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Quando ci s'immerge nella propria interiorità e si riflette su | Coaching Italia

Quando ci s'immerge nella propria interiorità e si riflette sulla propria vocazione, sul significato della propria vita e sul desiderio di autorealizzazione, sembra che si debba per forza scegliere tra due posture esistenziali: o quella che ti esorta a “fare ciò che ami” o quell’altra che invece di invita ad “amare ciò che fai”.

La prima ci guida verso l’esplorazione dei nostri gusti e attitudini la seconda verso lo sviluppo di una forma costante di gratitudine.

La prima rischia di farci investire tutto il tempo in una ricerca sfrenata facendoci perdere l’occasione di vivere il presente, la seconda rischia di farci diventare arrendevoli grazie a una sorta di atteggiamento adattivo.

Io però mi chiedo: perché scegliere? Perché sentirsi in dovere di posizionarsi su una postura piuttosto che sull’altra?

Perché non sceglierle entrambe: amare ciò che stiamo facendo anche se non è ciò che sognavamo e cercare incessantemente di fare ciò che desideriamo fare. Senza contrasto, ma al contrario apprendendo da entrambe le posture.

Nella complessità della vita, tra ciò che mi accade e ciò che posso far accadere, voglio poter danzare con entrambe le possibilità!