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Maurizio Vezzosi

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Gli ultimi messaggi 6

2022-02-17 15:34:21 Seminario “L’Europa, l’Italia e l’Asia Centrale. Scenari geopolitici e panorama geoeconomico”

Lunedì 21 febbraio 2022 Orario: 10:00 – 14:00
Sala delle Conferenze – Palazzo Theodoli – Roma
Ingresso a partire dalle 09:30 – Piazza del Parlamento, 19

L’odierna Asia centrale spicca nel panorama mondiale per l’ampiezza e la profondità delle trasformazioni che sta vivendo. La regione è divenuta uno snodo fondamentale per le infrastrutture logistiche promosse dalla Cina nel quadro della “Belt and Road Initiative” (BRI o Nuova Via della seta), destinate a farne un ponte da e verso il Mediterraneo ed il Vicino e Medio Oriente. Le grandi prospettive aperte da tali progetti sono tuttavia bilanciate dalla volontà della Russia di non perdere le proprie posizioni nella regione e dalle incertezze derivanti dalla politica statunitense volte a contenere le possibilità delle due potenze rivali in questo scacchiere strategico. Sullo sfondo permane l’indeterminatezza dell’Afghanistan.

All’interno della regione centroasiatica, il nuovo corso di apertura verso i vicini, inaugurato dall’Uzbekistan dal 2017 in poi, continua a dischiudere nuove ed inaspettate prospettive di cooperazione regionale ed internazionale. Al tempo stesso, il Kazakhstan, motore dell’economia centroasiatica con le sue ricchezze energetiche e il suo precipuo approccio multivettoriale alle questioni internazionali e globali, vive una delicata fase di transizione politica interna i cui esiti saranno fondamentali per il futuro dell’intera regione e, di conseguenza, delle relazioni centroasiatiche con il resto del mondo.

Spinta dalle relazioni economiche intessute in particolare da Francia, Germania ed Italia, l’Europa ambisce a giocare un ruolo all’interno di questa estesa e complessa arena in via di definizione.

Questo seminario – organizzato da Vision & Global Trends. International Institute for Global Analyses – si propone di proseguire ed ampliare le iniziative volte a rafforzare la comprensione reciproca fra Centro Asiatici ed Europei.

Programma

10:00 – Saluti istituzionali

On. Edmondo Cirielli – Camera dei Deputati, Questore
Dott. Tiberio Graziani – Vision & Global Trends, Società Italiana di Geopolitica
Dott. Massimo Pronio – Rappresentanza in Italia della Commissione Europea
Amb. Yerbolat Sembayev – Ambasciata della Repubblica del Kazakhstan in Italia
Amb. Otabek Akbarov – Ambasciata della Repubblica dell’Uzbekistan in Italia

Relazioni

Dott. Federico Porto – EEAS, Unione Europea, Responsabile per il Tajikistan e il Kirghisistan
La Nuova strategia dell’Unione Europea in Asia Centrale

Dott. Fabrizio Vielmini – Westminster University (Uzbekistan), OACC, Vision & Global Trends
Prospettive dell’adesione dell’Uzbekistan all’EAEU

Dott. Sandro Furlan – Vision & Global Trends. International Institute for Global Analyses
La geopolitica come strumento di analisi: una metodologia alla prova dei fatti. Il caso dell’Asia Centrale

Prof. Alessandra Schettino – International University for Peace ONU, Vice Presidente
Prof. Gao Shuai – Aseci, Presidente
L’iniziativa BRI in Asia Centrale

Dott. Federico De Renzi – Vision & Global Trends. International Institute for Global Analyses
Il cuore dell’Eurasia- Rapporti e interazioni tra Asia Centrale e l’Italia ieri ed oggi

Dott. Martino Castellani – Ufficio ICE di Almaty, Direttore (in video conferenza)
Le relazioni commerciali tra l’Italia e l’area centroasiatica

D.ssa Orietta Moscatelli, Caporedattore esteri AskaNews, collaboratore Limes
Le politiche della Federazione russa in Asia Centrale

Dott. Maurizio Vezzosi – Analista geopolitico
Il Grande Gioco dell’Asia Centrale dopo il ritiro occidentale dall’Afghanistan

