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SoT Italia-Diario di bordo

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Indirizzo del canale: @pirateadventure
Categorie: Letteratura
Lingua: Italiano
Abbonati: 57
Descrizione dal canale

Le avventure del pirata Lane Bosling attraverso i 7 mari pubblicate giovedì e domenica
Votate qui: https://www.telegramitalia.it/diario-di-bordo
Partner: https://gamestationitalia.home.blog
@LaMusaNetwork
@SeaOfThievesItalia
Founder: @LaneBosling

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Gli ultimi messaggi 2

2019-02-21 17:49:21
390 views14:49
Aprire / Come
2019-02-21 17:49:12 #pagina15
Lane Bosling parte 2
La mattina è stata così monotona che ora mi toccherà passare un'altra sera in compagnia del mio passato. Come vi dicevo scappai su di un mercantile imbarcato come mozzo. Mi assegnarono una cassa dove mettere i miei averi ma, apparte quel bizzarro paio di guanti, non avevo nulla. Passavo le giornate a eseguire comandi che venivano dall'alto del castello di poppa e mi diedi molto da fare. In quel sottoscala non ero mai stato nessuno in 12 anni, su quella nave dopo qualche mese di navigazione ero stato promosso da mozzo a marinaio. Mi dissero che ero portato, imparai a sentire il vento e ascoltare il mare. In quei mesi imparai anche le leggi del mare, che erano tutte diverse da quelle di terra, ad esempio esistevano due tipi di capitani: i capitani per grazia di Dio e i capitani per grazia del diavolo. I primi, come il mio, erano coloro i quali davano ordini su navi che si fregiavano della regia bandiera inglese, spagnola, portoghese... Mentre gli altri erano assassini che si erano autoproclamati capitani e che davano ordini su disordinate navi della morte ornate da drappi neri e orribili disegni bianchi. I temuti, quanto a me allora estranei, pirati. Per tutta la mia permanenza su quel mercantile non ne incontrai nemmeno all'orizzonte. Incontrai, invece, feroci tempeste. Le prime furono un disastro: il capitano continuava a gridare ordini mentre i più erano in coperta a vomitare qualsiasi cosa avessero in corpo, il resto dell'equipaggio era sparpagliato sul ponte nella disperata ricerca di compiere le mansioni gridategli dal capitano senza finire fuoribordo. Sapeste quanti ne ho visti scagliati nel mare dall'impeto mostruoso di un'onda o da una raffica di vento, lo stesso quartiermastro Samberg (gran lavoratore e promesso successore del capitano) sparì in una tempesta. Quando approdammo, dopo quella tempesta, la nave era inutilizzabile e l'armatore ne trovò una nuova pronta ad accogliere l'equipaggio. Il capitano, che ormai mi aveva preso in simpatia visto che erano anni che lavoravo per lui, mi intimò di andarmene poiché lui si era fatto vecchio e sarebbe stato rimpiazzato dal figlio di un grasso banchiere incapace e crudele. Io non lo ascoltai e fu proprio così che andò: con la nuova nave arrivò anche il nuovo capitano, vestito sempre con abiti da terra sbraitava ordini insensati dal castello di poppa senza la minima strategia. Prima di una tempesta annunciata non fece tirar su le vele dell'albero maestro e quando la natura ci si scagliò contro la nave rischiò più volte di capovolgersi. Così ordinò a quattro mozzi di salire per tirare su vela maestra, velaccio e controvelaccio. Il primo arrivò al controvelaccio e non riuscendo a muoversi per le forti raffiche di vento rimase aggrappato al braccio implorando aiuto. Il capitano ordinò lui di adempiere al suo compito non curante della situazione e dopo un altro po' di esitazione fu portato sul ponte da una palla di piombo. Gli altri tre mozzi, scoraggiati e spaventati, corsero sull'albero e mentre tiravano su il velaccio assieme furono travolti da una raffica che gli riportò sul ponte con le schiene spezzate.
Chiamano dal ponte qui, scriverò il seguito un'altra sera.
