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Fiabe per tutti

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Fiabe per tutte le età Contattaci per ogni info @Deejay_k Sezioni #Grimm #Esopo #Fedro #Andersen #Perrault #wilde #Capuana #Aforisma #regionali #ascoltare #moderne #classica #internazionali #Natale #biografia

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Gli ultimi messaggi 2

2022-07-11 18:39:57 La cosa più preziosa
Intanto Ivan, toccato il fondo marino, era svenuto. Quando riaperse gli occhi si trovò seduto sopra uno scoglio, vicino a un gigante che toccava il fondo del mare con i piedi, e usciva dall’acqua fino ai gomiti.
– Ti ho salvato io – spiegò il gigante che aveva i baffi lunghi due metri – e se vuoi sapere anche il resto, ti dirò che la tua principessa sposerà Fedor, mentre Vassilij si prenderà le tue ricchezze.
– Ti prego – implorò Ivan – fammi ritornare a casa! Aiutami!
– Avrei voluto tenerti con me – borbottò il gigante – ma non sarebbe stato giusto. Perciò ti accompagnerò a casa, ma, prima di lasciarti andare, vorrei che tu rispondessi a questa domanda: qual è la cosa più preziosa che ci sia in terra e in mare?
– Il sale – rispose Ivan. Allora il gigante si mise il giovane sulle spalle e lo trasportò fino alla soglia di casa: poi scomparve. Ivan fece per entrare quando udì suo padre che diceva:
– Siete stati molto bravi, figli miei! Ma dove sarà finito Ivan?
– Nella taverna di qualche porto – risero i fratelli.
In quel momento Ivan spalancò la porta. La principessa lo vide e gli corse incontro, buttandogli le braccia al collo. Il padre guardò i figli maggiori e chiese tutto sorpreso:
– Che cosa significa questo?
Ma i figli non diedero spiegazioni: balzarono fuori dall’uscio e corsero fino alle navi, spiegarono le vele e si allontanarono al più presto.
Ivan e la bella principessa si sposarono e vissero felici per moltissimi anni.
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2022-07-11 18:39:57 – Entra, fratello, e riposati quanto vuoi – rispose il capocuoco, e Ivan, dalla sua panca, poté osservare il personale di cucina che preparava le pietanze dello zar.
Chi manipolava la pasta, chi rimestava, chi puliva i pesci, che faceva rosolare l’arrosto: cuochi e cuoche aggiungevano nelle vivande erbe aromatiche e spezie di ogni genere: ma di sale neanche l’ombra. Quando il pranzo fu pronto, tutti uscirono per imbandire la mensa e Ivan, rimasto solo, aperse il suo sacchetto e gettò rapidamente un pizzico di sale nelle pentole e nei tegami. Poi sgattaiolò fuori e tornò alla sua nave.

Grandi affari
Quel giorno, a tavola, lo zar ebbe una serie di sorprese: la minestra era squisita, il pesce aveva un sapore delicato e persino il dolce era più buono del solito. Allora chiamò i cuochi.

– È la prima volta che assaggio cibi così gustosi! Come li avete cucinati?
– Come al solito, maestà – risposero i cuochi – Non riusciamo a capire neppure noi perché oggi il pranzo sia riuscito così bene.
– Però – esclamò ad un tratto il capocuoco – in cucina c’era uno straniero, che, adesso, è tornato alla sua nave. Forse egli ne sa qualcosa.
– Venga subito alla mia presenza – comandò lo zar; non appena Ivan si presentò, gli chiese con voce irata:
– Che cosa hai aggiunto nelle mie vivande?
Ivan si gettò in ginocchio: – Perdonatemi, maestà: ho messo nei cibi un pizzico di sale. Dalle nostre parti si usa così.
– È meraviglioso! – esclamò lo zar – Comprerò io tutto il tuo sale. Quanto chiedi?
– Poco: per ogni misura di sale, voglio una misura d’oro e una misura d’argento.
– È un prezzo conveniente. Fa scaricare la nave mentre io preparerò il compenso.
Così fu fatto. Per scaricare il sale occorsero tre giorni, e altrettanti per caricare l’oro e l’argento. La stiva fu tanto piena che non ne sarebbe entrato un grammo di più. Il giovane Ivan era già pronto a spiegare le vele, quando al porto giunse la figlia dello zar accompagnata dalle damigelle.
– Straniero, non ho mai visitato una nave – disse la fanciulla – posso veder questa?
Ivan fu ben contento di fare da guida alla bella principessa, ma mentre la conduceva sul ponte, il cielo si oscurò e sul mare scoppiò una violenta burrasca. Trascinata dal vento, la nave ruppe gli ormeggi e fu spinta a tale distanza che quando ritornò il sereno, la terra non si vedeva più.

