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+++AGGIORNAMENTO DEL LUNEDÌ+++ La repressione in Turchia co | Ex Caserma Liberata

+++AGGIORNAMENTO DEL LUNEDÌ+++

La repressione in Turchia colpisce quotidianamente ogni forma di opposizione; Ad Amed (Diyarbakir), numerose abitazioni sono state prese d’assalto dalla polizia e 13 persone sono state arrestate, le persone colpite sono accusate di aver pianificato azioni per celebrare l’anniversario delle rivolte di Kobanê dal 6 all’8 ottobre 2014.
Già martedì dodici persone erano state arrestate nell’ambito della repressione politica dell’opposizione curda, tra loro i politici di HDP Aziz Başboğa e Ihsan Deniz. Di cosa siano accusati non è chiaro. Il fascicolo è riservato e agli arrestati viene negato l’accesso agli avvocati.
Per quanto riguarda la stampa, al momento sono 63 i giornalisti in carcere in Turchia, le ultime condanne sono state pronunciate a settembre quando Sei reporter sono stati condannati complessivamente a 27 anni di carcere. Inoltre 50 giornalisti al momento si trovano sotto processo: in totale, spiega il sindacato turco della stampa DFJ, rischiano due ergastoli aggravati e pene detentive da un minimo di 266 anni a un massimo di 649.
I numeri che definiscono la realtà della libertà di stampa sono svariati: «Solo a settembre 50 giornalisti sono comparsi di fronte a un giudice per la loro copertura delle notizie e i loro commenti – si legge nel rapporto di DFJ – Sei di questi sono stati condannati a 27 anni e 3 mesi di prigione».
Nello stesso mese la macchina della censura gestita dal Rtuk, il Consiglio supremo per la Radio e la Televisione, ha comminato multe contro sei canali tv e 28 siti.
Anche il cinema è sotto attacco, Il regista curdo Veysi Altay è stato condannato al carcere aper il suo documentario "Nû Jîn" che racconta la resistenza a Kobanê. L'accusa è di "propaganda terroristica". Condannato insieme a lui anche Dicle Anter, l'ex direttore del cinema in cui è stato proiettato il film.
Numeri su numeri che descrivono un clima di repressione sempre più soffocante, che sembra proporzionale alle crisi interne vissute dal governo turco, da quella economica (svalutazione della lira, inflazione, effetti della pandemia) a quella sociale (su tutte le più recenti proteste per il diritto alla casa degli studenti di tutto il paese).

Il 9 ottobre 1998 le potenze internazionali hanno iniziato ad attuare il loro piano per eliminare il movimento di liberazione del Kurdistan, il complotto internazionale che portò all'arresto di Abdullah Öcalan aveva lo scopo di eliminare il PKK privandolo del proprio leader.
Pressata dalla minaccia della guerra, la Siria, dove risiedeva Öcalan, lo espulse dal paese in questa data, dopo una lunga odissea in Europa Öcalan fu consegnato il 15 febbraio 1999 allo Stato turco, da allora è in isolamento nel carcere di Imrali.
La Turchia e i suoi collaboratori usano continuamente questa data simbolica per colpire il movimento di liberazione del Kurdistan:
Il 9 ottobre 2019 lo stato turco e le sue milizie jihadiste hanno invaso il Rojava con il benestare della NATO e il 9 ottobre 2020 è stato firmato un accordo che prevede lo scioglimento dell'amministrazione autonoma di Şengal da parte di Iraq e KDP, le stesse forze politiche e militari che nel 2014 hanno abbandonato gli ezidi e permesso il genocidio perpetrato dall' ISIS.

Il KNK ha stilato un rapporto sull'uso di armi chimiche da parte dell'esercito turco; Nel dossier vengono documentati i casi in cui questo genere di armi sono state usate contro le posizioni della guerriglia nel Kurdistan del sud e nelle operazioni del 2018 e 2019 in Rojava.
Inoltre, il KNK richiede l'intervento degli organi internazionali competenti affinché lo stato turco venga condannato per l'uso di queste armi, che costituisce un crimine di guerra.