamente da come racconta la trilogia cinematografica degli anni '50 dedicata a Sissi, Elisabetta di Baviera visse infelice finché fu assassinata, il 10 settembre 1898.
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2021-08-22 13:18:40
Ecologia I girasoli seguono sempre il Sole? Solo "da giovani", poi puntano a est.

Non è vero che i girasoli si rivolgono costantemente verso il Sole: lo fanno solo in età giovanile, successivamente si orientano verso est. Come mai?

Una scomoda verità sui girasoli è che quello per cui sono più famosi non succede sempre, anzi. Ci riferiamo al fatto che nel corso della giornata i fiori della specie Helianthus annuus orientano la loro corolla in direzione del Sole, per ricevere il massimo dei benefici da un'illuminazione diretta. La verità a cui accennavamo è che questo succede solo negli esemplari giovani: superata una certa età lo stelo dei girasoli si indurisce, i fiori smettono di girare e "scelgono" un orientamento dal quale non si schioderanno più per tutta la vita. Che è lo stesso per tutti: girati verso est.
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