2021-11-21 16:15:36
La croce della solitudine
di Belinda Bruni
In principio era il pipistrello cinese: così inizia il mito fondativo della nuova normalità.
L'imperativo è avere paura, dallo shock provocato dal primo lockdown nel 2020, alla processione di camion militari per le bare di Bergamo: di narrazione in narrazione è stata alimentata fino al parossismo l'umana paura della malattia e della morte. Le esternazioni contraddittorie dei vari esperti da salotto, le misure restrittive senza senso logico, hanno provocato dissonanza cognitiva nella popolazione, una condizione di tensione e disagio contenibile mediante il totale affidamento alla autorità scientifica e politica: l'uomo medio non sa, non può capire, deve fidarsi di chi sa e di chi è preposto a fare il bene di tutti. La caccia al nemico di turno - il runner, il giovane che fa la movida, il vicino che ha ospiti a pranzo, il medico che cura i suoi pazienti, il non vaccinato - hanno trasformato le relazioni umane civili in relazioni di sospetto e mancanza di fiducia. L'altro è portatore di morte.
Su questa scenografia è stato facile allestire l'entrata in Italia del messia-vaccino dalle montagne sotto scorta: la salvezza è giunta a Natale. Il Salvatore sostituito con un idolo che promette immortalità e assenza di malattia.
"Banalmente" riconducibile al Non Serviam. L'uomo si salva da solo grazie alla tecnica. Non necessita di un percorso interiore.
Ma c'è un'altra paura, oltre quella della morte, che attanaglia l'animo umano ed è quella della solitudine. Il terrore di non essere accolto, di essere additato, messo al bando. Psicologicamente dovrebbe essere una condizione forte nella adolescenza, quando il ragazzo in cerca di un'identità passa dalla famiglia, al gruppo dei pari fino al compimento di un’identità propria e matura. In una società che da decenni si regge sulla adolescenza perenne, sul mito del "sempre giovane", dove un cinquantenne è ancora definito ragazzo, il conformismo è la legge suprema. Anche l'essere alternativo e ribelle non ha nulla di originale e davvero creativo, ma segue dettami imposti.
Il terrore della solitudine è l'altro caposaldo della narrazione pandemica, in un certo senso più pernicioso perché investe tutti. Anche i ribelli che si oppongono alla nuova normalità ne sono portatori, magari hanno fatto i conti con la paura della morte, ma non con la solitudine.
Anche i ribelli vanno in cerca di una "casa" in cui stare, di una soluzione che porti una vittoria della propria parte e non un faticoso cambiamento.
La verità più difficile da accettare è che dobbiamo attraversare la solitudine, entrare in crisi e chiederci chi siamo e chi vogliamo essere, e solo dopo potremo essere adulti capaci di comunione, di creare comunità che sappiamo rispondere alle domande che la storia sta ponendo, sta urlando.
Il tempo di diventare grandi è giunto. Nelle tradizioni il ragazzo che diventa uomo deve superare una prova in solitudine. Solo dopo può entrare in comunione con il resto della comunità, pienamente uomo.
#ideeazione
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