2022-07-20 10:30:02
LGBTQ+: ieri la Camera dei Rappresentanti ha approvato a larga maggioranza una legge per “codificare” la sentenza della Corte Suprema che regola i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
267 i sì, tutti i democratici a cui si sono uniti i 47 repubblicani. 157 i no.
La legge arriva in risposta alla sentenza che ha ribaltato la Roe v. Wade, rimuovendo il diritto all’interruzione di gravidanza a livello nazionale.
Tra le opinioni dei giudici quella che ha fatto maggior scalpore è del Giudice Clarence Thomas che chiedeva di rivedere anche le sentenze che riguardassero la depenalizzazione dell’omosessualità, dei matrimoni omosessuali e il libero utilizzo dei contraccettivi.
Tra i rappresentanti che si sono dichiarati favorevoli figura anche la repubblicana Liz Cheney che all’epoca del rovesciamento della Roe v. Wade si era congratulata con la Corte per la decisione. Il sì di Cheney è interessante per le dinamiche familiari: suo padre Dick Cheney si era dichiarato favorevole al matrimonio omosessuale lasciata la vicepresidenza (2001-2009) perché spinto dalla figlia Mary, dichiaratamente omosessuale. Le due sorelle Cheney avevano passato anni a non rivolgersi la parola salvo ricongiungersi nel 2021, dopo il cambio di idee di Liz su questo tema.
“Se le coppie gay vogliono essere felici o sposati miseramente come le coppie etero, che lo facciano. Credetemi, ci ho provato più di una volta ” ha twittato la repubblicana Nancy Mace, anche lei favorevole alla legge.
Contrari invece il Leader di Minoranza McCarthy e il Capogruppo di Minoranza Scalise.
Come mai così tanti repubblicani a favore?
A differenza di quanto avvenuto con l’aborto rimasto sempre divisivo dopo la sentenza della Corte Suprema del 1973, il matrimonio omosessuale è uscito da quei temi su cui democratici e repubblicani si contrappongono. È uscito dall’agenda politica e la stragrande maggioranza della popolazione lo supporta, a prescindere dall’orientamento politico.
La palla passa al Senato
Adesso tocca al Senato dove il destino è ovviamente incerto.
Per il regolamento del Senato sono necessari 60 voti e i democratici ne dispongono 50 (o 51 in caso di parità).
Non è chiara la posizione del gruppo repubblicano su questo tema specialmente davanti alla gran numero di repubblicani che ha votato a favore alla Camera.
Rimane anche un problema di tempistiche. Ieri il Capogruppo di Maggioranza Durbin ha dichiarato che ci sono tante priorità e poco tempo rimasto. Ridurre il recesso di agosto rimane una possibilità ma deve trovare concordi tutti e 50 i democratici.
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