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dormire, e fondamentalmente non essendo ancora capace di parla | Favole della buonanotte

dormire, e fondamentalmente non essendo ancora capace di parlare, aveva iniziato a
emettere suoni indesiderati tutto il giorno, ogni ora del giorno.
Se Mattia cercava sollievo sul lettino, giusto per appoggiare un po’ la testa sul cuscino,
Gerardo partiva con la sua tiritera:
- ngheeee, ueeee, lalala, prrrrrr, baba!
Se Mattia si rintanava nel ripostiglio per nascondersi dalla luce prepotente che entrava dalla
finestra, per ricreare un po’ di buio riposante, Gerardo urlava più forte, tanto che i suoi
versetti entravano dal buco della serratura:
- bababa mammmaaaaa babbaaaaa gheeee gneee bu!
Ormai mamma e papà non erano più in grado di occuparsi di Gerardo, né di farlo calmare.
Le giornate si ripetevano le une uguali alle altre, con così tanta luce che spesso si
dimenticavano che era arrivata la sera e restavano in ufficio oltre il loro orario di lavoro.
Spesso restavano bloccati nel traffico, sonnecchiando in auto. Poi giravano il volante e
tornavano di nuovo in ufficio: avevano tutti perso il senso del tempo.
E i bambini iniziavano a sentirsi ancora più soli!
Mattia allora prese una decisione: era necessario riportare la notte al suo posto e ammettere
che fare la nanna poteva avere il suo perché.
Il modo di farlo, lo sapeva: bastava esprimere un desiderio all’incontrario.
Inforcò gli stivali, prese Gerardo spingendolo con la carrozzina e si incamminò oltre la
strada, in quel campo giallo di colza che sembrava un mare fatto di perle d’oro.
Là in fondo, proprio dietro il capanno, c’era una piccola apertura: un passaggio nella roccia
che conduceva a un’insenatura sul piccolo rigagnolo che costeggiava i campi.
Proprio lì dove spesso Mattia e i suoi amici andavano a tirare sassi sull’acqua, o si
rinfrescavano i piedi in estate.
Il piano era questo: recuperare una delle gemme notturne dalla roccia, per gettarla nel pozzo
dei desideri.
Una volta sul posto, Mattia si rese conto che le gemme erano ferocemente incastonate nella
roccia. Senza uno scalpello o un martello non sarebbe stato possibile recuperarne
nemmeno un frammento.
A meno che…
In un lampo di genio, Mattia tolse il ciuccio al fratellino, e questo iniziò:
- gururgu babbabba ngheeeee nana ole!
Le pareti della caverna iniziarono a vibrare:
- Vai, Gerardo, vai! Più forte!
- GHEGHEGHEEEE NANNANNAAAAA UEEEE ALE!
E sbam! Una gemma grossa come una noce cascò proprio sulla testa di Mattia:
- Ahia! Bel mi sta! Così la prossima volta mi ricorderò di questo bernoccolo ed esprimerò
desideri migliori!
E così, sempre spingendo la carrozzina di gerardo, Mattia iniziò a correre verso il pozzo, per
modificare di nuovo il tempo.
Il sole picchiava dritto sullo specchio d’acqua stagnante all’interno del pozzo: il suo riflesso
splendente era stupendo. Mattia sapeva che tutta quella luce gli sarebbe mancata, ma
sapeva anche che quel sacrificio si era ormai reso necessario.
E così, strizzando forte gli occhi e stringendo i pugni, lanciò la gemma nel pozzo
desiderando fortissimamente di tornare indietro con il tempo, prima che la notte lasciasse il
suo spazio alla luce totale del giorno.
Tre due uno, appena Mattia aprì gli occhi, sentì il profumo del tramonto.
Un dolce profumo di sambuco e gelsomini, salutato dal canto dei grilli e dalle luci
intermittenti delle lucciole.
Il cielo si stava tingendo dei colori dell’Autunno, bellissimi: rosso come le fragole, viola come
l’uva, arancione come i meloni succosi mangiati durante le vacanze, blu come il suo
bernoccolo pulsante.
Mattia corse a casa e mentre correva spingendo la carrozzina, sentì il fragore di un
applauso, e l’incitamento dei suoi compagni:
- Grazie, Matti! Ci hai salvati tutti!
Arrivato a casa, mamma e papà fecero per dirgli di lavarsi i denti e andare a letto, ma
stavolta non ci fu bisogno di finire la frase: Mattia indossò il pigiamino con i dinosauri e si
mise sotto le coperte.
Finalmente poteva riposare!
Finalmente poteva sognare!