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SAN GIOVANNI GUALBERTO, ABATE Doppio. Paramenti bianchi. Gio | Christus vincit

SAN GIOVANNI GUALBERTO, ABATE

Doppio.
Paramenti bianchi.

Giovanni Gualberto, nato a Firenze nell'anno 985 (o 995) da nobile famiglia, in ossequio ai desideri del padre, seguiva la vita militare, allorché Ugo, unico suo fratello, fu ucciso da un parente. Un Venerdì Santo Giovanni tutto armato e scortato da soldati, incontrato l'uccisore solo e senza armi in un luogo dove né l'uno né l'altro potevano evitarsi, gli fece grazia della vita per rispetto alla santa croce, che l'omicida supplicante rappresentava colle braccia stese, credendosi già presso a morire. Così accolto il nemico in fratello, entrò a pregare nella vicina chiesa di san Miniato, e mentre vi adorava l'immagine del Crocifisso, la vide piegare il capo verso di lui. Commosso dal miracolo, Giovanni decise di non militare che nelle file di Dio, nonostante l'opposizione del padre, e lì stesso si tagliò i capelli colle proprie mani e vestì l'abito monastico; e in breve si distinse tanto nella pietà e nelle religiose virtù, da essere a molti modello e regola di perfezione; così che morto l'abate del luogo, fu eletto superiore a unanimità. Ma il servo di Dio, amando più di obbedire che di comandare, e riserbato dalla divina volontà a cose più grandi, andò a trovare Romualdo, che viveva nell'eremo di Camaldoli, e da lui apprese una predizione celeste relativa al suo istituto; ed allora egli fondò presso Vallombrosa il suo ordine sotto la Regola di san Benedetto nel 1039.
In seguito, la fama della sua santità avendogli attirati d'ogni parte moltissimi, di concerto con essi che gli si erano uniti come compagni, s'applicò con zelo ad estirpare la piaga dell'eresia e simonia, e a propagare la fede apostolica, soffrendo perciò e lui e i suoi contrarietà senza numero. Difatti per sopprimere lui e i suoi compagni, i suoi nemici assalirono all'improvviso di notte il monastero di san Salvi, incendiarono la chiesa, demolirono gli edifici, e ferirono mortalmente tutti i monaci, che però l'uomo di Dio guarì sull'istante con un semplice segno di croce, e, facendo passare miracolosamente uno dei suoi monaci, Pietro, illeso su d'un fuoco grandissimo e ardentissimo, ottenne per sé e pe' suoi la sospirata pace. Quindi estirpata nella Toscana la peste della simonia, ritornò la fede alla sua primiera integrità in tutta Italia.
Costruì interamente molti monasteri, e fortificò con sante leggi questi stessi ed altri di cui aveva restaurato gli edifici e la regolare osservanza. Per nutrire i poveri vendé il mobilio sacro; trovò docili gli elementi per castigare i cattivi, per reprimere il demonio, la croce gli servì come di spada. Infine, affranto dalle astinenze, veglie, digiuni, preghiere, macerazioni, e dalla vecchiaia, sotto il peso della malattia, ripeteva sovente quelle parole di David: «L'anima mia ha sete di Dio forte e vivo: quando verrò e comparirò davanti alla faccia di Dio?» (Ps. 41:3). Già presso a morire, radunò i suoi discepoli e li esortò alla concordia fraterna; poi fece scrivere su d'un biglietto, col quale volle essere seppellito, queste parole: «Io Giovanni, credo e professo la fede che i santi Apostoli hanno predicato e che i santi Padri hanno confermato in quattro concilii». In ultimo, dopo essere stato onorato per tre giorni di seguito dalla presenza degli Angeli, se n'andò al Signore a settantotto anni di età nell'Abbazia di San Michele Arcangelo a Passignano, dove è circondato della più grande venerazione, l'anno della salute 1073, il 12 luglio. Si scrisse sulla sua tomba: A Giovanni Gualberto, cittadino di Firenze, liberatore d'Italia. Illustre per molti miracoli, Celestino III l'inserì nel novero dei Santi nel 1193. Nel 1951 Pio XII lo dichiarò patrono del Corpo forestale italiano e nel 1957 patrono dei forestali del Brasile.

• Commemorazione dei santi Nabore e Felice, Martiri

I santi Nabore e Felice, che ebbero sant'Ambrogio per panegirista, nella persecuzione di Massimiano, dopo vari tormenti, colla decapitazione compirono il martirio a Lodi nel 303. I loro corpi dalla beata Savina furono trasportati a Milano, ed ivi con onore sepolti.