2019-02-14 17:11:01
#pagina13
Lane Bosling parte 1
Talvolta si pensa a noi pirati come dei mostri, degli assassini senza cuore che vagano per il mare con il solo scopo di uccidere ed affondare. È vero, non proprio tutto, ma la gran parte è tristemente vera. Eppure noi siamo degli umani, proprio come te che in questo momento stai leggendo queste pagine. Noi dormiamo, mangiamo e beviamo proprio come ognuno di voi civili. Anche noi abbiamo, o abbiamo avuto, una coppia di genitori. Capisco che tutto ciò sia molto difficile da credere, è proprio quello che noi vogliamo. Vogliamo far credere ai vostri mercanti che noi non siamo più umani, siamo bestie corrotte da chissà quale malanno o maledizione quando saliamo sulla loro nave a sventrare le guardie e saccheggiare il bottino. Spesso pochi di noi sopravvivono abbastanza a lungo da poter riguardare il proprio passato e riflettere, la maggior parte muore in combattimento nel fiore degli anni convinta di essere immortale. È questo che ci distingue da voi, siamo esseri senza paura. Forse perché non abbiamo più nulla da perdere oppure perché siamo veramente dei mostri. In ogni caso questa è la mia storia, o quantomeno una parte visto che la candela non tarderà a spegnersi e la storia è molto lunga.
Nacqui in un freddo autunno a Boston da una coppia di sventurati, vivevamo in un sottoscala. Mio padre per lavoro accudiva una vecchia ripiena di soldi nella sua villa in collina ed era fuori tutto il giorno, mentre mia madre serviva i tavoli in una locanda e lavorava tutta la notte. Quei due non si vedevano mai, lavoravano tanto ma i soldi erano sempre quelli. Io fui mandato in una bottega di un carpentiere verso i sei anni di età, passavo le giornate a raccogliere segatura e spostare attrezzi o pezzi finiti, fui cacciato quando per provare gli strumenti mi costruii una spada di legno di nascosto. Dopo aver preso un bel po' di botte da mio padre, mi mandò al molo a scaricare i barili dalle navi visto che ormai avevo 10 anni e le braccia erano formate. Lì conobbi ogni sorta di criminale e bandito: c'era chi fuggiva dalla patria perché aveva commesso qualche reato, chi contrabbandava qualsiasi cosa pur di guadagnare qualche moneta, chi corrompeva le guardie al molo perché era ricercato e poi ebbi l'incontro più importante. Una mattina avevo appena iniziato a lavorare e stavo scaricando delle casse di rum nel bar del molo, un uomo lì seduto mi fece accomodare e mi offrì da bere. Aveva una folta barba sporca, dei capelli consumati dalla salsedine e una protesi di legno al posto di una gamba. Dopo avermi fatto qualche domanda mi consegnò un paio di guanti di cuoio e non ebbi neanche il tempo di ringraziarlo per il suo bizzarro dono che sparì alla luce dell'alba. I guanti portavano un marchio stampato con il fuoco, un teschio e due tibie incrociate dietro. Intanto la situazione nel sottoscala si faceva insopportabile, mio padre si lamentava del fatto che la vecchia non lo pagasse più ma tornava ogni sera a casa ubriaco fradicio, mentre mia madre tornava a casa spesso piena di lividi sul viso. Una sera mentre provavo a riposare mio padre, ubriaco marcio, mi gridava contro. Quella sera conobbi me stesso: lui non era il mio vero padre, mia madre faceva la puttana in un bordello di notte e io ero il frutto del suo amore con un marinaio che ora è chissàdove. La situazione mi piaceva sempre meno così, a 12 anni, salpai per la prima volta con un mercantile. Da quel giorno non rividi mai più coloro che mi avevano allevato per quei lunghi anni, a volte mi trovo a sperare ancora che siano morti.
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