2022-01-29 12:17:29
Come stiamo cambiando pelle
La diseguaglianza che tanto ci colpisce nei rapporti
Oxfam sui ricchi che aumentano i loro patrimoni, possiede altri lati visibili del prisma che ci turbano meno e meno ci indignano forse perché troppo familiari, troppo facili da scorgere.
Il maggior tempo speso connessi a
Internet, le connessioni più lente, il maggio numero di video come
strumenti di formazione, la
maggior percentuale di traffico che passa per gli
smartphone e ricerca per immagini, rappresentano tutti indicatori in cui i paesi più poveri del mondo sono per lo più in testa. A ciascun indicatore si può associare una carenza nei sistemi educativi o formativi, nei media.
Si scorgono ulteriori forme di diseguaglianza, e di clamorose differenze d’accesso ai sistemi e servizi sanitari, anche nella percentuale di persone che controllano i propri sintomi e la propria
salute online. Oltre il 40% degli utenti
Internet in Kenya, Colombia e Messico quando sentono di soffrire di qualcosa vanno su
Internet e lì provano a costruirsi una qualche diagnosi, diventando preda di qualsiasi tipo di contenuto. In coda alla classifica di chi utilizza meno il
dottor Google ci siamo noi, la Francia, la Corea del Sud e il Giappone e - almeno per me - sorprendentemente la Russia.
Forse le cifre che più rappresentano nuove forme della diseguaglianza, tra paesi ricchi e paesi poveri (
credo le stesse proporzioni le scorgeremmo all’interno dei singoli paesi, tra diversi blocchi sociali), sono quelle relative al
tempo trascorso sui
social network. Nigeria, Filippine, Ghana Colombia guidano questa classifica, con poco più o poco meno di 4 ore al giorno passate sui
social network.
Questo rapporto mostra anche l’enorme potere che un tempo si sarebbe definito di omologazione, che i grandi
player di streaming esercitano su di noi, sulla costruzione o imposizione di gusti, estetiche, preferenze e “
scelte” di consumo. Oltre 1 miliardo e 650 milioni di persone al mondo ha visto la serie tv
Squid Game e più di 625 milioni hanno visto
Bridgerton. Potremmo fare lo stesso discorso per le
top ten di musica su
Spotify.
Se la globalizzazione, in senso fisico, ha subito uno stop a causa della pandemia, la globalizzazione nei consumi di intrattenimento e nelle “
scelte” di consumo è cresciuta, e mai come adesso vediamo e ascoltiamo - tutti - le stesse cose (
ci sarebbe da fare una riflessione su una dinamica radicalizzata della legge della coda lunga).
Il rapporto
Hootsuite andrebbe letto per intero per capire le dinamiche del comportamento all’interno dello spazio digitale di miliardi di umani. Pensate solo che il tempo medio trascorso dalle persone utilizzando uno
smartphone è arrivato a
4 ore e 48 minuti. Se sottraete le ore di sonno, significa che tutti stiamo per 1/3 delle ore di veglia con lo smartphone in mano, ed è una media. Se non è un radicale mutamento antropologico questo…
Vorrei però chiudere con un paio di cifre su
TikTok, il
social network in cui, anche se non segui nessuno, puoi comunque stare lì a vedere miliardi di video per una vita intera. In
Gran Bretagna, in media, gli utenti di
TikTok spendono ogni mese 27,3 ore sull’applicazione, quasi un giorno intero al mese trascorso lì dentro. E il 35% degli utenti ammette che più utilizza l’applicazione meno guarda la televisione e i servizi di streaming. Elemento questo che illumina le nuove scelte di intrattenimento e di relazioni nello
spazio digitale.
Tutte queste cifre fotografano l’immane movimento, secondo la stessa dinamica che
Tolstoj aveva visto, e quindi come un processo di attrazione
inevitabile degli individui verso una qualche terra evidentemente promessa.
(Disobbedienze su Telegram 2/2)
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