382 views14:49
Aprire / Come
2019-02-17 11:17:10
438 views08:17
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2019-02-17 11:16:59 #pagina14
L'isola non trovata
Qualche settimana fa è accaduto qualcosa di molto molto strano. Eravamo in mare con la Tusk e stavamo seguendo la rotta di una nave mercantile spagnola. Dopo averla abbordata e svaligiata a dovere, portammo sulla nostra nave anche la cassa del capitano poiché lui, sott'acqua, non se ne faceva più nulla. Al ritorno il cielo era limpido e il vento soffiava dolcemente sulla nostra poppa così passammo il viaggio ad oziare sul ponte scaldati dal sole a frugare pigramente tra le casse trafugate. Improvvisamente Trevor trovò qualcosa che io avrei gettato subito dalla murata. Era carta incerata quasi tutta stropicciata ma tutto ciò che era stato scritto si poteva vedere chiaramente senza sbavature. Era un documento che attestava allo sfortunato capitano la proprietà di un'intera isola. Immediatamente ci brillarono gli occhi. Un'isola. Il capitano era morto e quell'isola ora apparteneva a noi. Un'intera isola. Ci avremmo fatto costruire locande, bordelli, sale da giochi, un porto per i mercantili e una fortezza per difenderci. Sarebbe stata la nuova Nassau. Sulla carta erano riportate anche le indicazioni per arrivarci e così non perdemmo tempo e scrivemmo subito la rotta. La seguimmo minuziosamente e dopo diverse ore eravamo entrambi attaccati ai cannocchiali per cercare terra, qualcosa in lontananza pareva spuntare sull'acqua ma più ci avvicinavamo e più svaniva. Niente. Passarono altre ore, girammo intorno al luogo indicato, la vedevamo vicina e ne sentivamo il profumo ma appena ci avvicinavamo di più spariva nella nebbia. Dove avrebbe dovuto esserci la nostra isola c'era solo acqua e null'altro. Quando scese il buio ci rassegnammo, eravamo in possesso di un'isola che non c'era. Delusi, ma non del tutto, segnammo comunque quel punto sulla mappa. Un domani poeti e musici parleranno di quest'isola incantata.
404 views08:16
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2019-02-14 17:11:14
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2019-02-14 17:11:01 #pagina13
Lane Bosling parte 1
Talvolta si pensa a noi pirati come dei mostri, degli assassini senza cuore che vagano per il mare con il solo scopo di uccidere ed affondare. È vero, non proprio tutto, ma la gran parte è tristemente vera. Eppure noi siamo degli umani, proprio come te che in questo momento stai leggendo queste pagine. Noi dormiamo, mangiamo e beviamo proprio come ognuno di voi civili. Anche noi abbiamo, o abbiamo avuto, una coppia di genitori. Capisco che tutto ciò sia molto difficile da credere, è proprio quello che noi vogliamo. Vogliamo far credere ai vostri mercanti che noi non siamo più umani, siamo bestie corrotte da chissà quale malanno o maledizione quando saliamo sulla loro nave a sventrare le guardie e saccheggiare il bottino. Spesso pochi di noi sopravvivono abbastanza a lungo da poter riguardare il proprio passato e riflettere, la maggior parte muore in combattimento nel fiore degli anni convinta di essere immortale. È questo che ci distingue da voi, siamo esseri senza paura. Forse perché non abbiamo più nulla da perdere oppure perché siamo veramente dei mostri. In ogni caso questa è la mia storia, o quantomeno una parte visto che la candela non tarderà a spegnersi e la storia è molto lunga.
