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Viviamo nell’era del rumore, non solo sonoro, ma anche e sopra | Coaching Italia

Viviamo nell’era del rumore, non solo sonoro, ma anche e soprattutto cognitivo.

Le città non dormono mai. Le aziende riducono i tempi di consegna al minimo. Il nostro lavorare viene valutato in performance. Lo smart working ha amplificato la reperibilità. La strada che conduce in vetta all’Everest è piena di rifiuti. Le vanity metrics sono diventate la nuova ossessione. Le notifiche, i selfie, i follower, gli insight, sono tutte cacofonie sociali.

“Sei ciò che fai” è diventato uno slogan totipotente.

Tutti questo genera un rumore assordante nell’ambiente e soprattutto dentro di noi.

Il silenzio, esigenza antropologica dell’essere umano, diventa un nemico sociale e un mostro personale.

Il covid, al contrario ci ha costretti al mutismo, al tacere. Cosa che ha amplificato il rumore interiore. Abituati a produrre rumore da un mondo assordante, tacere per imposizione è diventata una violenza insostenibile.

Eppure ogni parola nasce dal silenzio, nel silenzio ritrovo me stesso, chi sono e chi desidero diventare. Costruisco la mia narrativa personale.

Nel silenzio coltivo le mie virtù e apro lo spazio alle mie possibilità. Divento libero di scegliere.

Adesso il silenzio viene venduto in ritiri lussuosi o in app pensate per ognuno di noi. Comprare il silenzio è finanziare il rumore. È perdere potere. Picard diceva che non è possibile rappresentarsi un mondo in cui esista soltanto la parola, mentre è possibile immaginarsi un mondo in cui vi sia soltanto silenzio.

Se facciamo fatica a immaginarlo è perché il rumore ci sta togliendo anche questo.
Non c’è educazione sentimentale senza un allenamento la silenzio.
L’empatia, l’introspezione, la fiducia, l’apprezzamento della bellezza, la trascendenza, l’umiltà, l’ascolto attivo trovano forza nella nostra capacità di accogliere il silenzio come dono.
Recuperare il silenzio per imparare a comunicare.