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Gli ultimi messaggi 6

2023-06-21 18:53:33 UCRAINA-UE: UNA RICOSTRUZIONE DISCORDANTE?

Salva Ukraïni
411 miliardi di dollari. A tanto, secondo stime della Banca Mondiale, ammonterebbero i costi totali per la ricostruzione dell’Ucraina. Tema che è al centro della “Ukraine Recovery Conference”, conferenza in programma oggi e domani a Londra con l’obiettivo di convincere investitori pubblici e privati a contribuire allo sforzo e sostenere economicamente Kiev.
Tra i presenti a Londra spiccano Ursula von der Leyen e il Commissario Ue per il commercio, Valdis Dombrovskis. Già, perché la ricostruzione post-invasione è una questione vitale anche per Bruxelles. Ieri, infatti, la Commissione ha proposto di stanziare 50 miliardi di euro per l’Ucraina (di cui 33 in prestiti e 17 a bilancio dei Paesi membri). Non sono certo spiccioli... ma basteranno?

L'Europa batte cassa
Questo piano di aiuti fa parte di una più ampia proposta di revisione del budget 2021-2027, con cui la Commissione ha chiesto un aumento di 100 miliardi di euro, di cui 66 miliardi da maggiori contributi degli Stati membri. Ai 50 miliardi riservati all’Ucraina si aggiungerebbero 19 miliardi per tappare la falla creata dall’aumento dei tassi d’interesse europei, 15 per le politiche migratorie, e 10 che vanno a rabboccare fondi già esistenti (alcuni dei quali in funzione anti-Cina).
Per essere approvata, tuttavia, questa proposta necessita del voto unanime dei Paesi membri entro il 4 dicembre. Si preannunciano quindi mesi di aspre diatribe: tanto per cambiare, in molti non sembrano disposti a mettere mano al portafoglio in un periodo delicato che, peraltro, si affaccia sulle elezioni europee del 2024.

Roulette ucraina
L’Ucraina è la voce meno controversa della revisione di bilancio: eccezion fatta per l’Ungheria, l’Ue sembra infatti voler contribuire alla ricostruzione con compattezza e senza esitazioni. Ma alcuni Stati membri vogliono evitare che gli investimenti post-invasione diventino un alibi per giustificare spese considerate eccessive e non pertinenti. L’impressione è che l'opposizione della Germania, dei Paesi Bassi e degli altri paesi “frugali” non si farà attendere.
In generale, benché l’Unione Europea si candidi a essere uno degli attori protagonisti, la ricostruzione dell’Ucraina non sarà un one man show. Anzi: richiederà una massiccia collaborazione tra enti privati, governi nazionali e organizzazioni internazionali. Più facile a dirsi che a farsi? In effetti, destinare miliardi di euro a un Paese dilaniato da un conflitto di cui non si intravede la fine è un azzardo non da poco. Un rischio che nondimeno potrebbe valere la pena di correre, vista la posta in gioco.

Oggi alle 18.30 il primo incontro dell’ISPI Summer Festival: 5 incontri sui nuovi trend globali. Oggi parleremo del futuro dell’Europa presso la sede ISPI a Palazzo Clerici, Milano. Puoi seguire la diretta qui: https://www.ispionline.it/it/evento/summer-festival-europa

Sono undici i morti in meno di tre giorni, nell’escalation di tensioni tra israeliani e palestinesi. Intanto, in Israele aumenta la pressione di chi chiede un’offensiva militare in Cisgiordania. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/cisgiordania-tamburi-di-guerra-133154
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2023-06-20 19:19:26
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2023-06-20 19:19:17 CINA: ASSIST ALLA GERMANIA 

Passaggio filtrante in area 
Un allungo cinese all’Europa, o così sembrerebbe. Oggi il premier cinese Li Qiang ha incontrato il cancelliere tedesco Olaf Scholz e nei prossimi giorni si recherà in Francia. Per Li Qiang si tratta del primo viaggio all’estero dopo la nomina a marzo: un segnale dell’importanza, per Pechino, di riprendere i fili dei rapporti con l’Europa, che negli ultimi anni sono apparsi sempre più incerti.  
Erano cinque anni che un premier cinese non si recava in visita in Germania, ma lo scorso novembre Scholz era stato il primo leader del G7 a visitare la Cina dopo la riapertura. Oggi come allora, il tema centrale è l’economia: Li Qiang spera infatti di convincere il mondo industriale tedesco ad approfondire la propria presenza in Cina, dove però gli anni della pandemia hanno reso il mondo degli affari sempre più complesso. 