Nacqui in un freddo autunno a Boston da una coppia di sventurati, vivevamo in un sottoscala. Mio padre per lavoro accudiva una vecchia ripiena di soldi nella sua villa in collina ed era fuori tutto il giorno, mentre mia madre serviva i tavoli in una locanda e lavorava tutta la notte. Quei due non si vedevano mai, lavoravano tanto ma i soldi erano sempre quelli. Io fui mandato in una bottega di un carpentiere verso i sei anni di età, passavo le giornate a raccogliere segatura e spostare attrezzi o pezzi finiti, fui cacciato quando per provare gli strumenti mi costruii una spada di legno di nascosto. Dopo aver preso un bel po' di botte da mio padre, mi mandò al molo a scaricare i barili dalle navi visto che ormai avevo 10 anni e le braccia erano formate. Lì conobbi ogni sorta di criminale e bandito: c'era chi fuggiva dalla patria perché aveva commesso qualche reato, chi contrabbandava qualsiasi cosa pur di guadagnare qualche moneta, chi corrompeva le guardie al molo perché era ricercato e poi ebbi l'incontro più importante. Una mattina avevo appena iniziato a lavorare e stavo scaricando delle casse di rum nel bar del molo, un uomo lì seduto mi fece accomodare e mi offrì da bere. Aveva una folta barba sporca, dei capelli consumati dalla salsedine e una protesi di legno al posto di una gamba. Dopo avermi fatto qualche domanda mi consegnò un paio di guanti di cuoio e non ebbi neanche il tempo di ringraziarlo per il suo bizzarro dono che sparì alla luce dell'alba. I guanti portavano un marchio stampato con il fuoco, un teschio e due tibie incrociate dietro. Intanto la situazione nel sottoscala si faceva insopportabile, mio padre si lamentava del fatto che la vecchia non lo pagasse più ma tornava ogni sera a casa ubriaco fradicio, mentre mia madre tornava a casa spesso piena di lividi sul viso. Una sera mentre provavo a riposare mio padre, ubriaco marcio, mi gridava contro. Quella sera conobbi me stesso: lui non era il mio vero padre, mia madre faceva la puttana in un bordello di notte e io ero il frutto del suo amore con un marinaio che ora è chissàdove. La situazione mi piaceva sempre meno così, a 12 anni, salpai per la prima volta con un mercantile. Da quel giorno non rividi mai più coloro che mi avevano allevato per quei lunghi anni, a volte mi trovo a sperare ancora che siano morti.
361 views14:11
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2019-02-10 17:01:40
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2019-02-10 17:01:21 Mi venne incontro e prese il cannone adiacente al mio chiedendomi cosa stesse succedendo. Il galeone rispondeva alla nostra artiglieria e dal sottocoperta erano fuoriusciti un sacco di marinai in giubba grigia. Gli spiegai cosa avevo capito e, a quel punto, combattè con ancora più foga. Il galeone ci aveva bloccato la via per Kingson e così fummo costretti a girare di 180° e affondare la nave prima di continuare con i nostri affari. I colpi arrivavano uno dopo l'altro troppo vicini a noi, i mercenari stavano puntando alla nostra artiglieria. Qualcuno riuscì a lanciarsi sulla nostra nave e fu ingaggiato qualche sanguinoso combattimento corpo a corpo. Qualcuno invece non riusciva a raggiungere il ponte con le corde e sbatteva la faccia sulla nostra murata. Una cannonata scagliò un colpo preciso a pochi centimetri dalla mia testa, mandando in frantumi i barili di rum che erano sul ponte. Dopo un lungo e sanguinoso scontro, i mercenari si arresero coprendo la ritirata con ulteriori batterie di artiglieria e noi finalmente approdammo a Kingston. Dopo aver venduto tutto il rum guadagnando una montagna d'oro riposammo e comprai quella giacca che mi ero promesso. Riprendemmo la rotta verso l'avamposto Golden Sands solo qualche luna dopo, il mare ci aveva sfiniti.