Viaggio di ritorno
La principessa si mise a piangere, e Ivan cercò di consolarla:
– È il destino che vuole così: ti farò conoscere il mio paese e se vorrai ci sposeremo.
Ivan era un bel giovane: la principessa sorrise. Il viaggio continuò allegramente, e dopo molti giorni furono avvistate altre due navi. Erano i fratelli di Ivan che facevano ritorno in patria. Ivan li salutò con gioia, e ingenuo e semplice com’era, presentò loro la bella principessa e mostrò le sue ricchezze, convinto che i fratelli ne avrebbero gioito con lui.
Ma i fratelli invece divennero verdi per l’invidia e il dispetto e guardarono il giovane con occhi cattivi: poi presero a confabulare tra loro. Quella notte, mentre Ivan dormiva, Vassilij e Fedor lo afferrarono e lo gettarono in mare. Poi comandarono minacciosamente alla principessa di non fiatare e ripresero il viaggio verso casa.
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2022-07-11 18:39:57 Il sale

Una Favola di #Andersen
n.80 Tot.

In una bellissima città della Russia viveva un tempo un ricco mercante che aveva tre figli: Fedor, Vassilij e Ivan. I primi due erano abili e svelti negli affari, mentre il minore non rivelava alcuna inclinazione per questo genere di attività, perciò il padre aveva ben poca stima di lui, e i fratelli ancor meno. Un giorno il vecchio mercante chiamò i due figli maggiori e disse:
– È tempo che mi diate un aiuto e dimostriate che cosa sapete fare. Ho allestito per voi due navi cariche di mercanzie preziose: tappeti, pellicce, essenze odorose, legni pregiati. Fate vela per qualche porto lontano e commerciate: vedrò, al vostro ritorno, chi di voi due avrà saputo far fruttare meglio la sua ricchezza. Vi do un anno di tempo.

La prova
I due fratelli furono contentissimi e si prepararono a partire; ma il terzo, poiché non gli era stato affidato alcun incarico, incominciò a lamentarsi:
– Padre mio, perché mai non avete fatto allestire una nave anche per me?
– Perché tu non hai il bernoccolo degli affari. Sciuperesti la roba e torneresti a mani vuote.
– Forse no! Lasciatemi provare, come i miei fratelli.
Ivan tanto pregò e supplicò che finalmente il padre si decise ad affidargli una nave; ma non volendo metter in gioco mercanzie rare, convinto di non rivederle più, fece caricare la nave di pali, assi e tavole di legno di infimo valore.
Così anche Ivan poté partire e il vento gli fu tanto favorevole che in tre giorni raggiunse i suoi fratelli. Veleggiarono per un po’ l’uno dietro l’altro, ma a un tratto li colse una burrasca che sconvolse il mare e scatenò un vento furioso: le tre navi si dispersero, e quando ritornò il sereno, Ivan si accorse di essere rimasto solo.
Senza sgomentarsi, il giovane continuò il suo viaggio, e dopo qualche tempo approdò a un’isola sconosciuta. “Chissà che non possa fare buoni affari, qui?” pensò; e scese a terra accompagnato dai marinai. Ma l’isola sembrava deserta e non si vedeva in giro né una capanna né un uomo.