L’importanza del catenaccio 
Berlino è una controparte fondamentale per Pechino in Europa, con scambi commerciali per 299 miliardi di euro nel 2022. La Germania ha nella Cina il principale partner commerciale senza tuttavia soffrire del pesante deficit che invece appesantisce il rapporto con altri paesi occidentali.  
L'industria tedesca, prima europea per investimenti nella Repubblica Popolare, vi ha tradizionalmente mantenuto una presenza importante anche in settori tecnologicamente rilevanti. Ma il vento sta cambiando, con la diffusione del discorso sul “de-risking” economico in Europa, Germania inclusa. Nei giorni scorsi è arrivato il primo documento strategico tedesco sulla sicurezza nazionale, nel quale si avverte che la Cina sfrutta il suo peso economico per “raggiungere obiettivi politici” e si suggerisce di ridurre la dipendenza nei settori critici. 

Tagliare la linea difensiva 
Uno scenario che preoccupa Pechino: non a caso, durante la sua visita Li Qiang ha invitato a valutare il concetto di “rischio” e a non scambiare l’interdipendenza con l’insicurezza. Un messaggio che parte dell’industria tedesca sembra propensa a cogliere, certa che un disaccoppiamento delle economie dei due paesi sia “impensabile”
Sullo sfondo del tentativo cinese di rinvigorire la cooperazione con la Germania (e per metonimia anche l’Europa), c’è però uno scenario sempre più intricato. Il contemporaneo viaggio di Antony Blinken a Pechino in un certo modo suggella lo status competitivo dei rapporti tra Cina e Stati Uniti. E anche l’Europa prova a dotarsi di meccanismi per frenare la condivisione di tecnologie avanzate verso la Cina. Riuscirà Li Qiang a insinuarsi nel crescente allineamento strategico di Stati Uniti e Europa?  

In Russia Alexei Navalny è di nuovo alla sbarra. L’oppositore sfida il Cremlino e lancia una campagna “contro la guerra e contro Putin”. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/navalny-di-nuovo-a-processo-133065
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2023-06-07 19:08:54
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2023-06-07 19:08:44 CINA: ESPORTAZIONI IN ROSSO 

E quando pensi che sia finita... 
Le stime sul commercio internazionale per il mese di maggio lasciano pochi dubbi: la tanto attesa ripresa economica della Cina dopo la fine della politica zero-Covid stenta ad arrivare. Il dato più eclatante è quello sulle esportazioni, in diminuzione del 7,5% rispetto a un anno fa. Di contro, le importazioni sono scese “solo” del 4,5% nello stesso periodo. Insomma: surplus commerciale calato del 16% in un solo mese
Non lo si può certo definire un rallentamento annunciato. Anzi, gli analisti si aspettavano una riduzione dello 0,4% per le esportazioni e dell’8% per le importazioni. Previsioni decisamente fuori strada, che non avevano fatto i conti con il drastico calo della domanda globale di prodotti cinesi. Ma è questo l’unico motivo della flessione? 

… è proprio allora che comincia la salita 
Effettivamente, sembra che parte della colpa si possa ricondurre al cattivo stato dell’economia mondiale, che ha ridotto la domanda di beni cinesi. Il che si riflette sul calo non solo dell’export ma anche dell’import, con Pechino che acquista un volume minore di componenti per prodotti finiti da esportare. Per esempio, le importazioni dalla Corea del Sud, uno dei principali fornitori di semiconduttori, sono diminuite del 21% nel mese di maggio. 
Ma c’è di più. Già, perché ora che la Cina è costretta a fare minore affidamento sugli scambi con l’estero, le sue debolezze interne vengono alla luce. E il quadro non è confortante: la produzione industriale (+6%) delude le aspettative, la fiducia dei consumatori è lontana dai livelli pre-Covid, la disoccupazione giovanile (oltre il 20%) lievita... Non a caso, il governo di Xi ha indicato un modesto +5% come obiettivo per la crescita nel 2023. 

