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118. Il pulcino cosmico Di Gianni Rodari L’anno scorso a Pasq | Favole della buonanotte

118. Il pulcino cosmico Di Gianni Rodari

L’anno scorso a Pasqua, in casa del professor Tibolla, dall’uovo di cioccolata sapete cosa saltò fuori? Sorpresa: un pulcino
cosmico, simile in tutto ai pulcini terrestri, ma con un berretto da capitano in testa e un’antenna della televisione sul berretto.
Il professore, la signora Luisa e i bambini fecero tutti insieme: “Oh”,
e dopo questo oh non trovarono più parole.
Il pulcino si guardava intorno con aria malcontenta.
– Come siete indietro su questo pianeta, – osservò, – qui è appena
Pasqua; da noi, su Marte Ottavo, è già mercoledì.
– Di questo mese? – domandò il professor Tibolla.
– Ci mancherebbe! Mercoledì del mese venturo. Ma con gli anni
siamo avanti di venticinque.
Il pulcino cosmico fece quattro passi in su e in giù per sgranchirsi
le gambe, e borbottava: – Che seccatura! Che brutta seccatura.
– Cos’è che la preoccupa? – domandò la signora Luisa.
– Avete rotto l’uovo volante e io non potrò tornare su Marte Ottavo.
– Ma noi l’uovo l’abbiamo comprato in pasticceria.
– Voi non sapete niente. Questo uovo, in realtà, è una nave spaziale,
travestita da uovo di Pasqua, e io sono il suo comandante, travestito da
pulcino.
– E l’equipaggio?
– Sono io anche l’equipaggio. Ma ora sarò degradato. Mi faranno
per lo meno colonnello.
– Be’, colonnello è più che capitano.
– Da voi, perché avete i gradi alla rovescia. Da noi il grado più alto
è cittadino semplice. Ma lasciamo perdere. La mia missione è fallita.
– Potremmo dirle che ci dispiace, ma non sappiamo di che missione
si trattava.
– Ah, non lo so nemmeno io. Io dovevo soltanto aspettare in quella
vetrina fin che il nostro agente segreto si fosse fatto vivo.
– Interessante, – disse il professore, – avete anche degli agenti segreti sulla Terra. E se andassimo a raccontarlo alla polizia?
– Ma sì, andate in giro a parlare di un pulcino cosmico, e vi farete
ridere dietro.
– Giusto anche questo. Allora, giacché siamo tra noi, ci dica qualcosa di più su quegli agenti segreti.
– Essi sono incaricati di individuare i terrestri che sbarcheranno su
Marte Ottavo tra venticinque anni.
– È piuttosto buffo. Noi, per adesso, non sappiamo nemmeno dove
si trovi Marte Ottavo.
– Lei dimentica, caro professore, che lassù siamo avanti col tempo
di venticinque anni. Per esempio sappiamo già che il capitano dell’astronave terrestre che giungerà su Marte Ottavo si chiamerà Gino.
– Toh, – disse il figlio maggiore del professor Tibolla, – proprio
come me.
– Pura coincidenza, – sentenziò il cosmo-pulcino. – Si chiamerà
Gino e avrà trentatré anni. Dunque, in questo momento, sulla Terra, ha
esattamente otto anni.
– Guarda, guarda, – disse Gino, – proprio la mia età.
– Non mi interrompere continuamente, – esclamò con severità il
comandante dell’uovo spaziale. – Come stavo spiegandovi, noi dobbiamo trovare questo Gino e gli altri membri dell’equipaggio futuro,
per sorvegliarli, senza che se ne accorgano, e per educarli come si
deve.
– Cosa, cosa? – fece il professore. – Forse noi non li educhiamo
bene i nostri bambini?
– Mica tanto. Primo, non li abituate all’idea che dovranno viaggiare
tra le stelle; secondo, non insegnate loro che sono cittadini dell’universo; terzo, non insegnate loro che la parola nemico, fuori della Terra,
non esiste; quarto…
– Scusi comandante, – lo interruppe la signora Luisa, – come si
chiama di cognome quel vostro Gino?
– Prego, vostro, non nostro. Si chiama Tibolla. Gino Tibolla.
– Ma sono io! – saltò su il figlio del professore. – Urrà!
– Urrà che cosa? – esclamò la signora Luisa. – Non crederai che tuo
padre e io ti permetteremo…
Ma il pulcino cosmico era già volato in braccio a Gino.
– Urrà! Missione compiuta! Tra venticinque anni potrò tornare a
casa anch’io.
– E l’uovo? – domandò con un sospiro la sorellina di Gino.
– Ma lo mangiamo subito, naturalmente.
E così fu fatto.