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IL RUGGITO DI SHER KHAN, L’ESULE PAKISTANO CHE GUIDÒ 2000 MIGR | Cronache Ribelli

IL RUGGITO DI SHER KHAN, L’ESULE PAKISTANO CHE GUIDÒ 2000 MIGRANTI NELL’OCCUPAZIONE DELLA PANTANELLA E MORÌ DIMENTICATO SU UN MARCIAPIEDE DI ROMA
Furono dei passanti, la mattina del 9 dicembre 2009, a chiamare i carabinieri, insospettiti da quell’uomo immobile disteso su un marciapiedi all’incrocio di via Nino Bixio e via Principe Eugenio. Pensavano che fosse morto, e avevano ragione. Il defunto era uno dei tanti senzatetto che ogni inverno muoiono nelle nostre città, uccisi dalla fame, dal freddo ma prima ancora dalla noncuranza e dalla colpevole assenza delle nostre istituzioni.
Il clochard era uno dei tanti, sì, ma non uno qualunque.
Al secolo Mouhammad Muzaffar Alì, ma tutti lo chiamavano Sher Khan. Pakistano, perseguitato politico, era arrivato in Italia alla fine degli anni ‘80. Occhi neri e raramente sorridenti, racconta chi lo conosceva bene. Basso, robusto e agguerrito. Furono proprio la sua grinta e la sua voglia di combattere a fargli presto guadagnare quel soprannome; un chiaro riferimento al felino protagonista del Il libro della giungla.
Sher Khan infatti fu una delle guide più rispettate e ascoltate dei primi movimenti che si battevano per i diritti dei migranti. In un'Italia dove ancora i flussi migratori erano piuttosto deboli già veniva alimentato quell’isterismo collettivo, quella paura del diverso che va di pari passo con la segregazione e lo sfruttamento. Costretti fin da allora a vivere nell’illegalità e, di conseguenza, a lavorare senza i diritti più elementari, molti migranti si organizzarono nell’United Asian Workers Association (Uawa), di cui Mouhammad fu il fondatore. Associazione nata nei mesi in cui circa duemila migranti, perlopiù pakistani e bengalesi, emarginati e abbandonati da tutte le istituzioni, occuparono lo stabilimento della Pantanella, un ex pastificio situato sulla Casilina. A guidarli Sher Khan ma anche uomini come Don Luigi di Liegro, fondatore della Caritas e Dino Frisullo, storico militante di Democrazia proletaria e ideatore dell’associazione Senza Confine.
Per sei mesi gli “irregolari” resistettero, poi vennero sgomberati con un’impressionante numero di uomini delle forze dell’ordine e trasferiti perlopiù nei comuni intorno alla capitale.
Negli anni seguenti Mouhammad continuò a portare avanti le proprie battaglie, cercando di sopravvivere semplicemente offrendo piccoli servizi a chiunque ne avesse bisogno. Ma la vita diventava pian piano sempre più faticosa e difficile, stretta tra una quotidianità che morde e la perenne irregolarità. Non fu, infatti, mai regolarizzato.
Quando morì, probabilmente la notte dell’8 dicembre, era uscito da qualche giorno da un Centro di Identificazione e di Espulsione dove era stato rinchiuso a seguito dell’ennesimo sgombero subito. E poi di nuovo in strada perché per Sher Khan non c’era un posto al chiuso dove dormire. Così l’ultimo ruggito “la tigre” lo ha lanciato su un marciapiede di Roma, dove ormai non c’era più nessuno ad ascoltarlo.

Questa storia è tratta dal secondo volume di Cronache Ribelli. Lo trovate qui: https://bit.ly/3pr0znL