Mal comune mezzo gaudio? 
E così, mentre la Cina fatica, il mondo sta a guardare con apprensione. A cominciare dall’Europa, il cui benessere economico è legato a doppio filo a quello cinese. A tal proposito, la pubblicazione delle nuove stime della crescita Ue, attese nella giornata di domani, sarà un momento cruciale. Tutti si aspettano una revisione al ribasso dei dati di qualche mese fa, che certifichi un trend di lieve recessione nell'ultimo semestre. Un’ulteriore cattiva notizia per Pechino, che a sua volta si appoggia fortemente sul commercio con l'Occidente
Insomma, in un mondo interconnesso, le sfortune altrui hanno un effetto domino che scavalca i confini nazionali. Difficile stabilire, tuttavia, se questo rallentamento sia il sintomo di un trend globale preoccupante o una reazione fisiologica dopo un periodo di ripresa. In altre parole: restare all’erta, ma piano con gli allarmismi. 

Le elezioni in Turchia di qualche settimana fa sono state definite le più importanti del 2023. Le sfide che Erdogan dovrà affrontare sono molte: dall’inflazione rampante al ruolo di mediazione nella guerra in Ucraina, alla normalizzazione con i vicini mediorientali. Ne parliamo il 14 giugno alle 15.00 a Palazzo Clerici, Milano: https://www.ispionline.it/en/event/turkiye-in-2023-time-for-which-change
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2023-06-06 19:05:52
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2023-06-06 19:05:45 NATO, TAIWAN E UCRAINA: DOUBLE TROUBLE? 

Un progetto NATO male  
Un nuovo ufficio della NATO in Giappone? No, grazie. Parola di Emmanuel Macron. Secondo indiscrezioni pubblicate dal Financial Times, il presidente francese si è opposto all’apertura di quello che sarebbe stato il primo ufficio dell’Alleanza atlantica nell’Indo-Pacifico. Malgrado il Giappone non sia membro del trattato del Nord Atlantico, di recente i rapporti con Tokyo si sono intensificati. Tanto che, lo scorso anno, il primo ministro Kishida è diventato il primo leader giapponese a presenziare a un summit NATO. 
Il rifiuto di Macron è in linea con il concetto di “autonomia strategica” evocato ad aprile nel suo tanto discusso intervento a Pechino. L'idea è semplice: resistere ai venti di guerra asiatici e restare saldamente ancorati in Europa, nonostante le pressioni di USA e Giappone. Più facile a dirsi che a farsi? 

Gli affari propri 
Inutile dire che buona parte della questione ruota intorno a Taiwan. Nei giorni scorsi, con la sfiorata collisione tra una nave cinese e una americana nello stretto di Taiwan, le tensioni sono aumentate. Riverberandosi così sullo “Shangri-La Dialogue”, importante conferenza a tema sicurezza tenutasi a Singapore nel fine settimana, nel corso della quale il Segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin e il suo corrispettivo cinese Li Shangfu hanno rilasciato dichiarazioni emblematiche. 
Da un lato Austin ha provato a smorzare i toni, evidenziando come Washington non abbia intenzione di modificare lo status quo (rivendicando tuttavia il ruolo degli USA nell’area). Dal canto suo Li, pur sottolineando la volontà di Pechino di evitare un conflitto, ha esortato gli USA a limitare le ingerenze nella regione con un letterale: “Mind your own business”. 