Una strana sabbia
La spiaggia, tutta la terra e anche un’alta montagna erano ricoperte di una polvere bianca e scintillante. “Forse sbaglio, ma questo è sale” pensò Ivan. Ne raccolse un pizzico e l’assaggiò. Era sale davvero, e il giovane, assai contento pensando ai guadagni che avrebbe potuto ricavarne, ordinò:
– Gettate in acqua assi e pali e fate, invece, un carico di sale.
Così fu fatto; il bastimento riprese il mare e veleggiò per molto tempo fino a quando giunse al porto di una grande e ricca città. Sceso a terra, Ivan seppe che proprio in quel luogo viveva lo zar. Allora, dopo aver riempito un sacchetto di sale, si fece indicare il palazzo reale e chiese di essere ricevuto.
– Che cosa vuoi straniero? – gli chiese lo zar – Vedo che arrivi da lontano: hai qualcosa da mostrarmi?
– Maestà, io vendo sale – rispose Ivan – vorrei venderne a voi e a tutti gli abitanti della città.
– Sale? Non so cosa sia. Mostrami questa tua strana merce.
Subito il giovane aprì il sacchetto, ma il sovrano scoppiò a ridere:
– Questa è soltanto sabbia molto bianca! Mi dispiace per te, straniero, ma da noi questa roba non si vende: si regala! Vattene in pace e torna soltanto quando potrai mostrarmi qualcosa di meglio.
Ivan uscì dal palazzo molto deluso, e pensò “Aveva ragione mio padre: ho fatto soltanto un cattivo affare! Tuttavia voglio entrare nelle cucine reali per vedere che specie di sale mettono nelle vivande”. Si presentò al capocuoco e chiese di potersi sedere accanto al fuoco per riscaldarsi e riposare.
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2022-07-11 18:35:44 """""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""
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2022-07-11 18:35:41 Dalla diligenza, dopo di lei, sbucò un pittore: il professor Settembre. Aveva per sbaglio i tubetti del colore, perché il colore era la sua passione. Infatti appena entrava nelle foreste, gli alberi e le foglie sfoggiavano la più variopinta magnificenza; qua rosso acceso, là giallo, più in là bruno dorato.
Comparve poi un gentiluomo di campagna, il Conte Ottobre. Amatissimo della caccia, portava con sé il fucile, il cane e il carniere pieno di noci.
Novembre, il suo compagno, era tormentato da una violenta infreddatura. Era provveditore dei Focolari e doveva pensare alle provviste di legna, spaccarla e segarla.
E finalmente ecco l’ultimo viaggiatore: Nonno Dicembre, che stringeva lo scaldino fra le mani. Era freddoloso e intirizzito, e portava in braccio anche un piccolo abete.
– Voglio che cresca tanto da toccare il soffitto alla sera di Natale – disse, – Così si potrà adornarlo con palle d’argento, candeline colorate e angioletti.
Il doganiere lo interruppe:
– Ogni passaporto è valido per un mese – avvertì. – Io lì ritirerò e, scaduto il tempo consentito, scriverò le note relative alla vostra condotta.
Finito l’anno, cari lettori, credo che anch’io saprò dirvi che cosa i dodici viaggiatori avranno portato in regalo a me, a voi, a tutti, ma per ora davvero non lo so! Forse non lo sanno neanche loro. Si vive in tempi così strani…
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2022-07-11 18:35:41 La diligenza a dodici posti

Una Favola di #Andersen
n.79 Tot.

