2021-09-07 18:56:38
Il caso
Conad. Fa scalpore l'uscita poco felice dell'AD del gruppo, Francesco Pugliese, che annuncia la
messa in aspettativa non retribuita dei dipendenti non vaccinati. Vi pregherei di indignarvi, ma
per quello che nasconde, e neanche tanto bene, questa dichiarazione. Pugliese non si preoccupa ovviamente della salute dei dipendenti, nè si preoccupa di destare indignazione per una discriminazione che può essere contestata.
Nessuna norma prevede, ad oggi, l’obbligatorietà della vaccinazione dei lavoratori. Neanche di quelli che svolgono specifiche mansioni. Anche i Protocolli anti Covid-19. Ammesso che possano essere considerate fonti idonee ad introdurre un obbligo di vaccinazione, tacciono sul punto.
L’assenza di una norma istitutiva dell’obbligo di vaccinazione anti Covid è rilevante. Ciò in quanto
l’assunzione di qualsiasi sostanza per scopi medici non può essere imposta senza una specifica norma di legge. Come può dunque il datore di lavoro sanzionare il dipendente per il rifiuto alla somministrazione di un trattamento che non è obbligatorio? Nemmeno si può pensare di ricavare l’obbligo di vaccinazione in via indiretta, facendo leva sull’articolo 2087 del Codice civile. E’ vero che sulla base di questa norma il datore di lavoro deve preoccuparsi di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Ma
non si può pensare che questo dovere si estenda fino all’imposizione di un vaccino che, si ripete, non è obbligatorio. Il datore di lavoro dovrebbe valutare se un dipendente non vaccinato può causare pregiudizio alla sicurezza degli altri dipendenti, quindi ha l'onere di inserirlo in smartworking e/o cambiare mansione e solo se questo non è possibile, potrebbe collocare il lavoratore in aspettativa non retribuita. E si apre la strada ad una serie di
contestazioni, che vista la lungaggine della giustizia in Italia, non troverebbero veloce soluzione. E nel frattempo, il datore di lavoro, chiaramente soggetto in posizione di predominanza, può portare avanti la sua posizione. Ed infatti,
Pugliese presenta il tutto come una proposta, non come un'azione che porterà avanti. Ed è bastato questo per sollevare, giustamente, il polverone. Ma, personale parere, la questione va oltre. Fatico a dimenticare che il passaggio da Auchan a Conad ha creato non pochi malumori per il numero di esuberi annunciati all'epoca: a febbraio 2020 infatti venivano annunciati oltre 3000 esuberi che non riuscivano ad essere ricollocati. Affermava all'epoca Pugliese: «
Il 31 luglio 2019 al momento del closing si sono evidenziati 6.200 esuberi dovuti a livelli di organico e costo del lavoro non più sostenibili. Ma da allora a oggi non c’è stato nessun licenziamento. A fine dicembre 2019, l’attività di Conad ha ridotto gli addetti in esubero del 50%, a 3.100 unità, grazie soprattutto a ricollocazioni nel nostro gruppo di 2.700 addetti. Ad aprile abbiamo sottoscritto accordi sindacali per un "Piano di salvaguardia del lavoro" che prevede: no a licenziamenti nel 2020, cassa integrazione per garantire continuità di reddito, uscite su base volontaria e incentivata, ricollocazione incentivata con una dote ai datori di lavoro di 5 mila euro per ogni assunto. Abbiamo trovato soluzioni per 2.450 persone: 2.222 adesioni alla mobilità su base volontaria e incentivata, 100 ricollocazioni in Conad; 130 in Ovs». A gennaio 2021, gli ex dipendenti Auchan, preoccupati per la loro precaria situazione, scrivevano una lettera con la quale chiedevano il rispetto della loro dignità personale e lavorativa, perchè ancora la ricollocazione promessa non era stata concretizzata. A giugno 2021, il gruppo annunciava l'aumento dei ricavi nel 2020, ma ancora parlava di "
spina Auchan", riferendosi a qualche centinaio di dipendenti non ancora ricollocati. (segue)
673 viewsRossella Fidanza, edited 15:56