Piano bifronte 
Sullo sfondo di questi meccanismi si staglia ovviamente l’invasione dell’Ucraina, le cui conseguenze coinvolgono tutte le parti in causa. In primis gli Stati Uniti, i quali, benché interessati alla questione taiwanese, difficilmente potrebbero permettersi l’apertura di un nuovo fronte di guerra in Asia. Oltretutto, Pechino rappresenterebbe un avversario di tutt'altro livello rispetto a Mosca. 
E l’Europa? Il no di Macron all’espansione NATO in Giappone rispecchia l’intenzione di alcuni Paesi Ue di evitare coinvolgimenti in dinamiche esterne considerate dannose per l’economia europea. Ma anche, al contempo, la volontà di non perdere credibilità agli occhi della Cina. Da tempo Bruxelles invita Pechino a non fornire aiuti a Mosca. E, in quest’ottica, estendere un’alleanza nord-Atlantica all’area Indo-Pacifica non sarebbe una mossa particolarmente persuasiva... 

Gli scontri nel nord del Kosovo che hanno causato decine di feriti tra i militari NATO preoccupano l’Europa, che osserva la nuova fiammata di violenza nei Balcani. Oggi alle 18.00 ne parliamo in diretta qui: https://www.ispionline.it/en/event/kosovo-serbia-alle-radici-della-tensione
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2023-06-05 19:18:29
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2023-06-05 19:18:21 PETROLIO: DIAMOCI UN TAGLIO 

Provaci ancora, OPEC 
Un milione di barili al giorno in meno, a partire da luglio, per almeno un mese. È il taglio alla produzione di petrolio annunciato ieri dall’Arabia Saudita, a seguito di un incontro tra i Paesi membri dell’OPEC+, l’organizzazione che riunisce i principali esportatori di greggio. Lo scopo della mossa è chiaro: contrastare la discesa del prezzo del petrolio e riportarlo a livelli vantaggiosi, per Riyadh e per gli altri Paesi che fanno parte del cartello. 
Si tratta della terza "azione di mercato” dell’OPEC+ in otto mesi. Già ad aprile scorso e a ottobre 2022, l’organizzazione aveva annunciato tagli sostanziali alla produzione di petrolio. Senza però riuscire a evitare che il suo prezzo si riducesse di quasi il 25% negli ultimi otto mesi. Che sia questa la volta buona? 

Economia in riserva 
Effettivamente, stamattina i prezzi del petrolio si sono alzati: +1% per il Brent, lo standard globale, che sfiora i $77 al barile, e +1,2% per lo statunitense WTI, che si avvicina ai $73. Non una sorpresa, considerando l’importanza dell’OPEC+ (i cui membri producono più del 40% del greggio globale) e in particolare dell’Arabia Saudita (che al momento, con 10 milioni di barili al giorno, copre circa il 10% della produzione mondiale). 
Eppure, una nuova graduale diminuzione, come nei mesi scorsi, sarebbe possibile. Gli Stati Uniti alle prese con una stretta al credito che ha già portato a fallimenti bancari, la Cina che cresce a rilento, l’Europa che stenta a riprendersi dalla crisi energetica... In un’economia mondiale malandata, tagliare la produzione di petrolio sembra non bastare per sollevarne il prezzo. 

Un taglio... a doppio taglio 
Il taglio annunciato da Riyadh potrebbe quindi avere conseguenze contrastanti. Se l’aumento del prezzo potrebbe in effetti aumentare i ricavi sauditi, di contro rischia di causare una generale contrazione dell’economia globale e, così, far nuovamente crollare il prezzo, con effetti dannosi per tutti. Ma, forse, l’economia è solo parte dell’equazione. 
L'impressione, infatti, è che ci sia un valore politico in questo annuncio. Che, non a caso, arriva due giorni prima della visita in Arabia Saudita di Antony Blinken, Segretario di Stato USA. Tra l’amministrazione Biden e il governo di Bin Salman i rapporti non sono certo idilliaci – complice anche il recente avvicinamento tra Riyadh e Pechino, mediatore dello storico accordo con Teheran. E il taglio annunciato ieri potrebbe rivelarsi un duro colpo alla già instabile economia statunitense. Nuove tensioni in vista? 

Ieri mezzo milione di polacchi sono scesi in piazza contro il carovita e per la democrazia. L’opposizione punta alle legislative di ottobre per una svolta. Ne parliamo nell’ISPI Daily Focus di oggi: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/polonia-opposizione-in-marcia-130728
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2023-06-01 19:51:15
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