La notte era gelida e limpidissima: il cielo brillava di stelle. L’orologio della chiesa scoccò dodici rintocchi e subito i mortaretti incominciarono a scoppiettare e una vecchia latta volò fuori da una finestra, perché era l’ultima notte dell’anno. In quel preciso momento, una vecchia diligenza sconquassata venne a fermarsi alla porta della città; portava dodici viaggiatori, quanti erano i posti. I nuovi arrivati scesero dalla diligenza. Tutti erano forniti di passaporto e di bagaglio e portavano persino dei doni per me, per voi, per tutti.
– Buon anno! – augurò la sentinella – avanti il primo: dichiarate nome e professione.
Il primo viaggiatore era tutto avvolto in una pelliccia d’orso e calzava stivaloni di pelo.
– Potete consultare il mio passaporto – disse – io sono colui a cui tutti guardano sempre con speranza. Distribuisco mance e regali, e ne darò uno anche a voi, se verrete a trovarmi domani. Faccio inviti e feste di ballo, ma non posso darne più di una trentina. Le mie navi sono imprigionate in mezzo ai ghiacci, ma nella mia casa fa caldo. Mi chiamo Gennaro.
– Avanti il secondo – disse allora la sentinella.
Questi era un personaggio gioviale e pazzerellone: organizzava balli e divertimenti di ogni genere. Portava con sè un grosso barile.
– Quando c’è questo, c’è baldoria – dichiarò. – Voglio stare allegro, perché ho poco tempo da vivere: ventotto giorni soltanto. Ogni tanto mi aggiungono un altro giorno per la buona misura, ma non ne faccio gran calcolo. – Poco chiasso! – ammonì la sentinella.
– Io posso fare tutto il chiasso che voglio – replicò l’altro. – Sono il Principe Carnevale, ma viaggio in incognito sotto il nome Febbraio.
Il terzo viaggiatore era magro come la quaresima. Studiava il cielo camminando col naso in aria, perché predicava il tempo e le stagioni. Al risvolto della giacca portava un mazzolino di violette piccine, piccine. Il quarto viaggiatore gli batté la mano sulla spalla.
– Don Marzo – esclamò – sento odor di punch! Nella saletta dei doganieri stanno preparando la tua bevanda preferita. Corri subito a vedere!
Non era vero: il nuovo venuto voleva soltanto giocare un tiro al suo compagno di viaggio; infatti si chiamava Aprile e incominciava la sua carriera con un pesce. Aveva un aspetto gaio, forse perché lavorava poco.
Dopo di lui scese una bella fanciulla che si chiamava Maggiolina. Indossava un vestito color dell’erba tenera. Aveva nei capelli un mazzolino di anemoni e profumava di tino. Quel profumo era tanto forte che la sentinella starnutì.
– Dio vi benedica! – disse la fanciulla.
– Fate largo che scende la dama di Giugno – avvertì il cocchiere.
La signora scese. Era una dama molto bella e un poco altera. L’accompagnava Luglio, suo fratello minore. Questi era un giovane grassoccio, indossava abiti estivi e portava sulla testa un largo cappello di panama.
Un po’ affannata e rossa in viso scese poi Mamma Agostina. Era una venditrice di frutta, proprietaria di molti terreni, sempre in faccende.
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2022-07-11 18:34:11 """""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""
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2022-07-11 18:34:06 Il grano saraceno

Una Favola di #Andersen
n.78 Tot.

Molto spesso capita che, se si passeggia dopo un temporale in un campo dove cresce il grano saraceno, si scopre che questo è diventato tutto nero e bruciacchiato, come se una fiamma vi fosse passata sopra. Il contadino infatti dice: “È stato colpito dal fulmine!” ma perché è stato colpito? Ora vi racconterò quello che un passerotto mi ha detto una volta, e il passerotto lo ha sentito da un vecchio salice che si trova ancora oggi proprio vicino a un campo di grano saraceno.

