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Il prode piccolo sarto Una fiaba dei Fratelli #Grimm. n. 62 T | Fiabe per tutti

Il prode piccolo sarto
Una fiaba dei Fratelli #Grimm.

n. 62 Tot

Una mattina d’estate, un piccolo sarto sedeva al suo tavolo, davanti alla finestra, e cuciva. Giù per la strada veniva una contadina gridando: “Marmellata buona! Marmellata buona!”. Queste parole suonarono piacevoli all’orecchio del piccolo sarto; sporse la testolina dalla finestra e chiamò: “Quassù, brava donna! Qui spaccerete la vostra merce”. La donna salì e dovette aprire tutta la sua cesta.

L’omino ispezionò bene ogni pentola, e infine comprò soltanto un quarto di libbra, cosicché‚ la donna se ne andò di pessimo umore e brontolando. “Che Dio benedica la mia marmellata” disse il piccolo sarto “e mi dia forza e vigore!” Prese del pane, ne tagliò un pezzo per il lungo e ci spalmò sopra la marmellata. “Deve avere un buon sapore” disse “ma prima di morderlo voglio finire il farsetto.”

Mise il pane accanto a sé, riprese a cucire e dalla gioia faceva punti sempre più lunghi. Nel frattempo l’odore della marmellata era salito su per la parete fino ad arrivare a un nugolo di mosche che si precipitarono giù. Ma il piccolo sarto ogni tanto si voltava a guardare il pane, e così scoprì le intruse. “Olà” esclamò “chi vi ha invitato?” e le cacciò via. Ma le mosche, che non capivano la lingua, non si lasciarono respingere e tornarono ancora più numerose. Il piccolo sarto perse la pazienza, prese un pezzo di stoffa dalla sua cassetta e: “Aspettate, ve la darò io!” e giù colpi. Quando la smise e contò, ben sette mosche gli giacevano davanti morte stecchite.

“Sei così bravo?” disse ammirato fra sé e sé. “Deve saperlo tutta la città.” E in fretta e furia si tagliò una cintura, la cucì e vi ricamò sopra a grandi lettere: “Sette in un colpo!”. “macché‚ città!” proseguì “tutto il mondo lo deve sapere!” E il cuore gli balzava di gioia come un codino d’agnello. Poi si legò la cintura intorno alla vita e frugò per tutta la casa se non ci fosse nulla da portarsi via, poiché‚ voleva andarsene per il mondo. Ma in casa trovò solamente un vecchio formaggio e se lo cacciò in tasca. Davanti alla porta con un colpo di fortuna acchiappò un uccello che andò a tenere compagnia al formaggio.

Poi prese la strada fra le gambe e salì su di un’alta montagna, e quando ne ebbe raggiunto la cima ecco là seduto un gran gigante. “Ehilà, camerata!” disse il piccolo sarto al gigante “te ne stai qui seduto a guardarti il mondo? Io pure mi sono incamminato per provare le mie forze. Hai voglia di venire con me?” Il gigante lo guardò e disse: “Tu, essere miserabile!”. “Proprio!” disse il piccolo sarto, si sbottonò la giacca e mostrò al gigante la cintura: “Qui puoi leggere che uomo sono”. Il gigante lesse. “Sette in un colpo!” pensò che si trattasse di uomini uccisi e incominciò ad avere un po’ di rispetto per il piccolo sarto. Ma prima volle metterlo alla prova: prese in mano una pietra e la strinse fino a farne gocciolare fuori dell’acqua. “Adesso fallo tu” disse il gigante “se ne hai la forza.” “Tutto qui?” disse il piccolo sarto. “Lo so fare anch’io.” Mise la mano in tasca, tirò fuori il formaggio guasto e lo spremette tanto che ne sgorgò il succo. “E’ ancor meglio, non è vero?” disse. Il gigante non sapeva che dire, e non poteva credere che quell’omino fosse capace di tanto. Raccolse allora una pietra e la gettò così in alto che si stentava a vederla. “Adesso, anatroccolo, fallo anche tu” disse al piccolo sarto. “Subito” rispose questi. “Il tuo tiro era buono, ma la pietra ha pure dovuto ricadere a terra; adesso te ne lancerò io una, che non tornerà.” Mise la mano in tasca, prese l’uccello e lo lanciò in aria. L’uccello, felice di essere libero, salì e volò via. “Ti piace il tiro, camerata?” domandò il sarto.