2021-10-21 23:28:49
Questa interrogazione presentata in Senato il 19 ottobre, dimostra che il ministero della salute (?!?) era a conoscenza dell’efficacia delle terapie domiciliari precoci e le ha colpevolmente ignorate, continuando a sostenere lo scellerato protocollo della vigile attesa e del paracetamolo per abbassare la febbre.
Ora si cominciano a contare i morti che si sarebbero potuti salvare!
Senato della Repubblica Italiana, legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02869 del 19 ottobre 2021 seduta 368
Eccolo:
GRANATO , CRUCIOLI , ANGRISANI , PARAGONE , LANNUTTI , GIANNUZZI - Al Ministro della salute. -
Premesso che:
alcune inchieste giornalistiche di Angela Camuso per la trasmissione "Fuori dal coro", su "Rete 4", andate in onda a partire dal 19 gennaio 2021, hanno evidenziato come, a partire dal mese di aprile 2020 (dunque, poco tempo dopo l'inizio della pandemia da Sars-CoV-2) il Ministero della salute sia stato adeguatamente informato sull'esistenza di evidenze cliniche che dimostravano come ottenere, attraverso un uso combinato di farmaci del prontuario, una pronta guarigione dall'infezione (tra i medici italiani, vi sono: il professor Luigi Cavanna, il professo Alessandro Capucci, la primaria dell'ospedale di Pisa professoressa Roberta Ricciardi, il farmacologo Piero Sestili, il primario infettivologo Pierluigi Garavelli, la primaria Paola Varese, il cardiologo Paolo Salvucci, l'anestesista Matteo Ciuffrida, lo pneumologo Roberto Rossi, oltre a numerosissimi altri medici internisti e medici di base);
il protocollo ministeriale emanato in data successiva a questi appelli (novembre 2020) indicava ancora ai medici di base di non somministrare alcun farmaco ai malati di COVID-19, anche se sintomatici, nell'arco delle prime 72 ore dall'insorgenza dei sintomi, tranne il paracetamolo, e anche il successivo protocollo (attualmente in vigore ed emanato ad aprile 2021) associava al paracetamolo soltanto i "fans" (antinfiammatori comuni) nelle prime 72 ore dai sintomi;
il mix di farmaci somministrati precocemente, invece, agiva sulla sintomatologia e, dunque, preveniva o depotenziava i possibili effetti letali del virus, in linea con quanto fatto da sempre, fino al mese di febbraio 2020, dai medici di base in caso di influenza ed in linea con i principi cardine dell'infettivologia;
valutato che:
il Ministero e le altre autorità sanitarie pubbliche non potevano, dunque, non essere a conoscenza dell'esistenza e dell'efficacia di tali approcci terapeutici, facilmente applicabili e in grado di ridurre velocemente e drasticamente la letalità del virus che, in Italia, ha fatto registrare nella "seconda ondata" (autunno 2020) uno dei tassi di letalità più alti del mondo (3,5 su 100 soggetti malati di COVID-19);
fin dalla primavera 2020, difatti, erano stati inviati a Ministero, AIFA e CTS diversi appelli e segnalazioni da parte di diversi gruppi di medici che, iniziando a curare precocemente i malati di COVID-19, andavano scambiandosi man mano esperienze cliniche e si costituivano in associazioni. Ognuno di questi gruppi, autonomamente, era arrivato alle medesime conclusioni rispetto all'approccio terapeutico corretto in grado di contrastare l'infezione, basato sulla consapevolezza dell'assoluta necessità di un intervento farmacologico tempestivo e di un monitoraggio costante delle condizioni del paziente, sia attraverso visite a domicilio sia attraverso la telemedicina, onde contrastare un aggravamento irreversibile delle condizioni di salute;
continua qui...
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