2022-05-14 10:39:06
La tendenza espansionistica del capitalismo, che ci porta anche a disimparare le tecnologie, intese in senso lato, per delegarle in un processo apparentemente senza fine di svuotamento di significato delle nostre esistenze, non solo nutre il pericoloso accentramento del know-how ma
ci spinge, letteralmente, lungo un binario evolutivo di rincretinimento:
la caratteristica dominante della nostra specie, il motore della nostra intelligenza e la garante della nostra sopravvivenza nel corso dei milioni di anni di evoluzione,
la curiosità,
si avvilisce sotto il peso dell’umiliante omologazione del sistema scolastico delle società contemporanee;
da elemento concorrente alla nostra piuttosto esclusiva formazione evoluzionistica finisce per
decadere a soggetto disprezzato per il suo intralcio all’ottimizzazione della società formicaio propedeutica al sostentamento dello stesso capitalismo.
La paura è ancora una volta il motore della coercizione e causa di una terrificante prospettiva involutiva.La recente disastrosa classifica della libertà di stampa italiana fotografa benissimo una particolare conseguenza di una tesi in realtà assai più generale.
Non è necessario un regime apertamente autoritario
per annichilire il dibattito pubblico, basta l’autocensura giustificata da una macchina del fango di cui ci compiacciamo fin quando tocca altri ma che in realtà è gonfiata
da un sistema mediatico padronale semplicemente mistificatore e polemico.
In questo quadro è facile comprendere quanto, a prescindere dal merito e dalla natura delle categorizzazioni sociali strumentali alla polarizzazione mediatica, sia stato
grave il precedente dello sproposito di etichette che, unito alla già più longeva tradizione
tecnocratica, ci inducono a dover srotolare premesse e a giustificare le nostre credenziali per poter fare semplicemente politica, invadendo con la stessa tensione accentrante anche la trasmissione stessa dell’informazione.
I toni da sciacallaggio adottati dalla stampa italiana inaspriscono prima ed intimidiscono poi il nostro spirito critico, esattamente come
la ridicolizzazione pubblica dell’errore castra la nostra perspicacia.
Ed è proprio nella misura in cui il capitalismo si anima della paura delle persone che si annodano anche le sue fragilità;
le fragilità di un sistema che necessita costantemente di mantenere il controllo sulla formazione degli individui in completa opposizione alla loro natura biologica.
Tale pretesa oggigiorno ha il suo culmine nel progetto della sorveglianza di massa la quale rivela quindi un’ulteriore natura autoritaria, in perfetta tradizione con la realtà stessa del capitale.
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