Per adesioni, registrarsi – entro mercoledì 16 febbraio – scrivendo a: info@vision-gt.eu
L’ingresso è consentito soltanto ai partecipanti muniti di Super Green Pass – Vige l’obbligo di indossare la mascherina
Per accedere alla Sala è richiesto abbigliamento formale, per gli uomini giacca e cravatta
61 views12:34
Aprire / Come
2022-02-14 11:35:39
#ucraina #mondo #europa #russia #guerra
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2022-02-12 13:05:14
#uzbekistan #ozbekistan #узбекистан #asia #mondo
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2022-02-11 18:31:49
#kirghizistan #asia #mondo #киргизия
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Aprire / Come
2022-02-10 13:25:41
#ucraina #mondo #europa #russia #guerra
67 viewsedited  10:25
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2022-02-08 14:02:15
#armenia #caucaso #europa #asia #mondo
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2022-02-04 19:35:51 Per ricevere e far ricevere i miei articoli tramite posta elettronica puoi cliccare sul collegamento di seguito ed aggiungere il tuo indirizzo. Condividi il collegamento inoltrandolo anche ai tuoi contatti!

https://mauriziovezzosi.voxmail.it/user/register
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Aprire / Come
2022-02-03 23:31:19 Proprio in Crimea – allora ucraina – nel 2013 si era tenuto il congresso internazionale dell’organizzazione islamista Hizb al Tahrir (Partito della Liberazione), attiva in quaranta paesi del mondo con il sostegno di circa un milione di simpatizzanti, tra i quali anche gli islamisti tatari rappresentati da Fazil Hamzayev. In Crimea, Hizb al- Tahrir è stata messo fuori legge in quanto fautrice dell’estremismo religioso dopo l’annessione alla Federazione Russa, nella quale era già illegale. Ad Ankara, invece, si è tenuto a marzo l’ultimo congresso internazionale dell’organizzazione islamista.
Sarebbero vari anche i tatari di Crimea partiti alla volta della Siria e inquadrati nella formazione Katiba alMuhajireen: tra loro il kamikaze Abu Kalid, suicida in un attentato ad Aleppo nel 2013, e il jihadista Abdullah Dzepparov.

Un documento di cui sarebbero entrati in possesso alcuni hacker russi descrive un progetto sul quale esisterebbe già un accordo di massima tra Poroshenkoe Erdoğan. Nella regione di Kherson dovrebbero insediarsi ben duecentomila turchi meshketi – un numero pari a venti volte quello degli attuali residenti – trasformando la zona in una “Autonomia nazionale tataro-crimeana” e facendo assumere all’odierna Kherson il nome turcofono di Khan-Geray, in omaggio al khanato ottomano che nel XV secolo in Crimea succedette alla dominazione mongola, poi sconfitto dalla Russia zarista circa tre secoli più tardi.

L’accordo potrebbe offrire garanzie alla Turchia rispetto alle incalzanti richieste ucraine di sostegno economico, militare e energetico – oltre al carbone, con cui tamponare i deficit provocati dal controllo della stragrande maggioranza delle miniere del Donbas da parte degli insorti.
L’ipotesi di una guerra scatenata in Crimea da milizie tatare, reparti speciali turchi, regolari ucraini e gruppi neonazisti contro la Russia sembra fantasiosa. Ben più realistica appare se letta in una strategia complessiva di balcanizzazione della Federazione Russa.

L’utilizzo di consistenti minoranze etniche, dotate di proprie strutture militari e sostegni esterni, assume un ruolo centrale sia nella situazione presente che in quella di una futuribile – quanto non auspicabile – detonazione su base etnica della Federazione Russa. Nel solco del tentativo, che per il momento in Caucaso non ha avuto successo, di trasformare vaste zone dell’ex Urss in califfati, vista la rilevanza delle componenti islamiche e la presenza di movimenti jihadisti nello spazio post-sovietico.

