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ARISTIPPO Per conoscere meglio Aristippo, è opportuno leggere | Mondo filosofia

ARISTIPPO

Per conoscere meglio Aristippo, è opportuno leggere il libro "L’invenzione del piacere. Aristippo e i cirenaici". In esso, possiamo tentare di penetrare i segreti di un uomo che lasciò presto la città dove nacque attorno al 430 a. C. per vivere fra l’altro a Corinto, Atene, Egina, Siracusa e che morì verso il 360. Benestante, ottimo conversatore, attento alle situazioni, sapeva come comportarsi sia che si trovasse alla corte del potentissimo tiranno siracusano Dionisio il Giovane, sia che dovesse affrontare le ire di pensatori drastici e ostentatamente poveri come Diogene di Sinope, tra i precursori del Cinismo. I principi a cui s’ispirava erano la misura nel godere dei piaceri, l’assoluta indipendenza di pensiero, la predisposizione all’ascolto, ossia la curiosità sempre viva dell’intelligenza. Un insieme di propensioni che lo spinse a frequentare prima le lezioni dei Sofisti e più tardi i dialoghi in cui Socrate si lanciava giorno dopo giorno passeggiando per Atene.
Le fondamenta del suo modo di cercare la saggezza sono lì, tra i Sofisti e Socrate, messe assieme attraverso il suo carattere di misurato gaudente. Secondo Aristippo, la conoscenza è frutto della nostra percezione, percezione che è relativa a noi e alle circostanze. Quel che ci appare, però, deve essere organizzato armoniosamente nel nostro incontro con gli esseri umani, aprendoci al dialogo, sempre pronti a ridiscutere quel che troviamo giusto.
Da una parte cercò di utilizzare le armi della conoscenza per individuare quel piacere che, nel momento esatto in cui si sta vivendo (fuori dal passato e dal futuro, fuori da ricordi e anticipazioni, portatori di dolori), può accompagnarci senza eccessi alla felicità. Dall’altra sottolineò la necessità di essere costantemente autonomi e padroni di se stessi mentre si segue questa strada. Così uno degli aneddoti più ricorrenti sul suo stile di vita racconta di una risposta sferzante a chi gli domandava della sua relazione con una famosa etera di nome Laide: “La posseggo, non ne sono posseduto” disse “Ottima cosa è vincere e non essere schiavi dei piaceri, più che il non goderne affatto”. Si deve godere, ma soltanto quando il piacere è in nostro possesso e non siamo noi a esserne schiavi. Il piacere non è dunque il fine ultimo ma il mezzo attraverso cui si raggiunge la felicità. Questo piacere è misura e moderazione.

Tutto il contrario di quel che ha raccontato una certa tradizione molto ostile verso Aristippo e verso la scuola che egli non fondò mai ma che più tardi s’immaginò fosse seguita al suo insegnamento e fu per questo ribattezzata “Scuola Cirenaica”.

CONSIGLIO LETTURA L’invenzione del piacere. Aristippo e i cirenaici 
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Riflessione di Matteo Nucci, sul Venerdì di Repubblica

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