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Nel XVI secolo i nemici dello scultore Benvenuto Cellini tenta | Prof. Vincenzo Giordano

Nel XVI secolo i nemici dello scultore Benvenuto Cellini tentarono di ucciderlo avvelenando il suo cibo.
Andò a finire che, invece, gli fecero un favore, curandogli la sifilide.
Il veleno che avevano utilizzato era il cloruro di mercurio, noto anche come "sublimato corrosivo".
Molti sono stati affascinati dal mercurio e dai suoi composti per oltre 3500 anni.
Ko Hung, un antico alchimista cinese, fu uno dei primi a descrivere come, scaldando il cinabro rosso, o solfuro di mercurio, si potesse ottenere un metallo argenteo di mercurio.
Da allora gli alchimisti hanno creduto che il mercurio fosse la chiave per trasformare gli elementi in oro, facendo esperimenti con miscele di qualunque genere per cercare di raggiungere un tale risultato.
Come è noto, non riuscirono mai a ottenere l'oro, ma ebbero successo nel convertire il mercurio in molti dei suoi composti.
Scaldando il metallo con sale e allume in un recipiente di terracotta si ottiene cloruro di mercurio, che è stato usato come rimedio contro la sifilide.
Nel XV secolo, questa malattia era divenuta una piaga vera e propria in Europa.
Qualche risultato positivo era stato ottenuto con i trattamenti a base di cloruro di mercurio, in grado di uccidere il batterio "Treponema pallidum", ma, sfortunatamente, quasi sempre letale per il paziente.
Benvenuto Cellini era uno scultore famoso per essere stato il primo a realizzare sculture in bronzo a grandezza naturale.
Per gelosia o per qualche altra ragione (era di natura violenta e irrequieta), i suoi nemici tramarono contro di lui, aggiungendo al suo cibo del sublimato corrosivo.
Cellini aveva lottato con la sifilide fin dall'età di 29 anni e si era rifiutato di sottoporsi alla cura a base di mercurio, probabilmente perché ben consapevole dei rischi (numerosi erano gli effetti collaterali, tra cui paranoia e forti sbalzi di umore).
In ogni caso, dopo aver ingerito il cibo avvelenato, ebbe gravi disturbi gastrointestinali, ma fortunatamente si riprese: la sifilide era scomparsa.
Gli avvelenatori, infatti, non avevano adulterato il suo pasto con cloruro di mercurio in quantità tale da ucciderlo, ma ne avevano aggiunto quanto bastava ad uccidere il batterio.
Un esempio eccellente del detto "solo la dose fa il veleno... o la cura".
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