20 luglio 2016

#ucraina #mondo #turchia #zelensky #russia #europa

https://www.limesonline.com/turchia-e-jihadisti-in-ucraina-contro-la-russia/93087
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2022-02-03 23:31:19 A dispetto dell’apparente normalizzazione dei rapporti con Mosca, legittimata peraltro dalla cornice atlantica, Ankara non fa mistero del proprio sostegno, anche militare, all’Ucraina di Poroshenko. Non a caso è stata segnalata la presenza di istruttori militari e di reparti speciali dell’esercito turco nella regione di Kherson e nella cosiddetta “Zona Ato”: in questo senso, non è peregrino interrogarsi sul nesso dell’intesa di questa con Kiev e sulla presenza di jihadisti in territorio ucraino.

La Turchia, oltre a cercare di consolidare il proprio status di potenza regionale, nell’intesa con l’Ucraina cerca anche di controbilanciare il rinnovato sostegno diplomatico, politico e militare che la Russia offre ai curdi del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), disponendo così di una leva da utilizzare in chiave antiturca, utile a stemperare le frizioni tra le minoranze curde e il governo siriano, soprattutto di fronte al nemico comune dell’Is.

Nonostante le mire turche abbiano subito un deciso ridimensionamento dopo l’intervento russo in Georgia, non è possibile leggere fuori da questo quadro il decongelamento del conflitto tra l’Azerbaijan e l’Armenia – rispettivamente alleate di Ankara e Mosca – per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh.

Nello scontro con Mosca riapertosi dopo il collasso dell’Urss, la Turchia ha sostenuto con il benestare Usa la destabilizzazione del Caucaso russo e non, avallando – principalmente tramite la “leva cecena” – quello che forse è stato il primo progetto di un Califfato dopo le vicende afghane.

È verosimile con l’attentato di Istanbul la Turchia abbia pagato la necessità, sopratutto economica, di ammorbidire il proprio atteggiamento verso Mosca. A dar credito a quest’ipotesi c’è il fatto che i tre kamikaze dell’aeroporto provenissero da Uzbekistan, Kirghizistan e Cecenia, regione di origine anche di Akhmed Chatayev, la presunta mente dell’attentato. I jihadisti del mondo ex sovietico – e probabilmente anche gli Stati del Golfo – sembrano non aver la minima intenzione di accettare un ipotetico stemperamento dell’aggressività turca verso la Russia.
Nel Caucaso e in Ucraina, così come nei Balcani, in Siria e in Asia centrale, l’agitazione dell’elemento etnico, nazionale e religioso risulta di frequente alla base della politica estera di Ankara, che giustifica il proprio ruolo con la presenza delle minoranze turche.

In Crimea e Ucraina, la “leva tatara” e la politica etnica più in generale sono un cardine della strategia della Turchia, strategia dalla quale il governo ucraino è evidentemente convinto di poter trarre beneficio. In questo senso, prendendo a pretesto il conflitto in Donbas, il governo turco ha
gestito lo spostamento di ben trecento famiglie di turchi residenti nella provincia di Kharkov nelle zone del sudest della Turchia cercando di compensare, seppur in scala, la schiacciante maggioranza curda della zona.

Oggi in Crimea i tatari sono 280 mila, circa il 12% dell’intera popolazione della penisola. A Kherson e nella regione a ridosso dell’omonimo stretto, i dati dell’ultimo censimento ucraino del 2001 riportano la presenza complessiva di nazionalità turca per circa l’1% dell’intera popolazione della regione, che supera abbondantemente il milione. Il concorso musicale Eurovision, vinto tra non poche polemiche dalla cantante ucraina di origine tatara Jamala, ha riportato le vicende dei tatari di Crimea alla ribalta delle cronache. La canzone 1944 racconta del trasferimento nelle zone dell’Asia centrale di migliaia di tatari di Crimea a seguito del loro sostegno offerto al Reich durante l’Operazione Barbarossa e del loro inquadramento nelle formazioni militari naziste.

Le sensibili differenze tra le minoranze turche di Ucraina e di Russia – ad esempio, tatari di Crimea, tatari del Volga, tatari degli Urali, turchi meskheti e molti altri – possono risultare relative rispetto al “minimo comune denominatore” della base linguistica e dell’identità panturca, uno dei grimaldelli della geopolitica di Ankara.
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2022-02-03 23:31:19 Il presidente turco Erdogan si reca in visita in Ucraina nelle improbabili vesti di mediatore tra Kiev e Mosca: un ruolo che mal si concilia con le ambizioni di Ankara, non solo per il continuo sostegno militare turco a vantaggio dell'Ucraina. Spiega le ragioni di questo anche una mia datata – ma attuale - analisi pubblicata da Limes.


