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Al netto di ordini di sviluppo più profondi, le provocazioni N | GaiaPost

Al netto di ordini di sviluppo più profondi, le provocazioni Nato hanno alimentato gli interessi bellici di Putin spingendolo ad una reazione estremamente costosa per la Russia sotto molti punti di vista, e mentre le forze populiste e nazionaliste dei paesi europei, le quali si prestano a forti contaminazioni politiche, eufemismo per finanziamenti diretti, da parte delle potenze dell’est del mondo, si sono trovate a dover fronteggiare una relativa crisi d’immagine, le forze liberali filo-atlantiste ne escono rinvigorite, soprattutto grazie ad un vigoroso consenso sui temi della difesa e dell’approvvigionamento energetico di breve periodo.

Nel frattempo viene chiuso un accordo politico deroga (al GDPR) che estende il trattamento dei dati personali dei cittadini europei anche in territorio USA (era storia vecchia), guarda caso proprio nel contesto della necessità di importazione di gas statunitense, e anche le argomentazioni pro-nucleare incassano una loro nuova fetta di apparente legittimità.

Con non molta sorpresa qualcuno ha trovato l’occasione per rispolverare una questione in cui, come sempre più tradizione italiana, i toni del discorso sono opportunamente calibrati per generare polarizzazione e vendere un’apparente quanto arrogante pretesa di oggettività da una parte come contrapposta ad argomentazioni avversarie descritte come del tutto inconcludenti e viscerali.


Facciamo un passo indietro. Nel mondo accademico, purtroppo, è presente davvero una forte corrente, anche maggioritaria, che prende molto sul serio lo stato di diritto (borghese) della libertà di impresa e di profitto.

Questo forte vincolo intellettuale che solo pochi mettono in discussione in profondità, ha ripercussioni in tantissimi settori di ricerca, anche scientifici, e in questo senso finisce per sposarsi assai bene con la fede scientista di molti ricercatori e tecnici sprezzanti delle dinamiche politiche di cui i loro stessi oggetti di ricerca sono imbevuti.

I diritti di tutti devono essere garantiti anche quando si tratta del privilegio di pochi di ingombrare spazi sociali e di occupare risorse economiche colossali. L’implicazione è immediata. Anziché prendere in considerazione scelte decisive quanto risolutive sul piano energetico, industriale e produttivo, si sceglie di proseguire per piccoli passi che, nel migliore dei casi, si adattino il più possibile all’apparenza di rinnovamento conservando al contempo il bisogno assolutamente autoreferenziale di preservazione dell’apparato economico esistente, nel peggiore dei casi, difendano integralmente lo status quo.


Ecco ciò che si nasconde dietro alle migliori intenzioni del greenwashing: una tensione esclusiva all’ottimizzazione dell’esistente con l’ingenua illusione di poterci trascinare integralmente tutto il carrozzone produttivo che pretende di saziare la nostra sete esistenziale.

Non che tale sete non possa sfogarsi attraverso rapporti umani basati sulle arti, sulla cultura, sulla sessualità e sulla ricerca pura piuttosto che attraverso l’ansia dell’accaparramento materiale, ma ciò licenzierebbe il bisogno egocentrico di alcuni di farsi leadership.

Questa linea di ricerca basata unicamente sull’ottimizzazione dell’esistente è, de facto, la linea di ricerca seguita da gran parte di un mondo accademico che ha scelto di prestarsi acriticamente alle urgenze competitive del nostro tempo.


Il sopraggiungere degli argomenti pro-nucleare è allora perfettamente ben accolto da una diffusa mentalità conservatrice che assai fatica a riconoscere la necessità di una rinuncia di tipo limitarista alla corsa frenetica consumistica
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