2024-04-18 11:53:15
UDÌ PASSI CADENZATI, E UN TONFO SECCO.
"PER L'AMOR DI DIO, PORTATE VIA QUESTO ABOMINIO."
ATTRAVERSO LE NEBBIE DELLA CATARATTA, ALFONSO VIDE CHE AI SUOI PIEDI ERA STATA DEPOSITATA UNA TESTA MOZZATA: NON ERA UNA TESTA QUALSIASI, POICHÉ DALLE TEMPIE SPUNTAVANO UN PAIO DI CORNA RICURVE, E LA BOCCA, DEFORMATA IN UNA SMORFIA DI DOLORE, SFOGGIAVA DUE FILA DI DENTI APPUNTITI. MA NELL'ESPRESSIONE DEGLI OCCHI VI ERA QUALCOSA CHE LO FECE TRASALIRE.
"È STATO IL PRINCIPE A LIBERARCI DELLA BESTIA. SIA LODE AL PRINCIPE."
"AMICI MIEI, VI RINGRAZIO," IL DUCA RICONOBBE IL TIMBRO DI VOCE DI ERCOLE, "ORA VORREI RIMANERE SOLO PER UN POCO CON MIO PADRE."
IL BRUSÌO SI RIDUSSE.
"ANCHE TU, MADRE."
"QUALI FACCENDE HAI DA COMPARTIRE CON ALFONSO, DA CUI IO DEBBA ESSERE ESCLUSA?"
"MADRE, TI PREGO."
ALFONSO UDÌ UN RUMORE DI PASSI LEGGERI CHE SI ALLONTANAVANO. ERCOLE SI SEDETTE ACCANTO A LUI, E TRASSE UN RESPIRO PROFONDO.
ATTRAVERSO LA FINESTRA ESTERNA DELLA TORRE DI SANTA CATERINA IL SOLE ALL'OCCASO PROIETTAVA UN LUCORE TIEPIDO SUL DUCA E SU SUO FIGLIO. I DIPINTI DEL DOSSI, LA PACE E LA GIUSTIZIA, ERANO GIÀ IN PENOMBRA. GLI ECHI DELLE CAMPANE SI STAVANO SPEGNENDO, E LA GENTE CHE SI ERA RIVERSATA IN STRADA PER FESTEGGIARE GIÀ FACEVA RITORNO A CASA.
"NON SEMBRI FELICE CHE ABBIA UCCISO LA BESTIA, PADRE."
ALFONSO SI UMETTÒ LE LABBRA.
"SARAI UN OTTIMO DUCA," RISPOSE CON UN FILO DI VOCE, "MIGLIORE DI ME."
"DOVREI PROVARE ORGOGLIO, E INVECE È COME SE IL CUORE MI SI FOSSE TRASFORMATO IN PIETRA."
"PERCHÉ?"
ALFONSO SENTÌ LA MANO DEL FIGLIO CHE GLI AFFERRAVA LE DITA, CON DOLCEZZA MA DECISIONE.
"L'HO INSEGUITA, COSTRETTA IN UN VICOLO CIECO, E QUANDO HO SGUAINATO LA SPADA LA BESTIA... INVECE DI AVVENTARMISI CONTRO... MI HA PARLATO PADRE... HA... IMPLORATO PIETÀ..."
ALFONSO ANNUÌ.
"SATANA... FA APPELLO ALLE NOSTRE VIRTÙ... TANTO QUANTO AI NOSTRI VIZI..."
"MI HA DETTO «NON FARMI DEL MALE, TI PREGO FRATELLO MIO, NON FARMI DEL MALE». PADRE, COSA INTENDEVA DIRE?"
ALFONSO CHIUSE GLI OCCHI.
QUANDO LI RIAPRÌ, ERA SDRAIATO NEL LETTO, E UNA SOVERCHIANTE STANCHEZZA SI ERA IMPADRONITA DI LUI.
CAPÌ CHE NON AVREBBE VISTO ALTRI TRAMONTI.
PERCEPÌ UN TURBINÌO NELL'ARIA, E GUARDANDO VERSO L'ALTRO LA VIDE, APPESA AL SOFFITTO.
BENCHÉ FOSSERO TRASCORSI PIÙ DI TRENT'ANNI, NON ERA INVECCHIATA DI UN GIORNO.
SCESE LENTAMENTE SCIVOLANDO SU UN FILO SOTTILE, E SI ACCOVACCIÒ SU DI LUI.
NON ERA LEGGERA COME LA PRIMA VOLTA CHE SI ERANO INCONTRATI, ANZI IL SUO CORPO ERA PER IL DUCA TALMENTE PESANTE CHE FATICAVA A RESPIRARE.
"NOSTRO FIGLIO È MORTO," SUSSURRÒ, SENZA NEANCHE SAPERE SE LO DICEVA CON TRISTEZZA O CON TRIONFO.
"NON TI PREOCCUPARE MIO DUCA. DAL NOSTRO AMORE SONO NATI DUE FIGLI. UNO È MORTO OGGI, È VERO. MA L'ALTRO NON PUÒ ESSERE UCCISO, NÉ DA SPADA NÉ DA MALATTIA NÉ DAL LUNGO LOGORÌO DEGLI ANNI."
PER UN ISTANTE, AL POSTO DEL SUO AMORE SENZA NOME, ALFONSO VIDE UN RAGNO GIGANTESCO, NERO E TETRO, CON LE FAUCI COLANTI DI BAVA. UN ALTRO BATTITO DI PALPEBRE, E LA RAGAZZA DAGLI OCCHI VERDI ERA NUOVAMENTE LÌ.
"UN ALTRO FIGLIO?"
LEI GLI PASSO UNA MANO TRA I CAPELLI BIANCHI.
"HO ATTESO PER MILLENNI CHE IL MIO GREMBO VENISSE FECONDATO DAL TUO SEME. DEL FUTURO CHE ABBIAMO CONCEPITO INSIEME L'UMANITÀ NON SI POTRÀ LIBERARE, NON SI VORRÀ LIBERARE. LO NUTRIRÀ E LO CRESCERÀ, E DIMENTICHERÀ COM'ERA IL MONDO PRIMA CHE ESISTESSE. E QUANDO CAPIRÀ, SARÀ TROPPO TARDI."
IL DUCA PROVÒ A RISPONDERE, MA NELLA SUA GOLA NON ERA RIMASTA PIÙ VOCE.
I LINEAMENTI DELLA RAGAZZA SI SCIOLSERO NELL'ARIA, E AL SUO POSTO SI ADDENSÒ IL VOLTO DI UN ESTRANEO.
ERA UN UOMO DAI CAPELLI ISPIDI E GRIGIASTRI, GLI OCCHI GELIDI, E UN GHIGNO PIÙ ANTICO DEL TEMPO.
"LA MORTE STA SALPANDO, DUCA, E SE NON VOLETE RIMANERE A PIEDI, VI CONVIENE FARE PREST."
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