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Ken Kasey, verso ovest senza un perché Marco Petrelli Alias | #VentagliDiParole

Ken Kasey, verso ovest senza un perché
Marco Petrelli
Alias Domenica ~ Il Manifesto
04.07.2021

#DiVisteERiviste

Scrittori americani. Nel selvaggio Oregon Ken Kesey ambientò il romanzo epico e torrenziale che considerava la sua opera più importante, inedita in Italia: «A volte una bella pensata», da Black Coffee

La costa occidentale degli Stati Uniti è senza dubbio uno dei luoghi più rappresentati, mitizzati e semiotizzati dell’intero continente. Il mito parte, per l’America bianca, (almeno) dal 1805, l’anno in cui la spedizione di Lewis e Clark, primo contingente ufficiale a raggiungere le rive del Pacifico, arrivò all’attuale città di Astoria, nell’Oregon. «Oceano in vista! Ah! Che gioia», scrive Clark, aprendo il percorso sul quale durante il XIX secolo si incammineranno ondate di avventurieri e migranti.

Non è la California
Ma quando si pensa all’ovest, l’Oregon non è probabilmente il primo stato che viene in mente, piuttosto la California. Dalla corsa all’oro agli inni surfisti dei Beach Boys passando per l’intera produzione cinematografica hollywoodiana, lo stato si è praticamente elevato a terra promessa; in Verso Betlemme, Joan Didion lo descrive come un paese dorato «dove il mondo rinasce ogni giorno» e il luogo in cui l’immaginario americano (di nuovo grazie alla spinta continua verso ovest inscritta nell’epoca della frontiera), deve necessariamente trovare il proprio acme perché, afferma ironicamente la scrittrice, «qui, sotto quell’immenso cielo sbiancato, è dove finiamo il continente».
Magnetica e assolata, la California tende ad assorbire l’attenzione della letteratura e delle arti orientate a ovest tanto da offuscare le altre regioni del Pacifico, che, pur condividendo almeno in parte la mistica dell’occidente americano, non potrebbero essere più diverse dallo «stato d’oro». A sud del piovoso Washington, stato umbratile che evoca l’angoscia esistenziale della generazione X tramite la scena grunge di Seattle protagonista degli anni Novanta, torniamo all’altrettanto piovoso Oregon. Sebbene per nulla assente dalla cartografia culturale e letteraria americana (Lewis e Clark ne sono forse l’esempio migliore) questa terra fradicia e rigogliosa in maniera aggressiva non può rivaleggiare con la leggendaria California quanto a impatto sull’immaginario della nazione.
Non esistono canzoni in cui si sogni l’Oregon: è qui che Ken Kesey, scrittore e figura di spicco della controcultura americana degli anni Sessanta, trascorse gli anni della formazione lavorando nella fattoria dei genitori; una sorta di addomesticata epica pionieristica in miniatura. Il successo del primo romanzo, Qualcuno volò sul nido del cuculo, e le leggendarie scorribande lisergiche in compagnia dei cosiddetti Merry Pranksters (gli «allegri burloni») immortalate da Tom Wolfe in L’acid test al rinfresko elettriko, fecero di Kesey una sorta di guru dell’America alternativa, simbolo della rivolta giovanile e ponte tra la stagione della Beat Generation e quella degli hippies. Dopo la turbolenta decade psichedelica, che lo vide anche finire in prigione per possesso di stupefacenti, l’autore tornò alla fattoria di famiglia in Oregon e si ritirò a vita privata.