Turchia e jihadisti in Ucraina, contro la Russia

di Maurizio Vezzosi

Per Ankara la crescente collaborazione con l’Ucraina di Poroshenko rappresenta una risorsa strategica. A dispetto delle tensioni emerse con gli Stati Uniti a seguito del fallito golpe e della lettera inviata da Erdoğan a Putin in merito all’abbattimento del caccia russo Su24.

Nella progressiva intesa, speculare al deteriorarsi delle relazioni di entrambe leparti con Mosca, si è registrata una spinta da parte turca soprattutto dopo l’inizio delle operazioni militari russe in Siria. Proprio l’abbattimento del Su24 esemplifica il favore con cui Ankara ha visto sin dal suo inizio l’intervento del Cremlino nella vicina Siria.

Le sanzioni economiche e la pressione militare di Mosca sulla Turchia hanno suggerito a Erdoğan una tattica più prudente. Ankara e Kiev, oltre alle relazioni economiche – hanno anche discusso di un’area di libero scambio – stanno sviluppando una crescente intesa militare in chiave antirussa.
Nei mesi scorsi sono stati conclusi numerosi accordi, tra cui quello tra le compagnie di Stato Ukroboronprom e Havelson per la produzione di tecnologie militari: motori, radar e sistemi di comunicazioni.

A maggio, nel quadro dell’avvicinamento dell’Ucraina alla Nato, Ankara e Kiev hanno firmato un piano di cooperazione militare riguardante piani di difesa, addestramento delle truppe e assistenza reciproca per quattro anni.
Al Summit Nato di Varsavia è stata discussa anche la creazione della Flotta interforze di stanza sul Mar Nero, un’idea sostenuta anche dall’Ucraina di Poroshenko; nelle esercitazioni previste per i prossimi mesi saranno incluse delle manovre congiunte tra la flotta turca e quella ucraina, benché le capacità teoriche e pratiche di quest’ultima siano assai limitate.

In Donbas, oltre a contractor e specialisti polacchi, baltici, statunitensi e israeliani, oltre ai numerosi mercenari provenienti dalle repubbliche ex sovietiche dall’Asia centrale e dalle zone islamiche della Russia, è stata documentata la presenza di combattenti provenienti dai paesi arabi, in alcuni casi affiliati allo Stato Islamico.
Secondo l’intelligence della Repubblica popolare di Donetsk (Dnr), il neonazista Dmitry Yarosh – ex leader di Pravy Sektor e consigliere del ministero della Difesa ucraino – si sarebbe recato a Baghdad con il sostegno statunitense per incontrare alcuni esponenti dello Stato Islamico. Nel 2014 Yarosh aveva chiesto al leader jihadista ceceno Doku Umarov (di cui all’epoca non era stata ufficializzata la morte) di “agire contro la Russia”.

Per quindicimila dollari, i membri dello Stato Islamico sarebbero in grado di acquistare passaporti ucraini perfettamente legali con cui far accedere al paese i combattenti jihadisti.
Nel quadro di una guerra civile che si trascina da oltre due anni e di una situazione economica catastrofica, l’Ucraina sta diventando uno degli epicentri del jihadismo in Europa. E una meta ambita per il traffico di stupefacenti e naturalmente di armi, di cui lo scorso anno si è confermata il nono esportatore mondiale. Proprio di produzione ucraina sono varie armi rinvenute in un deposito dello Stato Islamico in Siria, forse in parte cedute originariamente all’Arabia Saudita.

La presenza di jihadisti in Ucraina, come l’intesa tra Ankara e Kiev, è aumentata in modo esponenziale di riflesso all’intervento russo in Siria. Intervento che ha messo alle corde lo Stato Islamico e creato non pochi grattacapi alla Turchia neoottomana di Erdoğan. Questo spiega il cambio dell’atteggiamento di Ankara verso Damasco e la recente normalizzazione dei rapporti con Israele.
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