2021-09-01 16:25:30
“Settembre, andiamo.
È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
Lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria,
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?"
La poesia “I pastori” di Gabriele D’Annunzio è tratta dalla raccolta Alcyone del 1903.
Il giallo delle foglie, le nebbie agli irti colli, il verde che appassisce. Tutto biondeggia. Il grano, i chicchi d’uva, le mele e i peri appesi. Il tempo dell’autunno è già arrivato. Si torna al quotidiano che apre poi all’inverno. Chi torna nella scuola, chi torna al suo lavoro chi, invece, per ristoro, ha solo bianche spiagge.
È tempo di formaggio, di cacio, di groviera, di tutto ciò ch’è sfera di impegno e transumanza. Questa poesia, vuol sol dare l’assaggio dell’autunno, di bacche, noci e malli, per dare un po’ colore, al tempo che già cambia.
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