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Sono migliaia i farmaci, presenti sul mercato da decenni, che | .

Sono migliaia i farmaci, presenti sul mercato da decenni, che non dovrebbero essere assunti da una donna che sta allattando.

Persino il Ministero della Salute li ha da sempre sconsigliati, suggerendone l'assunzione soltanto dietro indagine medica e per i soli casi in cui «la malattia della madre, se non curata, potrebbe rappresentare un rischio per il bambino».

Questo fino a poche ore fa quando, in occasione della Settimana Mondiale per l'Allattamento Materno, ha pubblicato una serie di messaggi per sponsorizzare la vaccinazione contro il COVID-19 in gravidanza e allattamento che fanno seguito alla circolare pubblicata a fine mese di cui abbiamo già fatto cenno.

Eppure, come dicevamo, fino a un anno e mezzo fa, anche soltanto prendere un'aspirina in gravidanza e allattamento era fortemente sconsigliato, tanto più perché «la scelta della terapia dovrebbe ricadere su principi attivi per cui vi è una comprovata esperienza clinica in allattamento, evitando i farmaci con lunga emivita o con lunga durata d’azione» (pagina 7). E che esperienza abbiamo con i farmaci contro il COVID-19, la cui durata degli anticorpi, sulla base dei dati "ufficiali" attuali, è per altro superiore ai quattro mesi?

In passato il Ministero della Salute affrontava proprio questo argomento, spiegando che «nei casi più complessi o con farmaci di recente autorizzazione, la valutazione del beneficio/rischio può essere utilmente discussa con i Servizi di informazione sull’uso di farmaci in allattamento (e gravidanza)» (pagina 7). Nel caso dei vaccini contro il COVID-19, si rimanda a questo articolo dell'Istituto Superiore di Sanità, dove è scritto a chiare lettere che «non sono ancora disponibili evidenze conclusive circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini antiCOVID-19 in gravidanza e allattamento», confermando quindi che l'assenza di un sufficiente quantitativo di dati non rende possibile dare certezze in merito alla sicurezza, ai rischi e ai benefici di tale farmaco.

Per di più lo stesso documento spiega anche che «l’occorrenza della polmonite risulta significativamente più frequente sopra i 30 anni di età rispetto alle donne più giovani, in presenza di precedenti comorbidità - come diabete e ipertensione - di obesità e tra le donne provenienti da Paesi a forte pressione migratoria», ricordando quindi che la malattia di COVID-19, data la sua bassa letalità, può creare problemi soltanto in rari casi.

Eppure si consiglia la vaccinazione a partire dal secondo trimestre di gravidanza e persino in allattamento a donne sane, nonostante qualsiasi altro farmaco in commercio da più di dieci anni (e quindi abbondantemente testato sul lungo periodo) deve prima passare al setaccio del medico, che ne valuta attentamente la somministrazione consigliandola soltanto quando c'è una malattia nella madre che potrebbe compromettere la salute del bambino.

@nonsolocovid catalogato in #disinformazione e #scienza