2021-12-15 12:00:09
MARIA VALTORTA
La misericordia divina nasce per questa conoscenza ed ab eterno decreta che poiché gli uomini saranno omicidi della loro parte eterna per farli di nuovo coeredi occorre sacrificare il Figlio.
Dice il Divinissimo Autore:
(Dio Padre) Egli guardava ab eterno il suo Verbo, e il suo eterno Pensiero pensava a tutte le cose che per il Verbo avrebbe creato; giubilando ammirava nel suo pensiero le innumeri bellezze e meraviglie della Creazione, che per il Verbo sarebbero state fatte al giusto momento (Gv 1,3; Col 1,16).
Ma nel contempo il Padre delle luci vedeva quel poema creativo, tutto luce a bontà, macchiarsi di una macchia deturpatrice, venefica, origine d’ogni colpa e sciagura.
Come colui che si ferma ammirato a contemplare un luogo di delizie, tutto balsami e fiori, pure acque e canti d’uccelli, e poi freme d’orrore vedendo da esso uscire un velenoso e aggressivo serpente che rompe, morde e uccide piante e animali, e corrompe acque e fiori, così il Padre del Verbo e dell’uomo, contemplando ab eterno il futuro Creato in cui tutto sarebbe stato creato “buono” (Gen 1,1-13), vide il serpente attaccare, corrompere, avvelenare ogni cosa, portarvi il dolore; vide l’uomo decaduto, vide Caino uccisore d’Abele (Gen 4,1-16), figura all’altro Caino (Israele) che avrebbe ucciso il novello Abele: il suo Verbo.
Anche il più santo degli uomini, davanti a una simile conoscenza, avrebbe, se non odiato, sentito almeno sorgere indifferenza per l’ingrato, inutilmente beneficato, disperditore dei benefici ricevuti.
Dio no. Dio sa tutto.
Ma la sua misericordia e compassione non muoiono né illanguidiscono.
Anzi nascono proprio per questa conoscenza eterna, ed ab eterno decretano che, poiché l’Uomo e gli uomini saranno peccatori, omicidi della loro parte eterna e dei fratelli, per farli di nuovo “vivi”, “figli”, “coeredi”, occorre sacrificare il Figlio.
Egli sarà il Figlio dell’Uomo, l’Adamo fedele e santissimo, l’Abele e l’Agnello immolato dai Caini deicidi. E dalla Colpa prima e dalla Colpa seconda quella dell’Eden e quella del Tempio (Gv 11,45-53) verrà la Redenzione.
E Dio sarà compassionevole e misericordioso con chi vorrà.
Ossia con tutti coloro che, alla loro volta, vorranno, con buona volontà, essere “figli di Dio” avendo accolto con amore il Cristo e seguito e praticato i comandi e insegnamenti della divina Parola.
Sempre Dio trae bene da tutte le cose.
Trasse il bene della Redenzione, misura della Carità divina che è infinita e perfettissima, dalla Colpa d’Adamo.
Trasse la conferma della sua infinita potenza, giustizia, bontà, dall’ostinazione del Faraone (Es 7,8÷12,34) verso gli ordini divini che Mosè, suo servo, trasmetteva al monarca egizio, il quale conobbe così per le piaghe che colpirono l’Egitto, lo sterminio dei primogeniti e degli Egizi nel Mar Rosso che Dio è il Signore, e lo conobbe il Popolo di Dio che, per i prodigi, fu confermato nella sua fede nel Dio Unico, nel suo Dio.
Trasse dalla colpa d’Israele, crocifissore del suo Verbo incarnato, la beata certezza della Risurrezione della carne e della Gerusalemme eterna, dove ascendono gli spiriti dei giusti e dove poi si riunirà la carne dei giusti ai loro spiriti, per una vita eterna di gaudio.
Da tutto il Buonissimo trae buone cose. Solo necessitava che l’uomo, con la sua volontà, che deve esser buona, sappia trarre il suo bene da tutto quanto Dio fa. Come? Col non ribellarsi, col non allontanarsi dal Padre dei Cieli se la sua mano è gravosa e il suo calice amaro.
Voi siete peccatori. Tutti. Anche i più buoni, imperfetti sono. Gesù era innocente, santo, perfetto (Eb 7,26). Eppure il Padre gli gravò sopra tutta la soma delle colpe degli uomini perché la consumasse sul Golgota e gli presentò il calice più amaro (Lc 22,42), amaro di tutte le amarezze e di tutti i disgusti: da quella dell’abbandono del Padre (Mt 27,46; Mc 15,34)), al dolore della Madre, al tradimento dell’amico e apostolo, alla viltà degli altri apostoli, al rinnegamento del suo Cefa (Mt 26,69-75 e //), all’ingratitudine del popolo.
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