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IL “LIBERO” PROFESSIONISTA. È interessante osservare come alcu | Fabrizio Cotza

IL “LIBERO” PROFESSIONISTA.
È interessante osservare come alcune parole vengano utilizzate senza alcun collegamento con la realtà.
È il caso di “libero professionista”, che dovrebbe indicare appunto qualcuno che svolge la propria attività senza alcun vincolo o costrizione, non avendo sopra di sé nessuno con gli dà ordini o lo controlla.
Ma è davvero così?

Beh, basta osservare la realtà di quello che accade.
Nella maggior parte dei casi il libero professionista fa fatica a staccare completamente dal suo lavoro. Anche quando è a casa o in vacanza riceve telefonate di lavoro, risponde alle email o semplicemente pensa a quello che dovrà fare una volta tornato in ufficio.

Non ha fisicamente qualcuno che lo vincola, semplicemente lo fa in autonomia. In poche parole in lui coesistono entrambe le figure classiche del capitalismo: il padrone e lo schiavo, in un gioco delle parti che per certi aspetti ricorda patologie pericolose quali il disturbo bipolare o la schizofrenia.

Ovviamente per poter interpretare al meglio il proprio ruolo ha bisogno anche di auto assegnarsi dei premi di produzione, rappresentati dai famosi obiettivi. Se li raggiunge, per un breve momento, si sente euforico. Se invece fallisce inizia a colpevolizzarsi, fino ad arrivare a vere e proprie forme di autoinvalidazione (non valgo nulla, sono un perdente etc.).

Per alcuni la “libera” professione è così stressante che dopo alcuni anni preferiscono tornare a fare i dipendenti. E nonostante debbano sottostare a qualcuno, spesso dichiarano di aver riacquistato la loro libertà!

Ovviamente questa non è una condizione percepita o vissuta da tutti.
Alcuni, per fortuna, si rendono conto che la vera libertà è un valore da riconquistare ogni giorno, spesso dovendo rinunciare a qualcosa in termini di fatturato, utili o nuovi clienti.

Tutelare il proprio spazio sacro, senza farsi fagocitare dal meccanismo del successo, è il primo passo per diventare veri “liberi” professionisti.