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Lev Vygotskij, appunti sull’infanzia Marco Mazzeo, Valentina | #VentagliDiParole

Lev Vygotskij, appunti sull’infanzia
Marco Mazzeo, Valentina Parisi
Alias Domenica ~ Il Manifesto
05.06.2022

#DiVisteERiviste

I lavori sull’infanzia di Lev Vygotskij, che è stato molto di più di uno psicologo, hanno influenzato, forse non a sufficienza, la pedagogia del XX secolo: le ricerche di un ragazzo che, ormai prossimo alla persecuzione staliniana, morì a trentasette anni restano fondamentali per l’odierno dibattito filosofico circa la natura umana e il linguaggio verbale. Per questa ragione, la recente raccolta di cinque saggi inediti in italiano non poteva avere titolo migliore: La mente umana (a cura di Luciano Mecacci, Feltrinelli, pp. 278, € 12,00), studiata da Vygotskij a tutto tondo in scritti che compongono un volume potente, in grado di offrire una panoramica finalmente ampia su un pensatore maledetto: dallo stalinismo perché refrattario a ricerche di regime, ma anche da buona parte della rivisitazione critica avvenuta in Occidente dagli anni Sessanta in poi.
Se nell’Unione Sovietica Vygotskij venne condannato in quanto psicologo, cioè scienziato borghese, nel resto del mondo fu acclamato, ma in termini riduttivi, quale alter ego caricaturale di Jean Piaget o pensatore vagamente interessato all’influenza della società sul pensiero umano. Come sottolinea Luciano Mecacci in una densa nota introduttiva, parte integrante di un esemplare apparato critico che offre un glossario teorico e puntuali note al testo, Vygotskij non è pensatore del fatto sociale, ma del dramma storico tipico della natura umana.

Pensiero e azione
Non sottovaluta l’importanza dei fattori innati. Circa la nostra vita psichica e affettiva, conferma senza remore l’esistenza di «una certa componente biologica fondamentale su cui si forma l’emozione». Allo stesso tempo, è proprio il nostro cervello a contenere «enormi potenzialità per lo sviluppo di nuovi sistemi» di tipo storico. La biologia umana apre alla possibilità di far interagire pensiero e linguaggio, pensiero e azione, intelletto e affetto secondo le più diverse modalità di connessione. Una è ontogenetica: lo sviluppo del bambino è segnato dal continuo rimodellamento delle facoltà.
Durante l’infanzia, sottolinea Vygotskij, il bambino quando pensa in realtà ricorda: per risolvere un problema fa appello a esperienze passate e concrete. A partire dall’adolescenza, si verifica una inversione, dal momento che «ricordare significa pensare»: chiamato a una prestazione mnemonica, il giovane sapiens tende a cavarsela con una ricostruzione logica dell’accaduto.
L’altra faccia della questione è schiettamente storica: le connessioni tra le facoltà umane si realizzano attraverso «tre tappe» differenti. La prima è interpsichica, poiché si realizza fra due o più menti. Il bambino è in grado di compiere un’attività (non mangiare la torta al cioccolato) solo su suggerimento di un adulto che gli dica di non farlo. La seconda è extrapsichica: parlando a sé stesso il bambino riesce a non assaggiare il dolce che gli è di fronte. L’ultima è intrapsichica: la relazione tra parlanti diventa rapporto tra «due punti del cervello» che si trasformano in un unico «punto intracorticale». Il bambino padroneggia il proprio comportamento, evita la colica intestinale pensando silenziosamente che forse non è il caso.