Era un salice molto grande e onorevole, ma ormai vecchio e grinzoso: aveva una fenditura proprio nel mezzo, e là crescevano l’erba e cespugli di more. Il salice è piegato in avanti e i rami sono chini verso terra e sembrano lunghi capelli verdi. Nei campi intorno all’albero crescevano grano, segala, orzo e avena, sì proprio la bella aveva che quand’è matura sembra una folla di piccoli canarini dorati appoggiati su un ramo. Il grano stava lì, benedetto, e quanto più era pesante, tanto più si piegava verso il basso per devota umiltà. C’era anche un campo di grano saraceno, che si trovava più vicino al vecchio salice, ma il grano saraceno non si piegava affatto come l’altro grano, restava dritto e pieno di superbia. “Io sono ricco come la spiga di grano” diceva “ma sono molto più bello, i miei fiori sono più graziosi, profumano come i fiori del melo, è un piacere guardarmi, conosci forse qualcuno più bello di me, vecchio salice?” E il salice annuiva col capo, come per dire: “Certo che lo conosco!”, ma il grano saraceno si gonfiava di orgoglio e diceva: “Che stupido albero, è così vecchio che gli cresce l’erba nella pancia!”.

Improvvisamente venne brutto tempo, tutti i fiori del campo richiusero i loro petali e chinarono le graziose testoline, mentre la tempesta passava sopra di loro; il grano saraceno invece se ne stava dritto nella sua superbia. “Piega la testa come facciamo noi!” gli dissero i fiori. “Io non ne ho bisogno!” rispose il grano saraceno. “Chiudi i fiori e piega le foglie!” gli disse anche il vecchio salice “non guardare il fulmine mentre si stacca dalla nuvola, neppure gli uomini osano guardare, perché attraverso il fulmine si può vedere nel cielo di Dio, ma tale vista rende ciechi gli uomini; che cosa succederebbe quindi a noi piante della terra, se osassimo guardare, noi che siamo molto inferiori?” “Molto inferiori?” disse il grano saraceno. “Voglio proprio vedere nel cielo di Dio!” gridò pieno di superbia e arroganza. Giunse il fulmine e sembrò che tutto il mondo fosse una sola fiamma di fuoco. Quando il brutto tempo si calmò, i fiori e il grano si ritrovarono immersi in un’aria pulita, rinfrescata dalla pioggia, ma il grano saraceno era stato bruciato dal fulmine, e ora non era altro che una inutile erba morta nel campo. Il vecchio salice agitò i rami al vento e dalle verdi foglie caddero grosse gocce d’acqua; sembrava che l’albero piangesse. Allora i passerotti chiesero: “Perché piangi? Qui tutto è benedetto dal Signore; guarda come splende il sole e come corrono le nuvole, non senti che profumo viene dai fiori e dai cespugli? Perché piangi dunque, vecchio salice?”. E il salice raccontò allora della superbia e dell’arroganza del grano saraceno e della punizione che non manca mai. Io che vi racconto la storia, l’ho sentita dai passerotti; me l’hanno raccontata una sera che ho chiesto che mi narrassero una storia.
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2022-04-17 20:51:13 """""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""
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2022-04-17 20:51:09 A Mattia batté il cuore perché in quel minuto capi. Il viandante sorrise e gli disse addio.
Mattia si decise e si preparò a scendere al piano. Mise in una bisaccia i cibi di pietra per gettarli nel torrente, e usci. Aveva fatto pochi passi, quando la pioggia tempestosa cessò e da un punto all'altro del cielo si tese un grande arcobaleno.
Arrivato al torrente, fece per gettarvi le pietre che aveva nella bisaccia, quando si accorse che i cibi pasquali avevano ripreso tutta la loro freschezza. Ed allora lodò Dio.
Cosi arrivò alla casa del fratello. Questi, appena lo vide, senza dir parola, gli apri le braccia e il loro abbraccio bastò a cancellare ogni ombra di rancore e di tristezza.
Tutti si raccolsero intorno al bambino nella culla. Poi cenarono coi cibi por;ati da Mattia e mai avevano gustato cibi più saporiti.
E fu una Pasqua tra le più felici.
Più tardi, quando Mattia rientrò nella sua casa del monte accompagnato da Gianni, senti un odore d'incenso. Chi dunque era entrato a benedire se la porta era chiusa?
Nell'entrare essi intravidero nella penombra un leggero lembo celeste e stellato, che scompariva dietro l'uscio; forse era il vestito di un angelo.
Cosi la benedizione pasquale fu portata anche nella casa di Mattia.
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