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2019-02-10 17:01:21 #pagina12
Le lunghe giornate della crisi del rum
Riprendo in mano questo diario dopo un bel po' e la carta mi sembra molto molto diversa. Sono trascorse almeno 20 lune dall'ultima volta che ho scritto e ammetto che quasi ne sentivo la mancanza. Durante questo tempo sono successe più cose di quante ne succedono di solito in 20 lune. Si è aperta e chiusa quella che ho ribattezzato come "crisi del rum". Tutto è iniziato con il ritorno di Trevor da Kingston, aveva risolto i suoi affari e intascato una bella somma, ma aveva brutte notizie: da quella parte del mare un abile ma stupido marinaio dotato di licenza di corsa aveva affondato un enorme bastimento riempito interamente di melassa. Quella melassa doveva giungere a Kingston per farne il buon rum al quale tutti noi siamo abituati ma il corsaro ha pensato di bene di affondare il bastimento senza rubarne nemmeno un'oncia, lasciando tutta quella melassa a disfarsi nel mare. A distanza di poco tempo, all'incirca 6 lune, due carichi di rum sono stati affondati al largo di Nassau da ignoti, con la stessa metodologia, senza lasciare nulla da vendere. Nessun pirata aveva rivendicato quel colpo e, anzi, tutti volevano cercarne il colpevole. Nel giro di poco il rum fu decimato da questi insoliti corsari e il suo prezzo cresse a tal punto da valere quasi più dell'oro. Dopo avermi raccontato ciò, Trevor non sembrava per niente preoccupato, anzi rideva come non aveva mai riso. Io non capivo e mi tormentavo al pensiero di dover rimanere a secco, ma lui aveva già un piano. Da questa parte del mare nessuno ancora era a conoscienza del fatto ed il rum continuava a scorrere come se nulla fose, nessun mercante era ancora stato avvisato. La sua idea era quella di acquistare una licenza da mercante e riempire fino all'ultimo angolo della Tusk di rum che qui avremmo pagato a prezzo normale ma che, arrivati a Kingston, ci avrebbe reso i pirati più ricchi del mare. L'idea mi piacque, volevo una giacca nuova, e così dopo aver ridistribuito il peso della nave e aver lasciato a terra ciò che non ci serviva, girammo tutti gli avamposti acquistando quantità di rum con la nostra licenza da mercanti per non dare nell'occhio. Alla fine del giro avevamo riempito la stiva e qualche barile lo assicurammo anche sul ponte. Partimmo quindi alla volta di Kingston con la nave pesante e carica. Battevamo la bandiera mercantile e subimmo più di un attacco da parte di altri pirati, ma li respinsimo tutti con gran maestria e poco spreco di piombo. I problemi arrivarono quando arrivammo nella parte del mare colpita dalla crisi: i pirati erano assetati e si lanciavano in arrembaggi senza un minimo di strategia, solo con tanta rabbia e violenza. Io e Trevor eravamo abili combattenti e respingemmo orda dopo orda tutti i pirati che provavano a colpirci e rubare il nostro prezioso carico. Tuttavia eravamo esasperati dai tanti attacchi e dai tanti giorni di navigazione senza sosta che avevamo sulle nostre spalle tanto che appendemmo un capitano vivo sulla polena come monito ma non sortì alcun effetto sui pirati devastati dalla crisi. Alla fine del lungo viaggio, a poche leghe da Kingston, un galeone battente bandiera inglese si avvicinò a noi e ci intimava di fermarci per controllare i documenti e il carico. Trevor iniziò la manovra ma io ero un po' insospettito visto che non avevo mai assistito a nulla di simile e fissavo il ponte del galeone con il cannocchiale. C'erano pochi uomini, tutti con la divisa rossa della marina inglese, ma c'era ancora qualcosa che non mi convinceva. Ad un certo punto, mentre la Tusk stava per arrestarsi e il galeone si avvicinava ancora di più, dalla botola del sottocoperta uscì un marinaio dalla giubba grigia con due pistole legate dietro alla bandoliera. Era un mercenario, ne ero sicuro, tutta l'intera nave doveva essere mercenaria. Sussultai e gridai a Trevor di interrompere le manovre mentre ero già a direzionare un cannone sullo scafo del galeone. Trevor non capì ma appena sparai con il cannone non aveva scelta e tirò giù le vele pronto al combattimento.
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2019-02-07 17:41:17
299 views14:41
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